Zeman, Canonico e il futuro prossimo dei rossoneri

Cari amici,

provo a rassegnarvi delle mie riflessioni su alcune vicende dell’ultima settimana e sui possibili sviluppi.
Come sempre, sono opinioni squisitamente personali che non hanno la pretesa di assurgere a verità rivelate e valgono tanto quanto quelle di chi non le condivide.

Se vi va, ne parliamo lunedì 30 alle 21:00 in trasmissione per La partita dei Mitici


La strana coppia

L’epilogo del rapporto fra Canonico e Zeman, a mio avviso, non poteva essere diverso da quello che è stato visto ciò che è successo per tutto il campionato.

I due hanno vissuto da settembre in poi in un clima di conflitto progressivo e permanente, senza mai lasciar intravvedere spiragli di riconciliazione che andassero oltre le foto farlocche che hanno illuso solo pochi.

Personalmente, ritengo che il punto di rottura fra i due sia stato il caso Curcio.

Canonico impone a Zeman di togliere la fascia di Capitano al fantasista rossonero e il Boemo accetta il diktat dichiarando nel contempo pubblicamente il proprio disaccordo.

– Perché lo ha fatto, allora?
Perché sono un dipendente

Perché lo ha fatto, allora? – fu la domanda posta in coda a una conferenza stampa.

Perché sono un dipendente – la risposta laconica, secca, senza fronzoli.

Alla Zeman.

La storia fra l’imprenditore barese e il tecnico di Praga si è chiusa lì.

Canonico aveva invaso un campo che non competeva a un Presidente e Zeman lo ha daspato.

A vita.

Punto e basta.

Il resto è stato un inutile accanimento terapeutico costellato da reiterati scontri che hanno allargato sempre di più la crepa che si era creata.

Diventa persino inutile, stucchevole, riportare il bilancio di tutte le scaramucce più o meno gravi con cui si è trascinata la convivenza forzata fra i due fino al divorzio liberatorio di qualche giorno fa.

Evito di farlo per non annoiare.


Lotta continua

Da quando è arrivato a Foggia, Canonico è entrato in conflitto con un bel po’ di gente.

Di Zeman ho già detto.

Poi, in ordine più o meno cronologico, ci sono stati ex calciatori, giornalisti, organi d’informazione, soci, abbonati, Direttore Sportivo, vice Presidente e sponsor.

Diversi i livelli dello scontro, i motivi, l’intensità, ma siamo davvero molto oltre qualsiasi precedente esperienza alla guida del club.

Eppure, l’inizio era stato molto diverso.

La scelta di Pavone e Zeman aveva toccato le corde dei sentimenti dei foggiani, scavato nei ricordi del passato, della storia.

Quella stessa “storia” che ha poi rinfacciato maldestramente a fine stagione in uno dei suoi tanti scivoloni comunicativi.

Con la stampa, però, ha cominciato subito, già dalla conferenza di presentazione, quando non era neppure stato ancora formalizzato l’ingresso nella compagine sociale.

per me i giornalisti sono tutti uguali

Nicola Canonico nella circostanza dettò le sue regole spingendosi a dichiarare: – Per me i giornalisti sono tutti uguali – .
La cronaca dei mesi successivi ha poi clamorosamente smentito quel proposito.

Più o meno stessa sorte ha subito il rapporto con la socia, la dott.ssa Pintus.

deve essere risarcita per quel che ha passato

Con lei si è passati dal – deve essere risarcita per quel che ha passato – della prima conferenza, all’accusa di aver rifilato una “sola” sulla reale situazione economica del club all’atto della cessione delle quote, al lasciarla sotto l’acqua e fuori lo stadio in occasione del derby col Bari.

Insomma, non proprio un comportamento risarcitorio.

A gennaio, poi, il fattaccio.

Sconfitta in casa contro il Latina ed esonero per Pavone.

Quale sia il nesso logico fra le due cose è ancora argomento di discussione.

La tesi prevalente rimane quella del tentativo di colpire Zeman in maniera indiretta per portarlo alle dimissioni.

Due giorni di tempo e si rimangia tutto, complici le pressioni della piazza, della squadra, di mediatori ben introdotti e di qualche sponsor di peso.

