Una sconfitta per una squadra ancora in rodaggio com’è il Foggia andava messa in preventivo prima o poi.
Ma domenica notte allo Zac si è andato oltre l’immaginabile,
Il Monopoli, per anni amichevole sparring partner, gentile dispensatore di punti in casa e fuori, cortese corregionale che si scansava ogni volta che incontrava i Satanelli, ha vestito i panni dello spietato Maramaldo affondando con poderose bordate la fragile navicella rossonera.
Lo ha fatto per la seconda volta in poco più di un mese. E siccome in Coppa Italia si era tirato fuori l’alibi della squadra incompleta e a corto di preparazione, ha pensato bene di ribadire la sonora lezione raddoppiando il bottino di reti che sono passate da due a quattro.
Gol, peraltro, tutti di pregevole fattura, soprattutto i primi tre.
A tal proposito, da più parti si è messo il portiere De Lucia sul banco degli imputati. Dopo l’infelice uscita a fine gara col Trapani e il pericoloso “frichigno” non visto al San Nicola, è più o meno logico che si imputi soprattutto a lui la responsabilità delle reti subite nel derby.
Tuttavia, come talvolta mi capita, non sono d’accordo con questa opinione diffusa.
A differenza degli sciagurati episodi citati, dubito fortemente che ci sarebbe stato un esito diverso se in porta ci fosse stato qualcun altro, anche un portiere di serie superiore.
La grande libertà che hanno avuto i calciatori biancoverdi ha consentito loro di preparare al meglio il tiro, uno dei quali su calcio da fermo, cogliendo traiettorie oggettivamente insidiose a prescindere dalla posizione del portiere.
Chiediamoci, piuttosto, come si possa lasciar calciare indisturbati un Viteritti o un Calvano – sia pure dalla lunga distanza – senza ostacolare in maniera adeguata il tiro.
La verità, a mio avviso, è che il percorso di crescita di questa squadra passi necessariamente attraverso la presa di coscienza di mister Brambilla che gli equilibri valgono spesso più che la rigida ortodossia tecnica.
Le assenze, gli infortuni, sono un fattore di cui tener conto per modificare, adattare, rettificare il proprio credo tattico quando non vi sono le condizioni oggettive per poterlo praticare.
Il centrocampo a due senza centrocampisti esperti, di sostanza, è un suicidio tattico e le quattro sberle rimediate a domicilio sono lì a testimoniarlo.
Brambilla, l’ho detto in tempi non sospetti, ha bisogno di fare esperienza prima di dispiegare il suo potenziale e questi “incidenti di percorso” – come li ha definiti lui stesso – vanno messi in preventivo.
I settemila presenti allo Zac non hanno gradito l’indigesta prima sconfitta in campionato, ma il mister deve prendere le più che giustificate critiche di queste ore come la naturale conseguenza degli errori commessi innanzi a una platea che di calcio ne capisce e pure tanto.
La bambagia delle squadre giovanili di Juventus e Atalanta è un lontano ricordo.
Qui si fa sul serio e gli integralisti sono apprezzati solo se, alla fine della giostra, portano a casa il risultato atteso.
Caro Mister, la capacità di adattarsi ai cambiamenti è un pregio, non un difetto.