Il racconto di Pino Autunno
Quel 29 marzo del ’92 io c’ero. Assieme a quella che è la mia attuale compagna di vita Mariolina, ero seduto in tribuna stampa al San Nicola, l’astronave progettata da Renzo Piano sulla quale stava per riprendere il volo il Foggia di Zdenek Zeman. Pronto ad annichilire a domicilio i cugini biancorossi di Zbigniew Boniek, e ad infliggere loro una severa lezione di calcio. Quel pomeriggio di ormai 29 anni fa, il derby di Puglia andava per la prima volta in onda a Bari sul palcoscenico dorato della A, c’era il pubblico delle grandi occasioni sugli spalti, ai padroni di casa si presentava una delle ultime occasioni per rilanciarsi in classifica e per alimentare le ormai residue speranze di salvezza. Ma occorreva battere gli odiati cugini, che non attraversavano un grande momento. Scricchiolavano gli oleati meccanismi della indemoniata Zeman-band, il Foggia era reduce da due sconfitte di fila, e c’era già chi era pronto a scommettere che gli effetti speciali stavano per esaurirsi. Nel giorno in cui Rambaudi faceva 100 in rossonero, dopo le polemiche e l’accantonamento contro la Roma tornava Shalimov nell’insolito ruolo di play davanti alla difesa; dall’altra parte Zibbì si affidava a Boban, Giampaolo e Platt nella speranza di scardinare la difesa ospite. Speranza vana, perché pronti via dopo soli 5’ Ciccio Baiano stappava il match indirizzando la contesa in favore del Foggia. Che ci metteva davvero poco a prendere il comando delle operazioni e a dire a tutti: “Qui comando io”. E quando al 32’ proprio lo zar di Russia dal limite s’inventava la rasoiata che non dava scampo ad Alberga e che valeva lo 0-2, sul San Nicola calava il gelo perché era già chiaro che la partita aveva un indiscusso padrone. E che niente e nessuno avrebbe potuto cambiare il corso di quei 90’. Boniek dalla panchina era una furia, il tecnico polacco avrebbe voluto essere in campo a far vedere ai suoi come si ara il terreno di gioco con le dirompenti accelerazioni che lo hanno reso noto, sotto di due gol tentava il tutto per tutto, e mandava dentro altri due attaccanti, Brogi e Soda in luogo di Calcaterra e Giampaolo. La mossa lì per lì sembrava dare la scossa al Bari, che dopo 12’ in avvio di ripresa si procurava e realizzava (con Platt) il rigore che poteva riaprire la gara. Ma era solo un fuoco di paglia, perché il Foggia avrebbe continuato a comandare le operazioni, dando sempre la sensazione di potersi rendere pericoloso ogni qualvolta si affacciava nella metà campo avversaria. In tribuna stampa erano attimi trepidanti, una vera e propria goduria, incrociavo volutamente lo sguardo dei colleghi baresi e sul loro volto coglievo quel senso di impotenza che ti restituiva anche la consistenza dell’impresa che il Foggia stava per compiere. E quando a 5’ dall’epilogo l’altro Igor (Kolivanov, subentrato a Baiano) furoreggiava nella metà campo avversaria, saltava tutti come birilli ed infilava l’1-3 definitivo, in diversi di loro alla chetichella avevano già abbandonato il San Nicola. Gioia infinita e all’ennesima potenza, che i monelli di Zeman donavano ai loro tifosi per ripagarli forse delle recenti arrabbiature.
Quel giorno sul Bari di Boniek calavano i titoli di coda, il Foggia invece si rialzava e si preparava ad un finale col botto. Zemanlandia era solo ai primi vagiti.
di Pino Autunno
Il tabellino:
26^g. (29 marzo 1992)
BARI-FOGGIA 1-3
Reti: 5° Baiano, 32° Shalimov, 57° Platt (rig.), 85° Kolivanov;
BARI: Alberga, Calcaterra (39° Soda), Bellucci, Terracenere, Jarni, Progna; Fortunato, Boban, Giampaolo (38° Brogi), Platt, Carbone. In panchina: Biato, Loseto, Cucchi.
FOGGIA: Mancini 97, Petrescu 19, Codispoti 174, Shalimov 25, Padalino 54, A. Consagra 25; Rambaudi 100, Porro 52, Baiano 61 (79° Kolivanov 11), Barone 155, Signori 94. In panchina: Rosin, Matrecano, Grandini, Lo Polito.
Arbitro: Luci di Firenze.