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Tanto tuonó che piovve: Stroppa esonerato!

27/10/2018

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              Comunicato ufficiale: Stroppa  non è più l’allenatore del Crotone e non sarà lui a guidare la squadra nella sfida di domani contro il Lecce che, in attesa di Oddo, verrà affidata al tecnico della primavera Moschella. La notizia era nell’aria da tempo. Sin dalle prime battute si era capito che non c’era feeling tra lui e la tifoseria degli squali. Sinceramente volevo astenermi da commentare la cosa, ma è inevitabile che scriva due parole su un esonero che i più davano per certo già da alcune settimane. Non sarò tra quelli che stasera andrà ad ubriacarsi di gioia, lo dico in anticipo, ma neppure tra quelli che si dispereranno autoflagellandosi. Le vicende del tecnico di Mulazzano non dovrebbero di fatto più interessarci, ma tant’è …
            Nella sua carriera da allenatore professionista i due anni a Foggia rimangono ad oggi le uniche sue perle in mezzo a  poche luci e molte ombre in campionati costellata più da esoneri o dimissioni anticipate che da tornei chiusi regolarmente. Noi gli dobbiamo molto, sicuramente una promozione e una salvezza che a dicembre dell’anno scorso sembrava ormai una chimera. Ma lui deve molto a noi ed ai fratelli Sannella, che per almeno due volte lo hanno confermato a dispetto della piazza, sia nella stagione della promozione in B (dopo la sconfitta col Fondi), che in quella della salvezza l’anno passato (dopo il pari interno col Venezia). Scelte lungimiranti quelle della società che, se avesse assecondato gli umori della tifoseria, forse non avrebbe centrato gli obiettivi che si era prefissata dopo la sconfitta in finale Play Off col Pisa di Gattuso. Ma Giovanni deve tanto anche al DS Luca Nember, col quale non ha mai legato particolarmente, che a gennaio gli ha messo a disposizione gente come Kragl, Greco e Calabresi permettendogli quasi di sfiorare il sogno dei Play Off, mancati solo per un errore marchiano dell’arbitro nella sconfitta a Perugia contro i grifoni.     Dopo aver lasciato in estate il Foggia nel pieno del caos legato a penalità e retrocessione (per motivi diversi a seconda si voglia dare credito alla sua versione dei fatti o a quella del DS) aveva scelto la Calabria di una neoretrocessa per confermarsi tecnico di vertice e rilanciarsi con una nuova avventura vincente. Ma in questa scelta più di rabbia che di testa Stroppa ha sottovalutato quello che un po’ tutti noi abbiamo paventato sin da subito. Da poche parti, come a Foggia, si accetta il bel gioco a discapito dei punti, di vittorie mancate, di sconfitte immeritate in attesa di tempi migliori che per Giovanni statisticamente sono sempre arrivati dal girone di ritorno in poi (quando ce lo hanno fatto arrivare). Zeman non sarebbe mai diventato un mito del calcio se a Foggia non avesse trovato chi per il piacere del bel gioco non avesse accettato di buon grado alcuni rovesci di fortuna.          
            Crotone dunque non è Foggia e lì del bel gioco importa poco a tutti, contano le vittorie e la posizione in classifica e quella della “corazzata” Crotone evidentemente non è stata ritenuta soddisfacente dopo solo nove gare disputate e la “miseria” di 11 punti in classifica (due meno del Foggia di Grassadonia). Dico subito che credo poco agli esoneri “subitanei”, più di pancia che di testa, imposti dal pubblico più che dalla logica. Ho visto il Crotone giocare bene, come giocava bene il Foggia l’anno scorso, raccogliere molto meno di quanto meritasse. Se avessero avuto pazienza e lungimiranza avrebbero raccolto le meritate soddisfazioni perché, alla resa dei conti, giocare bene paga.
            In Calabria però la pazienza è mancata e hanno preferito il pragmatismo di tecnici “benvoluti” dal sistema calcio, come Oddo, esattamente come avremmo voluto fare noi l’estate scorsa, al rischio di continuare con questa guida tecnica. L’allenatore di Pescara a Foggia non era voluto venire impaurito dalle note vicissitudini giudiziarie (a proposito di “cuori impavidi”), ma in Calabria evidentemente sente di avere le carte giuste da giocarsi al tavolo della lotta per la serie A.      Non gli auguro nessun bene, perdonatemi, perché Oddo  lo ritengo personalmente un tecnico presuntuoso e sopravvalutato, oltre che fin troppo amato dai potenti del calcio, ed egoisticamente le sfortune del Crotone faranno gioco alle fortune di un Foggia che avesse la ventura di affacciarsi nei piani alti della classifica ove mai dovessero rivedere i nostri punti di penalizzazione. Auguro invece di riprendere presto il suo cammino a Stroppa, magari partendo da una squadra da ricostruire, più che da riconfermare, perché aldilà di tutto, del suo pessimo carattere, del modo in cui ci ha lasciato, delle sue ultime polemiche dichiarazioni, rimane il tecnico che ci ha riportato a contare nel calcio dopo due decenni e che, personalmente, mi ha fatto divertire giocando dappertutto e contro tutti, anche per un’intera partita in 10 contro 11 come l’anno scorso a Novara e a Parma, solo e soltanto per vincere, come piace a me, come è sempre piaciuto a noi.
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Confusi e infelici

