Quando sei nel bel mezzo dell’euforia e della gioia incontenibile per il ritorno del Maestro alla tua squadra del cuore, quando ti affidi a Zeman per rivivere un sogno proibito, non puoi non pensare a colui che quel sogno era riuscito a regatartelo davvero. Con l’impegno, la serietà, la professionalità e l’amore profondo per il suo lavoro.
E così la mente vola verso Giovanni Stroppa, calciatore talentuoso prima e grande allenatore poi. Pensi che con lui forse avresti potuto fare di più e meglio se solo gli eventi fossero stati diversi. Pensi che a lui avresti dovuto dare più gratitudine e poi provi a raccontarlo a modo tuo, cercando di fargli dire quello che tu vorresti sentire ma che un gentleman non ti dirà mai. Forse perché a volte la verità è più semplice di quel che pensi. A volte basta solo uscire dal tuo orticello e scoprirla…
Mister, le è arrivata la voce che Zeman è tornato ad allenare il Foggia?
Certo che mi è arrivata. Lo sento spesso.
Lei lo ha avuto come allenatore proprio a Foggia in A, nella stagione 1993-94. È stato l’anno di Roy, Bresciani, Kolyvanov, Di Biagio e altri ancora. Il Foggia si classificò al 9° posto e sfiorò l’Europa d’un soffio. Che ne pensa della scelta fatta dal neo Presidente Canonico? Sia sincero. La vede come una mera operazione di marketing oppure crede che Zeman e Pavone, la coppia “attempata”, possano fare ancora bene nel calcio?
Certo che lo ricordo, arrivammo noni e fu il miglior risultato del Foggia in Seria A. In Europa alla fine ci andò il Napoli vincendo all’ultima di campionato. Per me 8 reti, 10 pali e convocazione in Nazionale, un’annata da incorniciare.
Quanto alla scelta Zeman-Pavone lo sta chiedendo alla persona sbagliata. Io li amo entrambi e sono di parte. Per me il calcio di Zeman è sempre attuale e all’avanguardia, quindi sì che ha fatto bene il Presidente Canonico a scegliere loro.
Visto che le squadre di Zeman ci mettono un po’ a carburare, crede che la piazza foggiana, sempre molto esigente, avrà la pazienza di aspettare e tacere qualora le cose non dovessero andare per il verso giusto?
Questo però dovrebbe dirmelo lei. Sta parlando con uno che è sempre stato messo in discussione.
Qualcuno dice che il 4-3-3 zemaniano non paghi più come una volta. Da allenatore giovane ma piuttosto navigato qual è, cosa si sentirebbe di consigliare al Maestro dal punto di vista tecnico per rendere il suo gioco più al passo con i tempi?
Dico che deve continuare a fare quel che sa fare perché lui rimane un Maestro.
Ma passiamo a Giovanni Stroppa allenatore. Una volta ha dichiarato che per lei allenare è una “missione” e che forse avrebbe dovuto smettere di fare il calciatore molto prima. Inizia la sua carriera nel 2006 nel settore giovanile del Milan. Sono passati 15 anni da allora. Che ricordi ha, Mister?
Ricordi bellissimi. Ero persino sorpreso di quanto fosse entusiasmante entrare in campo per allenare. Tra l’altro, le mie prime squadre erano formate da ragazzi di 13-14 anni e già con loro ero rimasto letteralmente folgorato da quello che poteva significare per me questa nuova professione. Più tardi, Filippo Galli, che era il responsabile del settore giovanile, mi affidò la Primavera del Milan e così ho iniziato ad allenare i ragazzi più grandi, calciatori che potevano essere tranquillamente accostati alla prima squadra. Sono stati anni di grandi soddisfazioni perché tutto quello che avevo in testa veniva trasformato sul campo da giocatori straordinari. Tre anni fantastici culminati con la vittoria nel 2010 della Coppa Italia Primavera.
Poi, nella stagione 2011/12, è arrivata finalmente la prima squadra con il Südtirol e, a seguire, Pescara e Spezia. Due brevi esperienze che, seppur terminate con le dimissioni la prima e l’esonero la seconda, ricordo ancora come momenti importanti per la mia crescita personale e di arricchimento nella carriera di allenatore. C’è stato poi il ritorno al Südtirol ma, finito l’anno, si è deciso di comune accordo di non proseguire il percorso.
E siamo al Foggia. Il 14 agosto 2016 arriva improvvisamente l’allontanamento di De Zerbi, allenatore amato e idolatrato dalla tifoseria. Il DS Giuseppe Di Bari sceglie Giovanni Stroppa per sostituirlo e lei accetta la sfida. Tra la diffidenza generale il Foggia di Stroppa colleziona subito sei vittorie consecutive. Si dirà che quello era il Foggia di De Zerbi e che lei stava semplicemente raccogliendone i frutti. Cosa ha pensato in quei momenti? Quanto l’hanno ferita quei commenti così ingenerosi nei suoi confronti?
