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Quella sciarpa che “resiste” davanti alla FIGC: testimonianza di un amore immenso!

29/6/2018

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Ernesto Che Guevara diceva “la libertà è una parola che esce dalla bocca del mio fucile!”, e quelli che sfilano nei cortei pacifisti sventolando la bandiera con la sua effige (dal celeberrimo scatto del fotoreporter Ricardo Masetti) sono un po’ patetici perchè non conoscono la storia (o fanno finta di non conoscerla). Il “Che” era un guerrigliero che sapeva bene che il popolo, quando oppresso dal potere di “pochi”, ha tutto il diritto di riprendersi con qualsiasi mezzo la propria libertà. Il Comandante non fece in tempo ad accorgersi di come quella libertà il suo popolo l’avrebbe, purtroppo, solo passata di mano, ma questa è un’altra storia. Foggia non è l’Avana come la Procura Federale non è certo la dittatura di Fulgencio Batista, ma lo spirito libero del rivoluzionario cubano qualcosa comunque ci ha insegnato. Puó capitare, anche in una democrazia blindata come la nostra, che il potere costituito possa “andare oltre”, possa prevaricare, calpestare i nostri diritti, ed è allora che la Carta Costituzionale ci viene in soccorso quando all’articolo 21 recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…”, ed ancora all’articolo 17 “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso…”. Così quando venerdì scorso la Procura Federale ha oltraggiato non solo Fedele Sannella e la sua società, ipotizzando collusioni con la mafia che nessuna Procura della Repubblica o Tribunale Penale abbia mai accertato (chiedendone la retrocessione in serie C), ma anche tutta una comunità di tifosi prima e di cittadini onesti (foggiani) poi, c’è stata subito dopo lo sgomento una levata di scudi generale di chi si è sentito leso nel proprio orgoglio e nella propria dignità. Così si sono susseguiti pubblici appelli e proteste contro un “pregiudizio” apparso evidente a tutti a danno del Foggia, voluto impropriamente come capro espiatorio di tutte le nefandezze del calcio contemporaneo. Un “peccato originale” che si chiede di pagare al Foggia per conto degli altri. E se un “Io non ci stó!” poteva dirlo ben donde un Presidente della Repubblica, a maggior ragione possiamo dirlo noi, umili ma fierissimi tifosi rossoneri (e non solo). Franco Ordine in testa, sono state numerosissime le attestazioni di solidarietà e di protesta arrivate dal Sindaco, dal Presidente della Provincia, da deputati nazionali e regionali, da celebrità pubbliche come i comici Pio e Amedeo, anche da testate nazionali come Radio24 e il Corriere dello Sport, ma soprattutto dal popolo rossonero al quale la serie B conquistata con lacrime e sangue sul campo nessuno riuscirà a strappare via a colpi di sentenze “esemplari” solo quando sono contro di noi. La nostra testata, già da venerdì, ha lanciato l’allarme e la chiamata a raccolta a tutela dei nostri diritti, seguita da tante altre iniziative simili, raccolta di firme e petizioni, finanche offerte di aiuto in denaro alla società. Qualcuno ha voluto persino far arrivare direttamente a Roma con uno striscione esposto davanti al Tribunale Federale il pensiero e la preoccupazione di tutti. Di tutti ma non del Foggia Calcio che a mezzo dei suoi legali ha voluto prendere opportunamente le distanze da forme di protesta che se avallate rischierebbero di portare nocumento alle speranze della mitigazione della pena da parte della Corte giudicante Federale. È bene ricordare (anche alla società del Foggia) che nessuno si muoverà prima che si sia arrivati all’attesa sentenza (che sappiamo saprà far valere le ragioni del diritto) perchè le nostre non vogliono essere minacce o intimidazioni ma pacifiche, legittime e non violenti proteste a favore di una giustizia giusta e non di un giudizio sommario, sancite e garantite dal nostro ordinamento democratico e inalienabili a prescindere dalle ragioni di opportunità o realpolitík. “Bomba o non bomba, arriveremo a Roma, malgrado voi…” inneggiava Venditti negli anni ‘70, e noi a Roma ci arriveremo solo se tirati per i capelli da evidenti disparità di trattamento. È di queste ore la notizia che inchieste su irregolarità amministrative si stanno allargando a macchia d’olio trasversalmente per lo stivale. Palermo, Chievo, Cesena, e poi adesso anche l’Udinese (per tacere del Milan) sono incappate nelle forche caudine della Procura. Alla fine scopriremo che il nostro, confronto ad altri, è stato un peccato “veniale” e che le pene esemplari sarà bene comminarle a chi se le merita.
Intanto passano le ore e i giorni in questa snervante attesa. Nei social e per le strade la gente aspetta trepidante. Non è solo il Foggia sotto giudizio ma ci sentiamo tutti sotto esame, magari un po’ angosciati, col cuore in gola, come l’attimo prima che l’avversario ci tiri un calcio di rigore ad un secondo dalla fine. All’entrata della FGCI lo striscione non c’è più, ma resiste imperterrita una sciarpa rossonera che per quante volte viene rimossa altrettante volte riappare. È una testimonianza “viva” di chi ricorda al potere che il Foggia non è solo e non lo sarà mai perché il Foggia non é una squadra di calcio e basta, il Foggia è l’anima e il cuore, la dignità e l’orgoglio della sua gente.
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    Francesco Bacchieri

    Francesco Bacchieri, all’anagrafe Stellacci, laureato in architettura a Firenze, vive ed esercita la professione di architetto in Toscana ormai da 35 anni, da dove però non ha mai mancato di seguire i Satanelli in giro per l’Italia. Da oltre un anno, come Francesco da Prato, a fine partita commenta a caldo  le prestazioni dei rossoneri nella rubrica "Io la vedo così... ". 

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