Sono sempre stato un abitudinario. Ho scoperto che la routine aiuta a rallentare il tempo, a godere di ogni singolo istante delle giornate. Ripetere all’infinito azioni, parole e gesti migliora continuamente quello che facciamo. E cosí, quando ho iniziato a scrivere su questo blog, ho cercato da subito la mia routine, nella speranza di tirare fuori ogni settimana qualcosa di originale, che potesse piacervi, stimolarvi ed intrattenervi. Ho sempre scritto i miei articoli qualche ora dopo la fine delle partite del Foggia, in modo da non riscoprirmi né troppo emotivamente coinvolto né troppo poco incisivo. Sono stato alla ricerca del giusto equilibrio. La virtú sta nel mezzo, diceva qualcuno.
E nella mia routine avevo trovato un alleato inconsapevole, capace di ripetersi con regolaritá e, pertanto, facilitarmi il lavoro. Mi ero abituato ai pareggi, alle prestazioni senza né alti né bassi e agli stessi commenti ripetuti alla fine di ogni gara. La vittoria contro il Cosenza rompe l’abitudine e, quindi, mi impone di trovare spunti nuovi. Chi sa di cosa parlo, sa bene che sarebbe inutile cercare di ritrovare un filo logico familiare. Ormai la routine é andata a farsi benedire. Quindi, meglio ribaltarla completamente. Ho deciso, quindi, di iniziare questo articolo scegliendo la fotografia ancora prima di mettere giú qualche parola. La foto è quella dell’abbraccio della squadra ad inizio gara. Anche questa un’abitudine. Lí in mezzo c’è il Capitano. Non si vede perché circondato dai compagni, ma dovete immaginarlo mentre prende il coraggio in mano e, come ad inizio di ogni sfida, condivide con i compagni parole cariche di emozioni, di rabbia, di concentrazione e di paura. Questa volta, forse, ancora di piú. La partita è di quelle toste, fondamentali, senza ritorno. Giochiamo prima di tutti, questa settimana. Perdere sarebbe una condanna. Pareggiare un’altra partita... e chi se li sente quelli lí fuori! Vincere: speriamo bene. Quello che stona in questa foto é lo striscione sullo sfondo. Sono convinto che l’artimetica non sia una sconosciuta ai nostri calciatori. Sono entrati sul campo di gioco con gli occhi al cielo, cercando di incrociare lo sguardo con gli dei del calcio e chiedendogli di voltarsi verso lo Zaccheria per una sera. Sicuramente, avranno cercato di isolarsi da tutti i pensieri negativi e dalla pressione che condividono con una cittá che vive di calcio, che si era illusa in estate di poter essere piú forte di tutto e tutti e che, invece, si ritrova a fare i conti con una realtá sportiva che spaventa, terrorizza. Avranno tenuto gli occhi bassi per tutto il tempo, intenti ad evitare distrazioni. Ci sará stato un silenzio irreale nel corridoio che porta alle scale. Ognuno immerso nella sua propria individualitá. Gli stessi sguardi che, improvvisamente, si sono rivolti al cielo, una volta entrati in campo. Gli stessi sguardi che hanno incrociato quello striscione e che li hanno riportati ad una realtá scomoda, che avrebbero voluto dimenticare per togliersi di dosso un chilo di tensione. La cronaca della partita è ormai nota a tutti e non mi ripeteró. Voglio immaginare quello che sará passato in testa ai nostri eroi al termine della gara. Avranno dedicato un pensiero a tutti quelli che hanno fischiato Galano al momento della sostituzione. A dire la veritá pochi, rispetto ai tanti che lo hanno applaudito. Fischi codardi a un ragazzo che ha bisogno di sentire entusiasmo. Vale piú di mille parole la carezza che Agnelli gli regala dopo un’azione sfumata per un appoggio impreciso. Una dedica va a tutti quelli che hanno rumoreggiato, sbuffato e fischiato (altri fischi) quando la squadra nascondeva la palla agli avversari giocandola indietro verso Leali. Altra dedica a tutti quei profeti che avevano previsto che il Crotone, dopo la vittoria di Foggia, sarebbe volato in classifica. Come volevasi dimostrare, il campionato cadetto ha la stessa previdibilità dei bussolotti della tombola (n.d.r. oggi il Cittadella ha espungato il campo del Brescia, fino a quel momento inviolato). Una dedica speciale l’avranno rivolta a quelli che hanno voluto affossare il Capitano in queste settimane, addossandogli colpe di tutti i tipi. Sia chiaro che, in altre occasioni, io stesso mi sono permesso di criticare alcune sue prestazioni dal punto di vista tecnico. Mai ho però messo in dubbio la sua generosità, la responsabilità che sente nell’essere foggiano a Foggia ed il suo carisma. Abbiamo passato mesi a dare interpretazioni ai pareggi collezionati in serie nell’intento di trovare qualcosa da dire. Una sfumatura positiva. Una pulsazione di vita. Pareggio “stretto” contro il Palermo. “Immeritato” in casa con il Pescara. “Regalato” a Padova. “Grintoso” con il Benevento. “Apatico” ad Ascoli. Eppure, si é trattato sempre e solo di partite in cui abbiamo preso un punto. Dopo la vittora di ieri, che di punti ne vale tre, leggo solo critiche e disappunto. Per me la vittoria contro il Cosenza vale come un ottavo di Champions League. É lampante che la squadra non stia giocando un calcio spettacolare, che i suoi attori piú illustri non siano riusciti a calarsi perfettamente nei ruoli che avevamo immaginato per loro ad inizio anno. E quindi? La dedica finale va a tutti quegli amici che adesso sperano che questo sia l’inizio di un nuovo campionato per il Foggia. Non sará cosí. Lo abbiamo detto da mesi e lo abbiamo ripetuto continuamente. Il campionato del Foggia sará questo fino alla fine. Fatto di alti e bassi, di gioie sudate e pesanti ricadute. Rimettetevi comodi. Quello che è certo, peró, è che l’obiettivo finale ce lo abbiamo bene in mente e per ottenerlo mi esalto anche per prestazioni come quella di venerdi scorso. Dicono che l’amore è cieco. Quindi, tappiamoci gli occhi ed amiamo!
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Sergio d'AlessandroSergio è un dirigente in una multinazionale nel settore industriale che oggi vive e lavora in Messico. Trova sempre il modo di seguire il Foggia, come legame indissolubile verso i suoi luoghi di origine e non perde occasione per trasmettere ai suoi figli la sua stessa passione ed orgoglio. Archivi
Maggio 2019
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