Una sola parola d’ordine: risalire. Nel lungo periodo d’astinenza da gol, il pensiero fisso nella testa di Alexis Ferrante è stato proprio questo o quantomeno qualcosa di molto simile. Un’arma caratteriale in risposta alle inquietudini giornaliere, ma anche una spalla psicologica su cui appoggiarsi nei momenti difficili. Fattori necessari per vincere la battaglia più complessa di tutte: quella con se stessi.
Una partita ostica che non ha risparmiato neanche l’italo-argentino. Il quale ha dovuto affrontare il principale avversario di questo pianeta degli ultimi due anni: il Covid -19. Un nemico infido, tutt’altro che sconosciuto, ma che ancora una volta si è dimostrato giudice integerrimo delle realtà sportive e dei suoi protagonisti.
“Dopo il Covid — ha sottolineato Ferrante nel post gara — non è stato semplice. Soprattutto per un attaccante come me che vuole sempre segnare e aiutare la squadra. Le prime partite non sono state facili, perché non stavo bene fisicamente. All’inizio non volevo pensarci anche perché sono rientrato facendo subito gol. Però ritornare in forma è complicato specialmente dopo 13 giorni passati a letto. Proprio per questo non ho mai smesso di allenarmi, soprattutto per recuperare dal punto di vista mentale. Perché se lavori e segni riesci a fare tutto più serenamente, ma in queste partite senza gol è stato tutto più complicato”.
Le parole del bomber rossonero non hanno lasciato spazio ad ulteriori interpretazioni. I suoi pensieri sono stati racchiusi più volte da un solo aggettivo: difficile. Una carta carbone che ha evidenziato ancora meglio le problematiche vissute e gettato una giusta luce anche su quelle che hanno coinvolto i suoi compagni colpiti dal Covid.
Ferrante ha però dimostrato che gli ostacoli possono essere superati. La sua doppietta (la prima stagionale) ha riacceso gli animi di un intero ambiente e permesso all’italo-argentino di liberarsi dalle inquietudini dell’ultimo periodo. Un momento atteso, quasi disperato che ha voluto manifestare con il suo iconico ruggito da gol. Un’esplosione emotiva che la sua giovane storia calcistica ha battezzato con un soprannome emblematico: El Tigre.
Fin troppo facile capire il perché, soprattutto analizzando i numeri maturati in questo campionato: 14 gol in 28 partite. Dati inequivocabili che lo hanno incastonato al quarto posto della classifica dei cannonieri del girone, ma soprattutto dato consistenza ad un giocatore di assoluto livello e ben lontano dai numeri delle ultime stagioni.
Insomma un vero e proprio salto di qualità, figlio della sua determinazione, ma anche degli insegnamenti di Zdenek Zeman. Forse la persona più felice del suo ritorno al gol in vista dello sprint finale di campionato. Sette partite in cui il Foggia è chiamato a raccogliere il maggior numero di punti possibili. Nella speranza che il suo attaccante continui a collezionare ulteriori ruggiti già da domani contro la Paganese. Una delle tante prede del bomber italo-argentino…
foto: Monica Carbosiero