“Dossier trivelle”: gli esperti bocciano l’attività estrattiva in mare. Crea danni all’ecosistema marino.

Spiaggiamento di cetacei lungo le coste. Danni alla pesca locale. Alterazione della biodiversità. Deterioramento delle aree marine protette. Ricadute negative sul turismo. Sono alcune delle evidenze emerse dal “Dossier Trivelle”, che è stato ultimato dalla task force scientifica costituita da Anna Grazia Maraschio, assessora all’ambiente della Regione Puglia.

Un lavoro, quello della conoscenza scientifica, fortemente voluto dall’assessora per contrastare le attività estrattive delle trivelle lungo le coste pugliesi. 

Sul tema l’altra novità riguarda la nota che il presidente Michele Emiliano e l’assessora Maraschio, hanno inviato al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministro della Transizione Ecologica, al Ministro dello Sviluppo Economico, al Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, per chiedere un incontro al Governo, al fine di sottoporre gli esiti del documento redatto dagli scienziati e per valutare le molteplici soluzioni utili a trovare alternative di approvvigionamento energetico molto più convenienti dal punto di vista economico e molto meno invasive sull’ambiente, rispetto all’attività delle trivelle.

“…Sul piano locale, invece, emerge chiaramente come le trivelle provocheranno danni irreparabili all’ecosistema marino, ai cetacei, alle specie commerciali, causando effetti nefasti alle attività pugliesi legate al turismo e alla pesca. Non possiamo permetterlo”. Sono le dichiarazioni di Anna Grazia Maraschio. 

Il dossier redatto dagli esperti della task force entra nello specifico. Un team formato da esperti di fama nazionale: Ferdinando Boero, chair alla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, Vito Felice Uricchio, dirigente dell’Istituto di Ricerca Sulle Acque del Cnr, e Angelo Tursi, professore di Ecologia applicata all’Università di Bari. Di seguito alcuni stralci che evidenziano i danni causati dalle trivelle: 

Per poter effettuare la ricerca di giacimenti di idrocarburi nelle acque, si utilizza in genere la tecnica dell’air gun. Il rumore prodotto è tale da poter influenzare in modo negativo gli apparati acustici dei mammiferi marini (presenti in forma stabile nei mari di Puglia e in particolare nel Golfo di Taranto), protetti da leggi nazionali e internazionali. (…). Un disturbo (sonoro) così intenso e ripetuto potrebbe indurre i cetacei a lasciare le aree di foraggiamento, facendoli spostare in zone meno ricche. Potrebbero anche indurli ad entrare in Adriatico, una vera e propria trappola per esemplari di grande taglia come i capodogli che, una volta entrati in Adriatico, spesso spiaggiano”, si legge nel dossier.

E ancora: “Gli impatti derivanti dai punti precedenti hanno serie ripercussioni sulle popolazioni di specie di interesse commerciale, infrangendo le prescrizioni che hanno la finalità di salvaguardare risorse alimentari rinnovabili che, se impattate oltre certi limiti, possono avere difficoltà a rinnovarsi, con implicazioni negative sulle attività di pesca. L’impatto del rumore intensissimo altera la biodiversità, ha influenza sulle specie commerciali e altera il funzionamento delle reti alimentari, incidendo anche su tutti i livelli intermedi di complessità della biodiversità animale”.