Nel secondo turno di Coppa Italia, mercoledì 3 ottobre 1962, ci fu l’atteso match casalingo contro la Juventus di Sivori che fu la prima grande squadra blasonata a calcare il terreno del vecchio Zaccheria. Sugli spalti c’erano oltre 15.000 spettatori, tanti altri affollarono i balconi dei palazzi alle spalle della gradinata e numerosi appassionati rimasero fuori dallo stadio pur avendo il biglietto. Il Foggia di Oronzo Pugliese fu sconfitto dalla Vecchia Signora 2-0, ma non sfigurò. Scese in campo con Biondani, Corradi, Bertuolo, Ghedini, Odling, Faleo, Oltramari, Gambino (Santopadre), Nocera, Lazzotti, Patino. La Juventus di Amaral giocò con Anzolin, Castano, Salvadore, Noletti, Emoli, Sarti, Crippa, Del Sol, Siciliano, Sivori, Stacchini. Particolare curioso: le segnature bianconere furono frutto di due autogol di Odling nel primo tempo e anche questo pare essere un record per i rossoneri, sia pure negativo. Il centromediano dei Satanelli quel giorno fu davvero sfortunato: sulla prima rete juventina deviò con la coscia una debole conclusione, da fuori area e per giunta di destro di Sivori, spiazzando Biondani. Più tardi intervenne, forse con troppa precipitazione, in spaccata nel tentativo di anticipare Stacchini, mandando la palla nel sacco.
Al fischio d’inizio i rossoneri partirono di gran carriera e stavano per sorprendere la retroguardia bianconera. Gambino arrivò con un attimo di ritardo su un cross di Nocera, che si rese poi pericoloso in altre azioni, ma fu sempre bloccato in fase conclusiva dalla solida ed esperta coppia centrale bianconera Salvadore-Castano. Dopo aver subito il primo gol, il Foggia reagì immediatamente mancando occasioni per pareggiare con Patino, Oltramari e Nocera che per troppa precipitazione fallirono il bersaglio. Non fu un bell’incontro e l’attesa di tanti appassionati tifosi bianconeri, arrivati da ogni regione del Sud, andò in parte delusa. La Juventus non era al meglio della condizione e stentò a ingranare perché nelle prime tre giornate del torneo aveva perso due volte e rimediato solo un pareggio esterno col Genoa. I dauni misero in mostra l’abituale agonismo di fronte ad avversari tanto blasonati. Anch’io ero sugli spalti e ricordo la gran folla e la curiosità di tutti di vedere dal vivo i campioni della Juve. Mi colpirono, in particolare, i lanci di 40 metri che partivano dal sinistro magico di Sivori e la sicurezza del pacchetto arretrato bianconero nell’intercettare le sfuriate offensive foggiane. Quel mercoledì pomeriggio nell’affollatissima tribuna stampa del vecchio Zaccheria c’era una leggenda del calcio italiano come “inviato” d’eccezione. Era Vittorio Pozzo, ex commissario tecnico della Nazionale e unico selezionatore azzurro ad aver vinto due campionati del mondo (1934 e 1938), intervallati dalla medaglia d’oro nel 1936 alle Olimpiadi di Berlino. Pozzo, dopo aver fatto il calciatore, l’alpino, l’allenatore, il responsabile della Nazionale e il dirigente d’azienda, si dedicò a tempo pieno alla passione che coltivò fin da studente: il giornalismo. L’ex c.t. azzurro seguì Juventus-Foggia per “La Stampa”, quotidiano del quale divenne anche il responsabile delle pagine sportive. Pozzo scrisse fra l’altro: “Si è trattato di una piccola delusione per il pubblico locale che aveva affollato in massa il recinto di gioco e si aspettava un’affermazione di prestigio. Molti i tifosi arrivati dai centri vicini e da altre regioni. La Juventus ha dimostrato superiorità di stile e di classe dei singoli uomini, nel piazzamento difensivo e nel senso generico di gioco”. Dopo quell’avvio stentato e la non entusiasmante vittoria a Foggia, la Juventus ingranò una marcia decisamente diversa e terminò il campionato al secondo posto, a 4 punti dall’Inter. Il Foggia fu la rivelazione del torneo cadetto: arrivò quinto, ma fu il miglior attacco insieme al Monza (56 gol) e Nocera, centravanti della squadra il capocannoniere del campionato con 24 reti.