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Voglia di tornare a scrivere emozioni

5/8/2019

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E così, dopo settimane di voluto silenzio, torno a scrivere sul mio giornale. Giorni di disintossicazione dopo tante, troppe amarezze, promesse non mantenute, sconfitte inaspettate, cocenti delusioni. Tradito da coloro i quali avevo difeso oltre ogni limite, rischiando la mia stessa reputazione, passando quasi da cronista "prezzolato" quando dalla società del Foggia e dai suoi tesserati non ho mai ricevuto (tantomeno richiesto) neppure un cappellino ricordo. Mi sono scrollato di dosso un po’ del fango che mi è piovuto addosso, travolto da questo tragico finale di campionato nemmeno fossi stato corresponsabile di tanto scempio. Ammetto che si fa fatica a ricominciare, come tanta fatica ha fatto il Foggia a trovare la sua strada, ancora dall’inizio, ancora in salita, com’è stata la mia strada, dovendo decidere se continuare a raccontare queste storie o tornare ad essere quello che ero, uno fra tanti, tifoso fra i tifosi, confuso e felice fra la mia gente, l’ineguagliabile popolo rossonero. 
Ma il Foggia in serie D non potevo lasciarlo solo, e soprattutto non volevo lasciare a metà il mio lavoro, quello di raccontare questo tifo giorno per giorno, nella vita, negli stadi, sulle strade di indimenticabili trasferte. Certo questo non è il mio tempo, la mia dimensione. Sono i giorni della ricostruzione, dunque del mercato. Allenatori che vanno, allenatori che vengono, liste infinite di calciatori in arrivo o in transito, indiscrezioni più o meno veritiere. Gare senza esclusione di colpi a chi indovina per primo il nome giusto, quello più clamoroso e inaspettato. Quest’attesa di conoscere chi vestirà le nostre gloriose maglie non l’ho mai capita per davvero, anzi, ammetto che addirittura mi ha sempre annoiato. Il Foggia in serie D, qualsiasi sarà il girone che gli toccherà, avrà solo un obiettivo: vincere, senza se e senza ma. Dunque a chiunque arriverà chiederò questo e questo sarà il parametro a cui mi atterro nei miei giudizi durante il campionato che verrà. 
Detto questo, dopo ottanta lunghi ed orridi giorni di tribunali, guardia di finanza, ricorsi e controricorsi, sezioni d’appello e collegi di garanzia, bandi pubblici e buste da aprire davanti a commissioni comunali, è arrivato dunque Roberto Felleca, imprenditore cagliaritano che, come un fortunale estivo, ha spazzato via in un amen tutte le nuvole all’orizzonte degli incerti futuri rossoneri. Un arrivo inaspettato ed esplosivo, che ha portato in città un entusiasmo molto diverso da quello del lontano 2012, quando il Foggia di Pelusi raccolse i cocci dell’ultima era Casillo non avendo nemmeno uno stadio in cui giocare e venendo da lunghe e deludenti stagioni di Lega Pro. Abituati ai silenzi comunicativi del Foggia Calcio dei Sannella, l’imprenditore sardo in una settimana ha parlato almeno il doppio di quanto abbiano fatto i fratelli di Deliceto in più di tre anni interi di gestione societaria. Migliaia di contatti fb, una parola per tutti, una risposta a tutti, foto, abbracci, sorrisi: questo il biglietto da visita dell’uomo a cui si chiede di riaccendere per l’ennesima volta l’inferno dello Zaccheria. Avrà fatto spesso le cinque della mattina Felleca per rispondere a tutti, per far sentire ogni tifoso del Foggia partecipe e protagonista in un progetto semplice, concreto, ma sicuramente ambizioso. Ed è tutto vero. Tanti hanno avuto persino il privilegio di chattare con il nuovo patron, di ascoltare i suoi audio, di esibire screen shot a testimonianza dell’incredibile scelta comunicativa del nuovo padrone del vapore. Sondato e tastato il terreno attraverso figure note e meno note vicino al Foggia e ai suoi tifosi, Felleca ha capito subito che la voglia di partecipare di questo popolo non era seconda alla passione ed al calore del suo tifo per la squadra, e ne ha fatto presto tesoro conquistando un po’ alla volta tutti. Non è un caso che abbia aperto le porte a quell’Azionariato Popolare, tanto invocato in questi anni, convincendo anche i più scettici che la sua venuta in Capitanata non sarà soltanto una passeggiata temporanea, o un trampolino di lancio per altri lidi, ma un vero e proprio ultimo approdo. 