Ad ogni modo, mai una polemica da parte sua. Mai una frase detta fuori posto. Quasi sembrava che le scivolasse tutto addosso.
Il campo dà sempre delle risposte e il campo nel mio caso ha dato delle risposte incredibili che poi sono state confermate in Serie B. Io ho preso la squadra ad agosto che non aveva neanche iniziato il campionato. In quella squadra c’erano almeno 7/11 nuovi che De Zerbi non aveva ancora allenato. Poi, va detto che il lavoro di Roberto è stato straordinario e questo io l’ho sempre riconosciuto. Siamo due allenatori con chiare attitudini offensive, fondamentalmente simili per quel che riguarda i concetti e gli obiettivi di gioco sul campo, di conseguenza non è stato necessario un periodo di apprendimento più lungo e tutto ha funzionato da subito. Quindi, la cosa è stata molto più semplice di quel che si potesse immaginare.
Eppure, alla fine ha stupito tutti con i fatti, in silenzio e lavorando sodo. Quello è stato il Foggia dei record: 25 partite vinte, di cui 10 consecutivamente, 10 pareggi e 3 sole sconfitte, 70 reti segnate e appena 29 quelle subite, per un totale di 85 punti in classifica, record che è stato superato solo quest’anno dalla Ternana di Lucarelli.
Insomma, campionato vinto dal Foggia con due giornate d’anticipo e ritorno in B dopo 19 anni. Ciliegina sulla torta la Supercoppa di Lega Pro conquistata contro il Venezia.
Alla fine era riuscito a conquistare tutti, anche col suo garbo e la sua gentilezza.
Tutto vero! Mi permetto solo di precisare che quel garbo e quella gentilezza che mi attribuisce erano in realtà lo stile del Foggia. Quando andavamo in trasferta e portavamo con noi, in tutte le piazze d’Italia, anche quattro mila persone non succedeva mai nulla. Eravamo probabilmente la più bella tifoseria del Paese e davamo un’immagine di noi che mi faceva sentire orgoglioso perché tutti avevamo uno “stile di bellezza”, sia in campo che fuori.
Finalmente siamo in B, rinnova per altri due anni ma ne farà soltanto uno. Diciamo che il campionato 2017-18 non inizia bene. Una serie di risultati negativi, a novembre il DS Di Bari viene mandato via e nel frattempo arriva Luca Nember. In che rapporti era con il nuovo DS?
I rapporti erano ottimi. Di fondo rimane sempre l’onestà professionale che ci deve portare a collaborare. Con Di Bari grandissima sintonia e con Nember un ottimo rapporto professionale.
Piena zona play out alla fine del girone di andata. Arrivano innesti di spessore dal mercato di riparazione (Kragl e Greco su tutti), che aiutano la squadra a risollevarsi. Si finisce con il 9° posto in classifica. E vabbè…
E vabbè cosa? Sono io che ora le faccio la domanda.
E vabbè, Mister, vuol dire che io mi aspettavo che il rapporto continuasse almeno un altro anno, che lei portasse il Foggia in A. Non serviva poi così tanto a quella squadra per vincere. Che è accaduto invece?
Questo era l’obiettivo di tutti. Nonostante la posizione in classifica la squadra quell’anno si era espressa sempre bene anche nel girone d’andata. A gennaio con due-tre innesti la squadra aveva cominciato a volare e siamo arrivati a giugno che volevamo inserire, in una base già ottima, qualche elemento che potesse farci fare il salto di qualità. Poi è successo che improvvisamente sono cambiati i programmi. Da parte della società c’è stato un ridimensionamento tecnico e quando ho capito che i miei obiettivi non andavano più di pari passo con quelli della società ho deciso di cambiare aria.
Ha chiesto che alcuni calciatori non fossero ceduti?
No, io di mio non chiedo mai nulla quando mi rendo conto che c’è un problema più grande di natura economica. Prima mi è stato detto che probabilmente non sarebbe stata fatta l’iscrizione, che avremmo dovuto vendere i giocatori più importanti per fare la squadra, quindi, cambiando nuovamente le carte in tavola, che avremmo dovuto fare una squadra di giovani. C’erano troppe incognite che non mi convincevano. La mia sensazione di quel momento è che io più di così non potessi fare e di conseguenza ho scelto un’altra strada.
Certo, poi mi sono sorpreso perché dopo un paio di mesi la squadra costruita per il secondo anno in B sembrava molto più competitiva della mia. All’inizio non riuscivo a capire cosa fosse accaduto finché poi il tempo non ha dato ragione alle mie sensazioni iniziali.
