Fino all’ultimo respiro per la maglia e la città

Poteva essere il peggior compleanno della storia rossonera con un piede già fra i dilettanti e una proprietà in fuga, ma la storia non è mai così banale da fare solo ciò che ci si aspetta.

Così, i 105 anni del Foggia regalano ai tifosi la lucida speranza di poter conservare sul campo la categoria.

La linea del Piave tirata dai ragazzi di Gentile ha retto bene l’urto di un Messina apparso quasi appagato dall’aver agguantato il diritto a disputare il playout e pericolosamente esposto alle folate di un Foggia impreciso, ma determinato.

Si poteva vincere, ma va già bene così.

Sabato allo Zac si partirà con un vantaggio non indifferente di due risultati su tre buoni per mantenere la C e in un contesto di ritrovata fiducia.

Certo, le partite vanno giocate prima di sapere se siano veramente facili, ma è inutile negare che lo spirito con cui è stata accompagnata la trasferta in Trinacria è ben diverso da quello che precede il ritorno in terra di Capitanata.

C’è da completare il primo dei due step dai quali dipende il futuro dei Satanelli: evitare la rovinosa caduta fra i dilettanti.

Questa era la condizione posta da chi si è dichiarato interessato a rilevare la società dalle mani del discutibile attuale proprietario.

Sabato, attorno alle 17:00, sapremo se la propedeuticità sia stata rispettata e andremo a verificare l’effettiva consistenza degli aspiranti acquirenti.

Inutile avventurarsi in stucchevoli previsioni; abbiamo visto che fine hanno fatto le campane a morto che suonavano prima della gara di Messina e non è il caso di seguire il cattivo esempio degli orfanelli dell’ex Principe scappato nottetempo.

Costoro vaticinano l’inevitabile discesa fra le categorie più basse come una sorta di punizione divina, una giusta conseguenza per l’aver irritato il loro piagnucoloso sovrano.

Ma il destino è frutto soprattutto delle azioni, dell’impegno, della determinazione che ognuno di noi mette nell’agito quotidiano.

Per questo, gli uomini e le donne che sentono forte la responsabilità condivisa di una passione identitaria chiamata Foggia non possono che essere presenti sugli spalti e in campo per l’ultimo atto della più sciagurata stagione della storia rossonera. Se sarà il momento del riscatto o della condanna lo stabiliranno i novanta minuti della gara, ma ognuno deve fare ciò che l’etica e il senso del dovere impongono: lottare fino all’ultimo respiro per la maglia e la città.

Dopo, soltanto dopo il fischio finale, ci preoccuperemo del futuro.

E gli orfanelli, per cortesia, questa volta rimangano a casa e facciano silenzio.