23/10/2018

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            Nel pullmino che rientra mesto in toscana non c’è tanta voglia di parlare. Gli echi dei cori, gli sfottò, i panini con la salsiccia innaffiati da litri di birra consumati negli autogrill della Salerno-Reggio Calabria li abbiamo lasciati sulle curve del San Vito, congelati dal secondo gol di Tutino che raggelandoci ha spento ogni velleità di rimonta dei “canarini” rossoneri presi a sportellate dai Lupi della Sila. Confusi dall’inattesa e sconcertante prestazione dei rossoneri in Calabria e infelici al pensiero che ci aspetta una notte triste sulla lunga strada del ritorno ci lasciamo alle spalle Cosenza. Non sono più alla guida, l’adrenalina della “smania da trasferta” non mi aiuta più a tenere la barra a dritta e il sonno appesantisce le mie palpebre che da 36 ore non conoscono riposo.
            Le trasferte hanno sempre due facce.  Come nel “Sabato del Villaggio” l’euforia dell’attesa nasconde la fatica di viaggi improbabili con partenze al principio della notte, col lavoro lasciato da un’ora e il meritato riposo sacrificato alla passione per quella squadra che, a tanti di noi, dà una ragione per vivere e sorridere di una vita così diversa da quella che avevamo solo immaginato trasognati sui banchi di scuola. A dieci ore di viaggio da casa il Foggia ci aspetta e spalanca le braccia ai nostri sogni più audaci e il cuore si apre all’attesa di una gioia rinnovata. Ma sarà così? Siamo un po’ tutti brilli in fila dietro i cancelli aspettando con l’anima in sobbuglio di prendere posto allo stadio. È il momento più bello, il più palpitante. Le squadre entrano in campo, i ragazzi in un’improbabile maglia gialla assaggiano il terreno di gioco e gettano uno sguardo frettoloso verso il nostro settore, quasi a contarci ad uno ad uno, come a salutarci, a solidarizzare. Poi la partita comincia, l’angoscia sale, gli avversari ci pressano da tutte le parti, non sarà una passeggiata, è un pensiero comune a tutti. C’è il sole allo stadio, un sole che, alieno all’autunno ormai inoltrato, incendia un prato verde e lontano dove i nostri ormai arrancano a rincorrere gli indemoniati di Braglia. Galano ci illude, ma è solo un lampo che rischiara una notte buia ed infinita. Tutino sembra Pelé, e sul secondo gol, parafrasando il poeta, “al travaglio usato ciascun in suo pensiero fa già ritorno”.
            È l’altra faccia della medaglia di queste travagliate trasferte, “the dark side of the moon”, quello che non vorresti succedesse mai ma che puntualmente accade. È lo sconforto. Cerchi negli sguardi degli amici il perché di tanto scempio, ma quel perché non troverà risposta. Chissà se negli spogliatoi i ragazzi avranno avuto un pensiero per noi. Chissà quanto sarà peso anche il loro viaggio mesto sulla strada del ritorno. Il nostro lo sarà, come la notte delle domeniche che aspettano il lunedì, brevi ed insonni. Un bagliore mi sveglia. Sono le luci gialle di un distributore sull’A1, verso Roma. Della partita non si parla più, e chi ne ha voglia. Domani si riposa, finalmente, ma sarà un riposo effimero.
            I sogni sono duri a morire quando sono plausibili e il sogno di un Foggia vincente non muore mai. Sabato ci aspetta il derby e si riapre il libro, si riazzerano speranze e attese. La nostra festa, “se anco tardi a venir, non ci sarà grave”.
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Siamo una squadra “fortissimi”

