Domenica sera si è giocata una partita di calcio fra una squadra di vertice, attualmente capolista, e una di bassa classifica, ai margini della zona retrocessione.
Ha vinto la prima, la compagine oggettivamente più forte, ma con un solo gol di scarto – su rigore – rischiando anche di subire il pareggio nelle fasi finali del match.
Messa così, sembra quasi l’occasione per raccontare la banale cronaca di un avvenimento sportivo, disquisendo di tattiche, approccio alla gara, occasioni perse, dominio territoriale, ecc. ecc.
Ma io sono convinto che il giornalismo debba raccontare la realtà per ciò che è non per quello che si vorrebbe che fosse e quello che succede in campo per il Calcio Foggia 1920 è solo un pretesto, un’arma di distrazione di massa per deviare l’attenzione dai problemi reali.
Siamo assistendo a una lunga fase di transizione dall’attuale proprietà, nota, a quella che verrà, ignota.
Tutte le opzioni sono sul tavolo, anche il proseguimento dell’attuale status quo per mancanza di alternative.
Questa è la chiave del momento attuale e tutto quello che sta succedendo sul campo ne è una conseguenza.
La formazione rabberciata, indecorosa, schierata al Veneziani è una conseguenza della strategia di dismissione aziendale in atto e tutto ciò che accade, dai mancati rinnovi, alle partenze che precedono gli arrivi, alle fumose giustificazioni sui reali motivi delle assenze, tutto questo è perfettamente coerente con quelli che sembrano essere i reali intenti della proprietà.
Non c’è un progetto tecnico a medio termine e questo è stato rimarcato più volte. La squadra viene fatta e disfatta almeno due volte all’anno, i campioni di luglio diventano brocchi a dicembre per poi lasciare il posto a gennaio ai nuovi capri espiatori della prossima estate.
È così da anni.
Cambiano i musicisti ma non lo spartito da suonare.
Il DS Leone ha dichiarato al suo arrivo – poche settimane fa – di non credere nel mercato di gennaio, di voler arrivare con questo gruppo alla fine del campionato senza grossi stravolgimenti e ora manda via i titolari prima ancora dell’arrivo dei sostituti.
A Monopoli in panchina c’erano due ragazzini della Primavera, un reintegrato – Marzupio – privo di preparazione adeguata a detta dello stesso Zauri, una riserva – Sarr – con pochissime apparizioni, due portieri e un fantasma, quel Mazzocco presente in distinta pur non essendo stato convocato. Unico presentabile: Francesco Orlando.
È così che si onora la maglia? Mettendo una squadra già con gravi lacune in difficoltà ancora maggiori?
Gli infortunati e malati dell’ultim’ora sono davvero tali o erano impegnati a preparare le valige per la prossima destinazione?
Domande che rimarranno senza risposta perché questo è il modus operandi di una società a cui manca un rapporto affettivo con i colori e la piazza, un’identificazione con il territorio e la sua storia sportiva.
Mi piace fare mia una frase di Delio Rossi detta a Mitico channel nell’ultima puntata di Contropiede. Alla domanda di Massimo Marsico su cosa suggerirebbe a un presidente del Foggia, l’ex calciatore e allenatore rossonero ha risposto:
“Dire chiaramente alla gente cosa si vuol fare”.
Questo è ciò che ognuno di noi dovrebbe pretendere da chi ha in mano la squadra della città: trasparenza, sincerità e coerenza fra dichiarato e agito.