Qualche giorno fa, infine, si consuma il divorzio con il vice Presidente onorario Masi, esponente di spicco della Fondazione Capitanata per lo sport, seguito a stretto giro da pesanti dichiarazioni sull’operato dell’Ente stesso e dei suoi vertici, accusati fra le altre cose di brigare per allontanare il sostegno degli sponsor.
Qui sono bastate 24 ore per la marcia indietro, con tanto di pubbliche scuse per disinnescare la probabile querela.

Insomma, nell’arco di una stagione Nicola Canonico passa dall’essere stato acclamato come il salvatore della Patria, colui che aveva consentito l’iscrizione della squadra al campionato, l’eroe che aveva riportato a Foggia due leggende come Zeman e Pavone, a diventare un uomo molto isolato, che ha perso ampie fette di consenso fra tifosi, stampa e sponsor.

La guerra contro tutto e tutti logora, stanca, sfibra.

Non è sostenibile all’infinito.

Al termine di questa “lotta continua”, in definitiva, il Presidente si trova a vivere la sindrome dell’accerchiamento in un territorio che gli è sempre più ostile.

Ha cercato di recuperare incontrando gruppi “qualificati” di tifosi a cui ha assicurato di voler allestire una squadra di vertice per il prossimo campionato.

Una mossa importante, certo, che è stata apprezzata dagli interlocutori, ma anche un impegno, una cambiale che non si può non onorare una volta sottoscritta.

In certi ambienti la parola data va mantenuta, pena l’apertura di un altro, ulteriore, fronte di lotta; molto meno gestibile degli altri, però.

E ce ne sarebbero già abbastanza.


Le vie d’uscita

Come venir fuori da questa complicata situazione?

A mio avviso, le strade sono due, alternative fra di loro.

La cessione della società a un soggetto con maggiore esperienza e capacità organizzativa, oltre che un’adeguata capacità finanziaria, o il proseguimento della gestione attuale con un radicale cambio di stile.

Altro non vedo e, francamente, entrambe le soluzioni evidenziano al momento degli altissimi punti di criticità.

La cessione

L’interessamento al Foggia di nuovi investitori disposti a rilevare il controllo della società è reale, ma tarda a concretizzarsi. Vero è che lo stesso successe lo scorso anno con l’annuncio della cessione a Canonico fatto il mercoledì mentre soltanto due giorni prima c’era stato l’incontro a Roma con l’altro possibile acquirente, ma è diversa la catena decisionale.

Un anno fa tutta la Corporate era nelle mani di Maria Assunta Pintus che da sola decideva quando, a quanto e a chi vendere.

Ora i soci sono due, in lite fra loro proprio per la titolarità delle quote.

Non è una situazione irrisolvibile, ma presenta aspetti particolari da valutare per tutelare le parti in causa e questo allunga i tempi.

A mio avviso, inoltre, la fattibilità delle proposte, sempre ammesso che vengano fatte e che siano valutate adeguate dai venditori, non è l’unico elemento per ritenere utile la cessione del controllo della società.

Infatti, se non ci dovesse essere il già citato cambiamento dell’organizzazione aziendale, con uomini d’esperienza nei punti chiave e totale autonomia decisionale dello staff tecnico, il tutto supportato da un impegno finanziario adeguato, non vedo quale miglioramento ci si potrebbe aspettare rispetto alle deludenti gestioni degli ultimi tre anni.

Canonico 2.0

Il Presidente ha sbagliato tanto, direi anche troppo, ma potrebbe essere l’unica alternativa possibile a sé stesso in assenza di proposte.

Per quanto possa essere ritenuta poco lusinghiera una scelta dettata non dal riconoscimento delle attitudini, ma dalla mancanza di scelte, alla fine si potrebbe fare di necessità virtù ed andare avanti con un Canonico 2.0.

Una sfida non facile, sia chiaro, visto che molti dei problemi di quest’anno sono stati causati dal carattere del Presidente, aspetto difficile da modificare, ma che lui potrebbe imporsi di governare meglio.

In un contesto che è diventato significativamente ostile, Canonico dovrebbe provare a recuperare i rapporti compromessi favorendo lui il radicale cambio di organizzazione, uomini e politiche comunicative.