1/10/2018

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            Era l’estate del 2006 quando, un semisconosciuto Checco Zalone, irrompeva nelle case di tutti gli italiani “campioni del mondo” con un motivetto scanzonato e sgrammaticato “ad arte” celebrando a modo suo i fasti degli azzurri di Marcello Lippi. Per Zalone fu tutto un crescendo di successi, molto meno per la nazionale.
            Ebbene “Siamo una squadra fortissimi” è un titolo che ben si presta sia a celebrare un Foggia che va a maramaldeggiare a Benevento, sia una tifoseria ancora da brividi che ha dato il solito ineguagliabile spettacolo sui gradoni di un Vigorito gremito. Da ieri sera infatti “fortissimi” ci sentiamo tutti, sia quelli che (non una moltitudine) hanno avuto sempre fiducia come il sottoscritto sulla bontà delle scelte di Grassadonia e della società, sia chi, magari in preda al solito travaso di bile dopo tre sconfitte consecutive e un raccapricciante -5 in classifica, chiedeva la testa dell’allenatore salernitano.
            “Io l’avevo detto” è un esercizio retorico antipatico e che non mi appassiona. La mia difesa dichiarata a Grassadonia e ai suoi ragazzi non nasceva per provare a fare il fenomeno con una voce fuori dal coro a tutti i costi o per chissà quali manie di protagonismo, ma era figlia delle convinzioni che mutuavo dal campo e dai dati oggettivi raccolti dal ritiro di Ronzone ad oggi. I carichi di lavoro, i nuovo schemi da assimilare, la rosa completata solo 30 giorni fa, gli infortuni e le squalifiche a pioggia. Riguardatevi con più serenità la partita di Pescara, ora che la penalizzazione è un ricordo e che punti e gioco non sono più in discussione. Scoprirete che è stato ingiusto dare la croce addosso al mister e contestare questo o quel calciatore (cominciando da Bizzarri e qui, lo confesso, mi ci metto anch’io). Non mi fermo allora a guardare la prestazione di ieri ma torno su quella dell’Adriatico. Contro la squadra di Pillon il Foggia aveva fatto la partita perfetta nonostante un Mazzeo al 60% e un Galano ancora all’esordio, due tra le pedine fondamentali nel gioco di Grassadonia. Non rischiare Galano (fuori condizione) sin dall’inizio con i delfini non è stata una colpa del tecnico, ma una necessità suggerita dal preservarlo all’esordio per poi schierarlo titolare inamovibile con Padova e Benevento. Scelta che si era rivelata esatta anche in quell’occasione visto che l’attaccante foggiano subentrato a partita inoltrata si era guadagnato il rigore poi sbagliato da Mazzeo per pochi centimetri sulla traversa. Pochi centimetri ho scritto, quelli che sono mancati ai rossoneri per centrare un trittico di vittorie rimandato però solo di una settimana.
            Allo Zaccheria tra sei giorni è atteso l’Ascoli, formazione già battuta in precampionato dal Foggia in versione laboratorio. La squadra vista ieri sera può fare un sol boccone dei marchigiani ma a una condizione: tifo e squadra dovranno volare bassi, evitare fughe con la fantasia, non credersi “arrivati” ma solo “partiti”. La serie B è difficilissima e fatale se provi solo a sottovalutarla o a crederti il migliore. Anche perché basterebbe una prova scialba sabato venturo allo Zaccheria per fa ritirare fuori la testa a chi da ieri sera vedo che è tornato stranamente in silenzio o in disparte. A questi personaggi pronti a godere delle disgrazie del Foggia per prendersi una facile ribalta pubblica dico che dopo la sconfitta col Palermo anch’io, da tifoso, avrei “sbroccato”, ma poi ho contato fino a dieci, ho visto il Foggia a Pescara e ho capito da che parte stare.
            E allora, sempre per dirla scherzosamente con l’italiano improbabile di Zalone:
            <Se ce l’ho fatta io … ce la potete “farcela”anche voi!>

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    Francesco Bacchieri

    Francesco Bacchieri, all’anagrafe Stellacci, laureato in architettura a Firenze, vive ed esercita la professione di architetto in Toscana ormai da 35 anni, da dove però non ha mai mancato di seguire i Satanelli in giro per l’Italia. Da oltre un anno, come Francesco da Prato, a fine partita commenta a caldo  le prestazioni dei rossoneri nella rubrica "Io la vedo così... ". 

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