Approfondimenti – Carlo Curti Gialdino: “La guerra in Ucraina e i possibili scenari futuri. La risposta tardiva dell’Unione Europea”.

 “I drammatici accadimenti di queste ultime ore con l’aggressione sferrata da Putin nei confronti dell’Ucraina hanno evidenziato la debolezza della politica estera e di difesa comune dell’Unione Europea che si è mossa solo tardivamente, sulla scia di Stati Uniti, Regno Unito e Giapponese. Manca una reale Unione politica e di difesa Europea. Se non ora quando?”.


Ad affermarlo è il professor Carlo Curti Gialdino, vicepresidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale, che è stato professore ordinario di diritto internazionale e dell’Unione Europea e docente di diritto diplomatico e consolare nel Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Abbiamo raccolto telefonicamente la sua analisi della drammatica invasione del territorio ucraino in atto da parte delle truppe russe.


D.  Professore, partiamo dal 2014, dal momento in cui si sono autoproclamate repubbliche indipendenti i territori del Donbass. Putin ha riconosciuto le due repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k poche ore prima dell’avvio delle operazioni militari. Dal punto di vista del diritto internazionale, in base al principio della autodeterminazione dei popoli, queste due repubbliche possono essere considerate legittime?


CCG. ” Secondo il diritto internazionale il principio di autodeterminazione trova applicazione nel caso di dominazione coloniale, straniera o in risposta a segregazione razziale o violazione massiva dei diritti umani. Non mi pare sia questo il caso. Ci troviamo in presenza di un tentativo di secessione dall’Ucraina non consentito dal diritto internazionale.


D. Rimanendo agli avvenimenti del 2014, l’azione militare condotta dai russi in Crimea e il successivo voto referendario che ne sanciva la volontà popolare ad essere annessi, non trova quindi alcuna giustificazione nel diritto internazionale.


CCG. Sicuramente. Il diritto internazionale per ciò che riguarda il rispetto della “sovranità territoriale” di uno Stato è assolutamente conservativo. La Carta delle Nazioni Unite, all’articolo 2 paragrafo 4 impone agli Stati di astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza dirette “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato”. Questo rendeva illegittima l’azione militare condotta da Putin in Crimea al pari dell’autoproclamazione delle due Repubbliche secessioniste del Donbass.


D. Arriviamo alla stretta attualità di questi giorni. Putin ha colto di sorpresa l’Occidente e ha invaso il territorio ucraino, a difesa, a suo dire, delle minoranze di etnia russa.


CCG. In realtà, a mio avviso, si tratta di una operazione militare programmata e pianificata da tempo. Le insofferenze russe partono da parecchi anni addietro, da quando gli ex Stati del Patto di Varsavia (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia, e le ex repubbliche sovietiche di Estonia, Lituania e Lettonia) sono entrate a far parte della NATO. A mio avviso sarebbe stato saggio lasciare alcuni di questi Stati esterni alla NATO, con uno status di neutralità che avrebbe potuto garantire Russia e Stati Uniti e che non avrebbe impedito l’adesione all’Unione europea. In ogni caso, pochi ricordano che un pezzo di Russia è nel cuore dell’UE e della NATO stessa. Mi riferisco a Könisberg città ove nacque e  riposa l’autore del famoso progetto di trattato ” Per la Pace perpetua”, Immanuel Kant.  Questa città storicamente tedesca, divenne sovietica nel 1945 con il nome di Kaliningrad e oggi, paradossalmente, dopo l’evaporazione dell’URSS, è ancora exclave e base russa sul mar Baltico tra Lituania e Polonia. Ciò solo per dire che la Russia mantiene alcune garanzie e prerogative, che ne terzo millennio appaiono abbastanza anacronistiche.
Altra data importante, poi, per comprendere ciò che sta accadendo è il 15 agosto 2021. Quel giorno le truppe americane e della coalizione NATO abbandonarono Kabul sancendo la volontà americana di volersi disimpegnare dai principali scenari di guerra e di crisi internazionale, lasciando quindi campo aperto alla Russia e, in altri ambiti, alla Cina. C’è un filo sottile che lega quella data agli avvenimenti drammatici di questi giorni e probabilmente a quelli futuri.


D. A cosa si riferisce professore?


CCG. Spero di sbagliare, ma mi aspetto che in un prossimo futuro analoga sorte toccherà a Taiwan da sempre nelle mire della Cina.


