Chi ben incomincia è a metà dell’opera. Un modo di dire conosciuto da tutti, ma un vero e proprio mantra per Roberto Boscaglia. Quando il tecnico di Gela ha firmato per il Foggia, queste parole avranno certamente fatto capolino tra i suoi pensieri. Una sorta di ritorno al passato che gli ha permesso di rivivere tutte le “prime” con le squadre da lui allenate.
Storie che hanno raccontato traguardi e trofei ottenuti, ma soprattutto evidenziato la quasi infallibilità dell’allenatore siciliano al primo anno di gestione. Una buona abitudine che ha iniziato a coltivare sin dall’alba della sua carriera, grazie alle rapide promozioni con l’Alcamo (2006-2007) e la Nissa (2007-2008) in Serie D. Un avvio folgorante, dopo un periodo di assestamento vissuto sulle panchine di Licata, Gela e Agrigento con l’Akragas. Un biennio che lo ha portato ad un settimo e secondo posto tra il 2004 e il 2006 in Eccellenza.
Insomma, i presupposti per una rapida ascesa hanno subito fatto breccia nell’immaginario collettivo dei buoni intenditori. Una sensazione che Boscaglia ha poi confermato con il Trapani: il trampolino definitivo verso il professionismo. Al suo primo anno (2009-2010) è riuscito a rimettere insieme i cocci della stagione precedente (conclusa con una salvezza alla penultima giornata) e lanciare i granata al secondo posto del suo girone ad un solo punto dal Milazzo. Un vero e proprio salto in avanti che ha portato comunque alla promozione in Seconda Divisione (C2), grazie al ripescaggio nell’estate del 2010.
Una cavalcata determinata da un gruppo diventato squadra. Il vero obiettivo di Boscaglia in ogni sua avventura calcistica e che gli ha permesso di scrivere in seguito anche le pagine più belle della società trapanese. Il cui finale è stato riassunto con due semplici, ma inequivocabili parole: campionato cadetto. Il massimo traguardo raggiunto dal Trapani in tutta la sua storia ultracentenaria.
Boscaglia si è quindi dimostrato un vero e proprio ricostruttore. Un’abilità che ha portato a trofei, ma soprattutto a vere e proprie rinascite, come accaduto col Brescia 2015-2016. Una squadra reduce da una retrocessione in Serie C, ma ripescata in seguito al fallimento del Parma caduto dalla Serie A.
Un gruppo che è riuscito a toccare per un momento anche il quinto posto della classifica e a chiudere la stagione all’undicesimo. Un traguardo notevole che ha ulteriormente incastonato il nome di Boscaglia tra i principali profili emergenti del campionato cadetto e più in generale del calcio italiano.
Uno status sicurante non dettato dall’età, ma dalle sue innegabili capacità che lo hanno contraddistinto in tutta la carriera. In tal senso non sono state da meno, le due esperienze successive a Novara (conclusa comunque al 9° posto) e poi di nuovo a Brescia. Un’avventura ripresa appena un anno dopo, ma che ha trovato la parola fine con l’esonero deciso dal presidente Massimo Cellino.
Però Boscaglia non si è arreso ed è subito ripartito. Lo ha fatto a modo suo, ma soprattutto dal campionato che più ha conosciuto: la Serie C. Anche in questa occasione il tecnico di Gela non ha sbagliato il primo colpo. Insieme alla sua Virtus Entella (2018-2019) è riuscito a riconquistare la serie cadetta e a difenderla senza particolari patemi nella stagione seguente. L’ultima alla guida della squadra ligure, prima del passaggio al Palermo neo promosso in Serie C.
L’ennesima sfida di Boscaglia, ma che non ha trovato il terreno e le condizioni giuste affinché germogliasse il suo lavoro: la voglia di ripetere un’altra impresa. Un traguardo che adesso l’allenatore vorrebbe raggiungere all’ombra dello Zaccheria. Una scelta tutt’altro che casuale e ben incastonata nella determinazione che i suoi ragazzi hanno incominciato ad assaggiare nel ritiro di Comporosso. Nella speranza che la “prima” col Foggia sia figlia di una vecchia e cara abitudine.