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Quel canto carico di amore e di malinconia

15/1/2018

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Al Rigamonti il Foggia ha perso dopo aver subito due reti per altrettanti torti arbitrali e davvero tanta sfortuna, quella malasorte che sembra perseguitare i derelitti, se non si vuol credere alla malafede, ad un grande disegno che vuole il Foggia retrocesso dalla Lega, dopo che i tribunali in estate lo avevano “quasi” graziato dalle richiese agghiaccianti della procura federale. Una giustizia che quando si tratta del Foggia è sempre “più giusta” del solito. Se togliamo le due “sviste” del guardalinee in Foggia – Cremonese, quest’anno non ricordo un solo episodio arbitrale favorevole ai rossoneri. Si possono riconoscere colpe ed errori quanti ve ne pare, della società, di Nember, di Grassadonia, di Padalino, dei calciatori e finanche dei tifosi, ma in 50 anni che seguo il Foggia raramente ho visto una sequenza “quasi scientifica” di arbitraggi a senso unico. Quelli sfacciatamente contrari, come questo di Brescia, come quello contro il Benevento, altri più sottilmente ostili come quelli di Spezia e di Salerno. Punizioni fischiate solo a sfavore. Ammonizioni al primo fallo. Espulsioni comminate con leggerezza disarmante. Rigori inventati contro, altrettanti solari negati a favore. Tutto e soltanto contro di noi. La cultura del sospetto, il complottismo, non mi hanno mai appassionato, ma bisogna ormai essere ciechi e sordi per non capire che qualcuno ha deciso che dobbiamo pagare. Pagare per colpe che non abbiamo commesso noi e che probabilmente nessuno ha commesso mai. Nel calcio c’è talmente tanto marcio, come dimostra l’arbitraggio di questo Minetti di Varese (che forse Sciascia avrebbe fatto fatica a collocare nella categoria degli “ominicchi”), che non mi meraviglierei davvero più di niente. E così questi colori, all’ennesima sconfitta immeritata, mi hanno fatto di nuovo piangere, ma questa volta di rabbia. La rabbia di vedere quella meravigliosa e pacifica curva rossonera ancora una volta protagonista contro il mondo intero, contro il fato, contro la cattiveria, contro l’ingiustizia, contro il Palazzo, contro chi ci crede – in malafede – solo e soltanto quelli delle bombe carta e delle auto bruciate. La rabbia di sentirsi impotenti e vedere che piano piano vogliono affondarci, quasi ci provassero gusto a cancellarci dal calcio per quanto facciamo invidia, per quanto siamo i migliori di tutti, per quanto sappiamo amare, unici e come nessuno mai la nostra squadra aldilà del bene e del male, primi o ultimi in classifica. L’amore fa invidia. Chi ama fa invidia. Ma soprattutto l’amore fa paura perchè l’amore è pulito mentre loro sono sporchi, perchè ieri sera ho avuto netta la sensazione che il calcio è sporco. Ma soprattutto la rabbia di  sentire quell’ultimo coro a braccia tese, scandendo il ritmo a mani unite, rinnovando un patto tra una squadra e i suoi meravigliosi tifosi. La rabbia di sentire in quel canto, per la prima volta, non solo orgoglio, ma forse anche un po’ di malinconia.
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    Francesco Bacchieri

    Francesco Bacchieri, all’anagrafe Stellacci, laureato in architettura a Firenze, vive ed esercita la professione di architetto in Toscana ormai da 35 anni, da dove però non ha mai mancato di seguire i Satanelli in giro per l’Italia. Da oltre un anno, come Francesco da Prato, a fine partita commenta a caldo  le prestazioni dei rossoneri nella rubrica "Io la vedo così... ". 

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