D. Come evolverà a suo avviso la situazione in Ucraina?


CCG. Penso che Putin voglia ottenere la rimozione del Presidente ucraino Zelenskyy, troppo filo occidentale. Verrà creato un governo fantoccio e l’invito rivolto proprio in queste ore alle forze militare ucraine a rovesciare il legittimo governo di Kiev confermano questo indirizzo. L’auspicio è che nel corso delle operazioni militari in corso non avvengano “incidenti” con le truppe di altri Paesi che comunque operano nelle vicinanze dell’Ucraina. In quel malaugurato caso si aprirebbero scenari davvero incontrollabili.


D. Putin si accontenterà del controllo politico della sola Ucraina o vorrà avere il controllo, politicamente parlando di altri territori dell’ex-URSS?


CCG Difficile dirlo. Sottolineo soltanto un aspetto che può sembrare secondario, ma in queste situazioni nulla è lasciato al caso. Putin nei suoi discorsi di guerra ha alle sue spalle la bandiera della Federazione Russa e quella dei Romanov, con l’aquila bifronte con incastonata l’icona di San Giorgio che uccide il drago. Un riferimento chiaro e diretto alla storia della Russia zarista.


D. Un’ultima domanda, professore: come valuta il ruolo dell’Europa in questa crisi e l’azione del governo Draghi?


CCG. Per quanto riguarda l’Unione europea occorre premettere che, a trent’anni dal trattato di Maastricht, essa sconta ancora un nanismo in tema di politica estera e di difesa comuni, mentre protagonisti rimangono gli Stati membri. Abbiamo così visto una processione di capi di Stato e di Governo e di ministri degli Esteri a Mosca ma non c’è stata una visita congiunta del presidente del Consiglio europeo Michel e della presidente della Commissione europea von der Leyen. 
Inoltre, la sottovalutazione del rischio di un’aggressione militare è stata notevole e gli avvertimenti che provenivano dall’intelligence di Washington non sono stati presi sul serio. 
Dopo l’inizio del conflitto si è cercato di raddrizzare il tiro con la riunione straordinaria del Consiglio europeo e la decisone di adottare misure sanzionatorie incisive di carattere economico-finanziario, che saranno finalizzate oggi dal Consiglio Affari esteri riunito in videoconferenza, insieme al dispiegamento del meccanismo europeo di protezione civile. 
Nel frattempo si apprende che gli Stati membri in modo coordinato stanno inviando armi “difensive” all’Ucraina.
La iniziale prudenza del governo Draghi è giustificata dalla importante dipendenza energetica italiana dal gas russo. La decisione di riattivare le centrali a carbone non è infatti operazione immediata, tanto più in una maggioranza in cui c’è chi della transizione ecologica ha fatto una bandiera elettoralistica e parlare di energia nucleare pulita pare una eresia, dopo i referendum del 1987 e del 2011.
Ma lo scenario è rapidamente cambiato: con l’aggressione russa a Kiev  si è passati, nel cuore dell’Europa, dalla guerra fredda a quella calda e occorrono scelte coraggiose. Lo sterile pacifismo che ho visto riapparire mi sembra fuori luogo fin quando saremo attorniati da regimi antidemocratici a guida personale.
Un’ultima considerazione: se non ora, quando per una reale Unione politica e di difesa? Ristudiamo ed aggiorniamo  il trattato CED del 1952 e il progetto di trattato sulla Comunità politica europea del 1953.
  • Carlo Curti Gialdino è vicepresidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale. È stato professore ordinario di diritto internazionale e dell’Unione Europea e docente di diritto diplomatico e consolare nel Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”. È stato membro della delegazione dell’Italia al Consiglio superiore dell’Istituto Universitario Europeo (2003-2013), consulente per il diritto internazionale delle acque non marittime del Servizio di legislazione della Fao (1972-1982), referendario della Corte di giustizia delle Comunità europee (1982-2000), capo di gabinetto del ministro per le Pari opportunità nel 2001, consigliere giuridico dei ministri per le Politiche comunitarie (2000-2005), consigliere giuridico e vicecapo di gabinetto del ministro per il Turismo (2009-2011). Dal 2002 al 2005 è stato anche amministratore unico del Centro nazionale di informazione e documentazione europea.