Ma la comunicazione spinta a questi livelli di condivisione ha i suoi lati oscuri, le sue controindicazioni. Felleca ha dovuto fronteggiare prima un’ondata di scetticismo legata ai trascorsi di Ninni Corda, suo braccio destro a Como e sin da subito investito della carica di Direttore Generale a Foggia, poi la burrasca ancora più feroce conseguente all’indicazione di Amantino Mancini come tecnico prescelto alla guida dei rossoneri. Sono venuti fuori allora i precedenti privati dei due, le illazioni, le critiche e, puntualmente, i disappunti sui social. Un’ondata di disapprovazione forse inattesa, ma prevedibile. Personalmente comprendo ma non capisco queste polemiche. In genere giudico le donne e gli uomini per quello che sono e non per quello che sono stati, ma ancora più frequentemente non giudico a prescindere, non avendo mai avuto troppa simpatia per i giudici, per chi giudica da simile un proprio simile non si sa poi per quale investitura divina. Quello che ho letto su Corda, ma soprattutto su Mancini, mi ha lasciato molto perplesso. Si è consigliato, talvolta con veemenza, di soprassedere all’ingaggio del tecnico brasiliano scandalizzati da una vecchia condanna per uno stupro del quale l’interessato si è sempre professato innocente. L’intransigenza e la cattiveria di alcuni sinceramente mi ha sorpreso e in questa levata di scudi mi sono venute alla mente le strofe di Fabrizio de Andrè, quando ricordava con polemico sarcasmo che "la gente dà buoni consigli quando non puó più dare il cattivo esempio".
Non su tutto però con Felleca sono stato d’accordo. Qualche scelta non l’ho capita, anzi, l’ho contestata "de visu" a Felleca in persona che, da persona intelligente qual’è, spero non l’abbia presa sul personale. Molti tifosi, gli stessi ultrà, chiedevano la conferma di qualcuno dei calciatori protagonisti del recente e recentissimo passato del Foggia. Un legame fra vecchio e nuovo impersonato da chi la maglia l’aveva onorata fino all’ultimo, nonostante tutto. Lo stesso Felleca lo aveva annunciato riferendosi ad Alberto Gerbo, nel frattempo accasatosi ad Ascoli. Anche Leandro Greco aveva manifestato pubblicamente la volontà di restare, a qualsiasi condizione, volendo riscattarsi sul campo, cancellare nel ricordo dei tifosi l’umiliazione di Verona, lui che ci aveva messo la faccia, che aveva preso un impegno che non era riuscito a mantenere rammaricandosene non poco. Questa strada non è stata esplorata e a me sinceramente dispiace. È vero che quando si ricomincia è bene ripartire da zero, è vero che la squadra si fa con la ragione e non col sentimento, ma io una possibilità di riscatto a Greco, in questa piazza, l’avrei data, come è giusto dare a Mancini la possibilità di ricostruirsi una nuova carriera aldilà del passato. Spero che Felleca ci ripensi. Ripartire rinnovando tutto è giusto, ma appoggiarsi ad uno dei pochi punti fermi del passato potrebbe essere una risorsa in più.
Tuttavia presto, prestissimo (e alla buon’ora), si tornerà comunque a riparlare di calcio. Rivedremo le casacche rossonere in campo e finalmente inseguiremo con gli occhi quel pallone rotolare su un prato verde. E se anche non sarà più quello di un grande stadio, torneremo a vivere le palpitanti emozioni che solo questa squadra ci ha saputo regalare. Ecco, è proprio di queste emozioni che ho di nuovo voglia. Voglia di tornare a raccontare di noi.
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    Francesco Bacchieri

    Francesco Bacchieri, all’anagrafe Stellacci, laureato in architettura a Firenze, vive ed esercita la professione di architetto in Toscana ormai da 35 anni, da dove però non ha mai mancato di seguire i Satanelli in giro per l’Italia. Da oltre un anno, come Francesco da Prato, a fine partita commenta a caldo  le prestazioni dei rossoneri nella rubrica "Io la vedo così... ". 

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