Io ho vissuto tutto da protagonista all’interno, mentre voi lo avete fatto con tempistiche diverse. Diciamo che il tempo alla fine mi ha dato ragione. C’erano delle difficoltà oggettive dal punto di vista economico, che non facevano che confermare quello che la società mi aveva preannunciato.
Mister, non ha mai pensato che forse in quel frangente avrebbe dovuto raccontare meglio la sua verità? Lei è andato via da Foggia etichettato come un traditore.
Essere etichettato come un traditore alla presentazione della squadra mi ha dato enormemente fastidio, anche perché chi lo ha fatto sapeva perfettamente quanto fosse accaduto. Avevo già indetto una conferenza stampa prima di andar via, mettendoci la faccia, e descrivendo tutto. Perché la società non ha spiegato cosa è successo se c’era un’altra verità? La società non ha mai preso le distanze da Stroppa perché non c’era una verità diversa da quella che io avevo raccontato. Adesso è facile dire che Stroppa aveva ragione ed è facile perché la squadra è retrocessa e la società è fallita. Ma se non fosse accaduto? Io come sarei stato considerato?
Dispiace perché forse i tifosi da fuori non hanno percepito gli eventi nel modo corretto. Foggia ci ha messo un po’ a ricredersi ma credo l’avrebbe fatto comunque perché il suo valore di uomo prima e di professionista poi è innegabile.
Probabilmente doveva andare così e su questo punto io sono sereno come lo ero prima. Ma anche se il Foggia non fosse fallito, cioè se pure non avessi avuto la dimostrazione dei fatti di quanto avessi detto tempo prima, io sarei stato comunque sereno. Il mio percorso professionale, la mia persona sotto certi aspetti è inattaccabile. Se non lo avete percepito è perché io non urlo, ma parlo in maniera serena. Ma pare che se non urli rischi di non essere ascoltato. Mi sono sempre fatto scivolare tutto addosso, tutte le vostre critiche e sono sempre andato avanti tranne una volta quando ho battuto i pugni sul tavolo uscendo definitivamente di scena. Ma voi foggiani siete belli così e io vi porto sempre nel cuore.
Siamo a giugno 2018 e inizia l’esperienza a Crotone. Ha tutto il tempo per organizzare il ritiro, il tempo di allestire la squadra e provare a fare il salto di categoria. Ma qualcosa va storto perché dopo sole 9 gare (e 11 punti conquistati) viene esonerato per poi essere richiamato e chiudere il campionato al 12° posto.
Vengo esonerato perché non eravamo primi, ma a ridosso dei play off. Dopo due mesi mi richiamano con la squadra ultima in classifica e da lì parte realmente il mio percorso a Crotone. Un percorso straordinario, per poco non andiamo ai play off e l’anno successivo vinciamo il campionato.
Certo, a pagare sono sempre gli allenatori. È più facile perché basta farne fuori uno anziché 11?
Diciamo che il discorso andrebbe approfondito e magari lo si farà un’altra volta. Diciamo, in modo semplicistico, che per una società è sempre più facile mandarne via uno anziché 30. Ci sono tante variabili da considerare, tanti aspetti uno diverso dall’altro che emergono quando viene esonerato un allenatore. Mi riferisco ai rapporti in essere non solo tra l’allenatore e la squadra ma anche a quelli con la proprietà e con la dirigenza. Le idee possono cambiare improvvisamente e gli obiettivi non essere più condivisi. In generale, posso dire che nel momento in cui ci si accorge che le cose non vanno si cerca di dare una sterzata, a volte più morale che tecnica, sacrificando quindi l’allenatore.
Mister, come si affronta un esonero? E come si fa a rimettersi in gioco? Da quando lei ha iniziato ad allenare non mai stato fermo per troppo tempo. Ha sempre trovato qualcuno che ha creduto nelle sue capacità e nella sua grande professionalità.
In realtà, dopo Spezia sono stato fermo un anno. Ma se non prendi in considerazione l’esonero non puoi fare questo mestiere. Devi metterlo in conto. A volte succede che meritatamente ti mandano via perché i risultati non arrivano, a volte no. L’esonero va preso come un momento di studio introspettivo per mettersi in discussione e comprendere dove si è sbagliato, cosa si sarebbe potuto fare meglio. Fa parte del ruolo di allenatore, e soprattutto in quest’ultimo periodo diventa quasi una cosa normale. Per fare una battuta, l’esonero dà anche la possibilità per far lavorare tanti: quando sei fuori prendi il posto di un esonerato e, viceversa, se ti esonerano sei tu che dai la possibilità ad un altro di rimettersi in gioco. Durante l’esonero si può anche approfittare per prendersi un periodo di pausa per studiare, aggiornarsi, vedere anche allenatori di altre realtà.
Facciamo ancora un discorso più generale. Guardiamo il caso del Crotone e quello del Benevento e di tante altre piccole realtà calcistiche che fanno l’altalena tra la B e la A. Troppo deboli per fronteggiare le grandi corazzate della A? È solo una questione d’inesperienza? Oppure c’è dell’altro? La serie A è davvero per pochi, come spesso si sente dire?