I risultati sportivi, e non solo quelli, non li porteranno mai gli yes-men o i maggiordomi, dentro e fuori l’azienda.

Meglio un gruppo di uomini d’esperienza, con un passato nei club di serie superiori, che degli amici fidati che non saranno mai in grado di evidenziare una scelta sbagliata per il timore di dispiacere al capo.

E lo staff tecnico deve avere una totale, assoluta, insindacabile autonomia.

Il rispetto dei ruoli è indispensabile per ottenere dei risultati.

Insomma, un Canonico 2.0 dovrebbe abbandonare l’autoritarismo e ricercare l’autorevolezza.

Quella che solo i leader hanno.

Il suo approccio comunicativo, poi, è stato disastroso.

È stato l’elemento di totale destabilizzazione dell’ambiente, perché quando ha parlato spesso ha detto le cose sbagliate nei momenti sbagliati.

Se ripeterà gli stessi errori, rifarà gli stessi danni.

In definitiva, se l’attuale Presidente vorrà continuare un percorso a Foggia più o meno lungo è indispensabile che attui un radicale cambio di rotta, perché quella che lo ha portato sugli scogli non lo potrà tirar fuori dalle secche.

Saprà e vorrà farlo?

Non sono in grado di dirlo.

Però, se quest’ultimo scenario dovesse essere quello reale e se ci fosse da parte sua un tentativo onesto, leale, trasparente di ricostruzione del rapporto con gli stakeholder, avremmo tutti l’interesse a collaborare per la sua riuscita.

Il destino prossimo della nostra maglia passa da qui.

4 commenti

  1. Perfettamente d’accordo con quanto scritto.
    Credo sia arrivato il momento di riporre le armi.
    Adesso sarebbe ora di finirla con gli attacchi al patron.
    Potremmo ritrovarci con il cerino acceso in mano…
    Come detto ad oggi alternative non ce ne sono e per l’amore per la nostra squadra dobbiate buon viso a cattivo gioco. Ormai Zeman è passato. Diamo fiducia al presidente e vediamo cosa sarà capace di fare. Poi ci saranno le valutazioni finali e il giudizio di ognuno di noi. Certo che scegliere eventualmente Braglia come mister sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Persona invisa alla piazza che ha ancora la ferita aperta.
    Vedrei bene Colucci, mister bravo e con un carattere accomodante che abbiamo visto risulta assolutamente necessario.
    Mantenere poi l’intelaiatura base della squadra con i ritocchi necessari per il modulo del nuovo mister.
    Vedremo e speriamo bene.
    SFF

  2. Ma davvero qualcuno può credere che Canonico possa, alla sua età, di colpo cambiare carattere? Se rimane presidente della società (ipotesi che ritengo dubbia vista la sentenza che gli impone di pagare alla Pintus quasi 2 milioni di euro) o trova un allenatore yes man, oppure si rischia di retrocedere, non credo che Canonico abbia voglia di investire somme importanti in questa avventura. Ha fatto male i conti quando ha accettato di comprare le quote (che non ha pagato)

  3. Canonico è il Presidente e piaccia o no la società e le scelte sono nelle sue mani. Ai tifosi debbono interessare i programmi e gli obiettivi. Zeman è Zeman e le valutazioni del suo lavoro sono comunque distorte da un affetto che trascende tutto, anche i risultati, anche il gioco ( che quest’anno per la verità ha spesso latitato). Se la società investe si può vincere anche con un altro allenatore capace anche se la serie C è veramente difficile

  4. Condivido pienamente quanto scritto, ma resto scettico sulla parte finale in cui si auspica un presidente diverso rispetto a quanto già visto e fatto. Il cavallo di troia Zeman ha mascherato degli evidenti limiti che, alla lunga, prima o poi sarebbero venuti fuori. Ora ci si deve domandare: è indispensabile vedere un pallone rotolare a costo di inghiottire bocconi amari da qui alla fine oppure si può tranquillamente abbandonare canonico al suo destino ed agevolare la sua dipartita? L’unica solita certezza è che a rimetterci sarà sempre e soltanto il tifoso. Quello vero, quello genuino.

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