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L'insoddisfazione ci salverá

10/2/2019

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​É una delle immagini piú conosciute della storia del calcio italiano e non solo. Ci riporta indietro negli anni, ma ci riscalda il cuore come se fosse successo proprio ieri. Ce l’abbiamo stampata negli occhi e trepidiamo ancora a rivederla nella mente. É l’espressione piú autentica della capacitá di vivere la quotidianitá degli ultimi che scoprono di essere primi. Non per caso, ma grazie alla dedizione, alla fatica, al non mollare mai. É quel grido che emerge dallo stomaco, piú che dalla gola. Quella sensazione di leggerezza dopo interminabili momenti, giorni, anni di affanni. É la corsa di Marco Tardelli, a pugni chiusi, con lo sguardo pieno di quei sogni che finalmente si avverano. La stessa corsa, gli stessi occhi, lo stesso grido, gli stessi sogni di Fabio Grosso. Oggi, al gol di Deli, ho corso alla stessa  maniera, ho gridato alla stessa maniera, ho avuto negli occhi gli stessi sogni, degli ultimi che scoprono di non essere secondi a nessuno. Ho pensato per un momento di essere proprio lí, in mezzo a loro, a quella moltitudine di persone che hanno affolato le gradinate dello Zaccheria, che hanno sottolienato con le proprie voci l’abbraccio dei calcialtori in campo. Ho sognato di essere lí tra loro. Avevo in braccio mia figlia.
Non siamo secondi a nessuno, ma allo stesso tempo non riusciamo a credere di non esserlo. É come se avessimo perso coscienza di una identitá che, fino a poco tempo fa, mesi, non anni, ci rendeva quasi unici, a livello sportivo. Per anni ci hanno riconosciuto come una squadra capace di esprimere sul campo un calcio piacevole, divertente ed efficace. Dopo il disastro amministrativo, avevamo ricominciato proprio con Padalino, al quale si erano succeduti De Zerbi e Stroppa. Tutti interpreti di un calcio moderno, al quale ci siamo abituati e con il quale – é storia recente – abbiamo ottenuto risultati sportivi prima sconosciuti alle nuove generazioni. Erano tempi in cui un gol degli avversari non scalfiva le certezze di una squadra capace di far sembrare facile quello che facile non é. Quelle certezze sembrano un ricordo sbiadito. Anzi, sembrano giocarci contro. La partita di oggi, a mio avviso, é una dimostrazione lampante. Certo non é stato un dominio. Ma dopo i primi 10 minuti in cui il Pescara ci ha messo sotto, evidentemente intenzionati a sbloccare da subito il risultato e, pertanto, mettere in difficoltá una squadra psicologicamente debole, non abbiamo subito molto la pressione della squadra ospite, almeno fino al gol del pareggio. Eppure, tutta questa supremazia, il controllo del gioco a centrocampo, la tranquillitá in difesa, non sono bastati per mettere al sicuro un risultato che oggi ci avrebbe davvero agevolato la risalita in classifica. Da questo punto di vista, continuiamo ad essere degli “incompiuti”. Siamo sempre un passo indietro. Ci manca sempre quel pizzico di non so che. Quelli davanti a noi rallentano e rallentiamo anche noi. Il problema é che quelli dietro continuano a correre.
Grazie al lavoro quotidiano, ad una presenza diversa nello spogliatoio e fuori, ad uno staff evidentemente compatto, ci hanno restituito una squadra fatta di grandi giocatori. Deli a centrocampo é un lusso per la categoria. La difesa, con gli innesti piú recenti, ha una soliditá che ci permette di pensare ad attaccare, piuttosto che coprirci gli occhi ad ogni azione avversaria per non vedere. Il mercato di gennaio ci ha restituito Galano e Busellato, fino a quel momento alieni ad una organizzazione di gioco che non li premiava. Aspetto il primo gol di Galano, perché mi piacerebbe davvero vedere esplodere di gioia lo stadio. Non si é mai lamentato. Mai una parola fuori luogo. Mai un gesto di disappunto durante le settimane passate in panchina. Oggi é un folletto in campo, al quale manca lo spunto finale. Corre come un dannato. Non é ancora perfetto, ma non si demoralizza mai. É sempre pronto a scattare una volta in piú. Non si sottrae mai ad una responsabilitá.
Quello che ci salverá sará l’insoddisfazione. Sará il pensare - dopo partite come quelle di Palermo ed oggi in casa con il Pescara - che abbiamo perso un’occasione e non guadagnato un punto. É inutile recriminare. Bisogna essere piú forti della sfortuna, del caso. Recriminare per il rigore oggi sarebbe come dimenticarsi delle occasioni avute per raddoppiare. Sarebbe come dare la colpa al caso, quando sarebbe opportuno fare, prima di tutto, un mea culpa e cercare di migliorare quegli aspetti che ci renderebbero invincibili alla sorte. Pensare di aver guadagnato un punto oggi sarebbe una condanna ad un futuro che non vogliamo neanche menzionare. Non bisogna “ripartire da qui”. Non bisogna “fare tesoro di una prestazione convincente”. Non bisogna accontentarsi di “avere dimostrato che possiamo giocarcela con tutti”. Questo giá lo sappiamo, da parecchio tempo. Bisogna fare uno scatto in piú. Bisogna incitare un compagno una volta in piú. Bisogna cantare piú forte. Bisogna alzare la testa, senza guardare troppo in alto, perché dietro corrono piú di noi. 

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    Sergio d'Alessandro

    Sergio è un dirigente in una multinazionale nel settore industriale che oggi vive e lavora in Messico. Trova sempre il modo di seguire il Foggia, come legame indissolubile verso i suoi luoghi di origine e non perde occasione per trasmettere ai suoi figli la sua stessa passione ed orgoglio.

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