La Serie A è difficile. Si pratica uno sport nettamente diverso da quello della B o della C. C’è una fisicità diversa, i calciatori in A hanno caratteristiche individuali eccellenti. Spesso ti scontri con realtà che hanno un budget economico superiore al tuo, hanno una valenza tecnica che si è strutturata nel tempo e una neo-promossa non può averla; pertanto, deve pagare lo scotto. Guardiamo il Benevento, visto che lo ha menzionato. Il girone d’andata è stato straordinario, mentre al ritorno mi pare abbia vinto una sola volta in trasferta con la Juventus. Non è strano forse?
E parliamo del Crotone. Tecnicamente sul campo ha sempre giocato molto bene, dominando molto spesso le partite senza purtroppo fare risultato. Il mio rammarico è di non aver avuto alcuni calciatori da subito, che avrebbero potuto dare un valore aggiunto alla squadra aiutandola ad affrontare meglio le partite. Detto questo resto dell’idea che ci saremmo potuti salvare. Ho questa sensazione, poi è andata come è andata…
Ma pare che nel giro di tre anni ci sarà finalmente la riforma dei campionati. Semiprofessionismo per la C, B1 e B2 in luogo della Serie B e A a 18 squadre anziché a 20. Sarà ancora più difficile giocare in A per le squadre di provincia? Il calcio sta cambiando. Che ne pensa, Mister?
Il calcio cambia per un discorso prettamente economico. Basti pensare a quello che poteva succedere con la Superlega. Il fatto di voler portare la A a 18 squadre è quindi per lo più un discorso economico. Se già ora le neo promosse fanno fatica ad affacciarsi ad un campionato a 20 cosa sarebbe con 18 squadre? Minori possibilità e quindi maggiore difficoltà.
Siamo alla fine. Mi fa un pronostico sugli Europei? L’Italia è in semifinale e affronterà la Spagna che ha superato la Svizzera ai rigori. Che cosa si aspetta?
Nessun pronostico per scaramanzia. Devo ammettere che è un piacere vedere questa squadra giocare così e darci delle soddisfazioni, delle sensazioni che mai abbiamo provato perché quasi mai abbiamo affrontato un mondiale o un europeo con la consapevolezza di poter essere protagonisti. In passato o c’erano delle polemiche o delle situazioni oggettive negative che poi si sono trasformate in trionfi (vedi i mondali dell’82 o del 2006). Ora sembra tutto perfetto, la squadra è bella, ha fatto innamorare, ha fatto unire, non tradisce perché è sempre migliore degli avversari, e lo è stata anche quando ha giocato contro l’Austria. Il mio pensiero da italiano è “Siamo forti e andiamo a vincere”. Da italiano sono orgoglioso di essere rappresentato da una squadra così, che va in giro a dominare tutti. È una squadra bella, tecnica, caratteriale. Mi sembra un ambiente straordinario. Ci sono tutti i presupposti per far bene.
Concludo facendole un augurio di cuore. Che Monza sia per lei solo un passaggio che le servirà per allenare di nuovo in serie A, magari al Milan in prima squadra. Tornerebbe esattamente lì da dove è partito.
Senta Mister, ma lei ci verrebbe un giorno ad allenare il Foggia? Magari quando avrà 74 anni…che dice?
[grasse risate – n.d.r.] Che dire? Magari arriverò e sarò messo di nuovo in discussione.
Invece sono pronta a scommettere che la prossima volta che tornerà a Foggia le stenderanno tutti un bel tappeto rosso.
Complimenti ottima intervista
Grazie!
Bella intervista, complimenti. Un saluto al mister Stroppa, anche da me, a torto, mai pienamente aapprezzato. È una bravissima persona ed un ottimo tecnico e per me sarebbe il benvenuto in caso di ritorno. Nella mia personale classifica figura subito dopo De Zerbi, Zeman e Marino.
Grazie. Ho provato a far uscire l’uomo che è. Io ho solo scritto.
Mille grazie.
Complimenti intervista bella ed esaustiva, talmente brava l’intervistatrice che il mister si è talmente sentito a proprio agio da lasciarsi andare completamente!
Grazie di cuore.
Articolo bellissimo e di elevatissima professionalità.
Maria Assunta Scelsi è una garanzia … i suoi pezzi non tradiscono mai le aspettative.
Brava brava brava
Ringrazio di cuore.
Come ho già avuto modo di dire più di una volta, sentivo l’intervista e dall’altra parte ho avuto una persona perbene che mi ha reso tutto più semplice.
Bellissima intervista fatta ad un uomo per bene.
Grazie, Angelo. E’ davvero come scrivi tu, un uomo perbene.