È incominciato tutto per caso. Di solito le grandi storie iniziano sempre con queste parole. Pensieri quasi preconfezionati, ma che in realtà riassumono al meglio l’origine di un cambiamento a volte definitivo. E’ stato il caso di tanti personaggi della storia umana e quindi anche sportiva.
Un racconto che per Domingo Dalmasso potrebbe essere incominciato proprio così. Minuto 26. Un numero ed un tempo che con il caso sembra avere poco a che fare. Teatro “Pino Zaccheria”, interpreti Foggia e Palermo. Brunori ha da poco segnato il gol del pareggio a porta praticamente sguarnita (24’). Lo stadio esplode e con lui la rabbia dei giocatori rossoneri.
Il motivo? L’infortunio improvviso di Volpe che ha spalancato la porta all’ex Juventus per la rete dell’1-1. Le parole urlate dalle bocche sgomente dei tifosi sono state quasi sempre le stesse: “Doveva fermarsi!” Fiato sprecato: gol regolare. Allora ecco che il caso entra in scena o per meglio dire in campo. I suoi lineamenti hanno assunto le sembianze di un giovane ragazzo del nuovo millennio. Un “portierino” per l’età (classe 2000), ma di certo non per la statura (1,98 m). La sensazione è che non abbia minimante guardato neppure cosa accadesse intorno a lui. La sua corsa aveva un solo obiettivo: raggiungere la porta.
Un’apparente indifferenza? Chi può dirlo. Eppure gli applausi scroscianti al suo ingresso sono sembrati una pioggia improvvisa di mezza estate. Un qualcosa che avrebbe distratto chiunque, ma forse lui no. 70’ lunghissimi giocati con la disinvoltura di chi non ha nulla da perdere, ma solo da guadagnare. La vita è una questione di punti di vista. Nessun tentennamento. La naturalezza delle sue giocate sono andate di pari passo con l’entusiasmo generale. Da un suo rinvio è arrivato il gol del 2-1 e dalle sue mani le parate che hanno evitano a Brunori di allungare in classifica marcatori.
Nessuno ha mai pensato che qualcuno potesse fargli gol. Una convinzione quasi utopistica, ma tutt’altro che irreale. Poi è arriva la sfida di Monopoli. Il Foggia ha sofferto, ma allo stesso tempo è riuscito a portare a casa una vittoria gagliarda. Merito del gol di Davide Peterman, ma anche del suo giovane portiere. Una prestazione che ha dato seguito a quanto di buono fatto contro il Palermo e che ha addirittura scomodato paragoni illustri. Su tutti quello con Francesco Mancini. Un binomio ad oggi esagerato, ma che ha fotografato nitidamente la realtà che sta vivendo il portiere argentino.
Un momento che Petermann ha commentato così: “Siamo tutti contenti delle sue prestazioni. Dalmasso è un bravo ragazzo che merita tanto. Sta dimostrando di essere un grande portiere e noi abbiamo immensa fiducia in lui. Spero che continui così, ma soprattutto che resti sereno e dimostri tutto il suo valore”.
Parole al miele, ma anche un monito per lo stesso giocatore e l’intero ambiente rossonero. Il metronomo di Zdenek Zeman ha usato parole precise: fiducia e serenità. L’unico terreno sul quale possa crescere un giocatore. Allora ecco che la storia torna puntualmente a ricordare. Poco più di un anno fa il Foggia cadeva sotto gli attacchi della Juve Stabia. Un sonoro 3-0 ed un solo apparente colpevole: Davide Di Stasio.
Unico imputato anche nella sconfitta di Avellino (4-0) e nel pareggio interno con il Catania (2-2). Un talento schiacciato da pressioni, ma soprattutto da incomprensioni. Sono bastate queste tre partite per cancellare l’ottimo rendimento dell’anno prima in Serie D, ma soprattutto per distruggere la fiducia in un giovane appena arrivato nel calcio dei grandi. Una situazione insopportabile, difficile da comprendere che lo stesso portiere ha raccontato così ai microfoni di Mitico Channel.
“Quella maglia mi pesava addosso come un macigno e sapevo che sarei stato messo sulla gogna anche e soprattutto questa volta (3-0 con la Juve Stabia ndr). Le prestazioni convincenti che avevo fatto l’anno prima erano state tutte e da tutti dimenticate. Giocare a Foggia e difendere quella porta senza la dovuta serenità, la preparazione fisica e sentendo evidente la sfiducia del pubblico è davvero difficile, soprattutto quando quella maglia è della squadra dei tuoi sogni”.
Al netto del cuore rossonero di Di Stasio, la realtà di Dalmasso non è differente da quella del suo predecessore. Le parole dell’ex Foggia e di Petermann devono rappresentare un monito per il presente, ma soprattutto per il futuro del giovane portiere argentino. L’aiuto più grande che possa ricevere da un popolo che continua ad amarlo perdutamente.
foto: Donato Nardella