![]() Da una parte c'é stata una squadra che é uscita dal campo soddisfatta e stremata. Soddisfatta per aver preso un punto che, anche se meno di quanto ci si potesse aspettare alla vigilia, é pur sempre un passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi stagionali. Stremata per aver messo in piedi un quadro tattico basato a grandi tratti sull'attesa e veloci ripartenze e per aver subito la incredibile vemenza e il carattere fiero della temibile squadra avversaria, mai doma e terribilmente motivata, Per rimanere in partita ha dovuto interpretarla, specialmente nel primo tempo, con un'atteggiamento "sporco", fatto di scontri duri e provocazioni sottili, ma continue, Data la caratura dell'avversario, non mi sento di dargli torto. Tutto questo é stato il Benevento. Dall'altra parte, invece, c'é stata Foggia. No, non é un errore né grammaticale, né di battitura. E' esattamente quello che voglio dire: c'é stata tutta Foggia. Cominciando da un pubblico a cui ormai va anche stretta la definizione di "pubblico di categoria superiore". Quello che é andato in scena contro il Benevento é stato uno spettacolo di civiltá, maturitá, eleganza e signorilirtá da parte di tutti, proprio tutti quelli che hanno affollato lo Zaccheria. Quel pubblico che non ha risposto alle provocazioni mafiose dei teppisti che hanno deciso di confondersi con i tifosi ospiti e mettere in scena uno spettacolo becero ed infame in uno dei teatri sportivi piú importanti ed eleganti d'Italia. Lo stesso pubblico che ha mostrato tutto il proprio disappunto, in maniera furente ma civile, nel momento in cui uno dei sui paladini, caduto per un evidente scorrettezza e successivamente provocato da un avversario senza né onore né orgoglio, é stato allontanato dalla scena di quella che sarebbe diventata una delle piú belle imprese sportive che le mura dello Zaccheria possano ricordare. Quel pubblico, stracolmo di fierezza foggiana, che non ha saputo e non ha voluto trattenere voce e lacrime quando la palla, accarezzata da un angelo, ha disegnato una traiettoria irreale e suntuosa, come fosse una sentenza divina, infilzandosi nella rete avversaria e restituendo alla storia il suo finale legittimo ed indimenticabile. Lo stesso pubbico che ha tributato ai suoi guerrieri l'onore di un applauso forte ed interminabile. Come é giusto che sia! Al pubblico si é aggiunta la squadra. Una fusione di classe e cuore, di potenza ed estasi, talmente inaspettata e poderosa da confondere le menti e le parole di quelli che, a fine gara, dichiarano di aver visto un "dominio di gioco da parte del Benevento", dimenticandosi, o non volendo riconoscere, che il loro unico tiro in porta del primo tempo é un tentativo velleitario da 25 metri su una palla regalata da Chiaretti in ripartenza. Lo stesso Chiaretti che, quasi allo scadere, sceglie di non segnare, dopo essere stato imbeccato da un'intuizione di Deli, forse immaginando che quello che sarebbe successo di lí a poco ci avrebbe regalato un finale che non dimenticheremo mai. La triplice ingiustizia sull'episodio di Gerbo (il rigore non concesso, l'espulsione del capitano e l'allontanamento di alcuni componenti della panchina) avrebbe fatto saltare in nervi a chiunque. A chiunque, ma non agli dei che scendono in campo nel secondo tempo. Ordinati come poche altre volte e famelici come mai, non solo non arretrano di un centimetro, ma non danno neanche l'impressione di soffrire piú di tanto la mancanza di una pedina di qualitá e sostanza, qual é il nostro Alberto. Non solo! Iemmello, lí davanti, fa reparto da solo e, quando non riesce a ricevere palla come vorrebbe, se la viene a prendere sulla linea del centrocampo, punta gli avversari e ne salta con eleganza tre o quattro, prima che lo assaltino al limite dell'area. Perché solo cosí lo possono fermare. In difesa non soffriamo mai! Ci fanno due tiri in tutto il secondo tempo. Buttano sempre il pallone in aria, sperando che possa succedere qualcosa. Con questo schema tattico (o "non-schema tattico" dovrei dire) trovano, prima, lo scudo di un eroe a spegnere ogni entusiasmo e ci fanno un gol su un rinvio mal riuscito, sul secondo tentativo. Questo é tutto! Il Foggia, invece, dopo aver ottenuto il pareggio solo qualche minuto dopo essere passato in immeritato svantaggio mette paura ogni volta che prende palla e punta la porta avversaria. Esattamente come successo contro il Verona poche settimane fa. Cose pazzesche! Dei folli che, senza piú fiato nei polmoni e forza nelle gambe, continuano a spingere, fieri di rappresentare sul campo una cittá che li celebra sugli spalti. Con il loro coraggio, ci hanno voluto dimostrare quanto orgolio e rispetto abbiano per l'intero territorio e per tutti i suoi figli. Nessuna sceneggiata per guadagnare secondi preziosi. Solo la voglia matta di ribaltare in un sol colpo avversario e sorte. Oggi non conto i punti che ci separano dagli uni o dagli altri. Non mi interessano affatto. Mi interessa solo raccontare le gesta eroiche di una squadra di uomini, finalmente rappresentazione fedele di una cittá che, seppur tra mille difficoltá, non molla mai, memore di tempi, neanche tanto lontani, in cui poteva vantarsi di tutta la sua eleganza. E che continua a sperare che quei tempi possano tornare un giorno.
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Sergio d'AlessandroSergio è un dirigente in una multinazionale nel settore industriale che oggi vive e lavora in Messico. Trova sempre il modo di seguire il Foggia, come legame indissolubile verso i suoi luoghi di origine e non perde occasione per trasmettere ai suoi figli la sua stessa passione ed orgoglio. Archivi
Maggio 2019
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