1968/69, il terzo posto in Coppa Italia

Nell’edizione della Coppa Italia 1968/69 i Satanelli di Tommaso Maestrelli  eliminarono Fiorentina, Pisa, Bari e Napoli e arrivarono alla fase finale del mini torneo a quattro che prevedeva incontri di andata e ritorno fra Foggia, Roma, Cagliari e Torino. 

La prima partita si disputò il 30 aprile 1969: i rossoneri  giocarono a Torino, dove sfiorarono il colpaccio.  In doppio vantaggio nel primo tempo con Nuti e Camozzi si fecero raggiungere. Nel secondo impegno, questa volta allo Zaccheria, i foggiani fecero tremare il Cagliari di Scopigno. Passarono  in vantaggio con Garzelli, che poi si vide annullare una seconda rete, con un bolide che finì sotto la traversa e tornò in campo. L’arbitro prima convalidò, ma poi consultandosi con il guardalinee cambiò la sua decisione. Il fatto non scoraggiò i Satanelli che continuarono ad attaccare, ma furono fermati da due traverse e dalle grandi parate di Albertosi. Il Cagliari che l’anno dopo avrebbe vinto il suo storico scudetto, reagì con veemenza e a quattro minuti dalla fine raggiunse il pari con un colpo di testa di Riva. Brusco stop nella terza gara, a Roma, dove il Foggia subì un netto k.o. (3-0). Gli incontri di ritorno iniziarono il 19 giugno 1969 con la sfida interna contro i granata di Edmondo Fabbri: finì con lo stesso punteggio dell’andata (2-2). Questa volta andò in vantaggio il Torino per 2-0 (gol di Poletti su rigore e Facchin) e fu raggiunto dalle reti di Nocera e Majoli. Il bomber foggiano segnò con una fucilata di sinistro dal centro dell’area, su passaggio di Fumagalli. Fu il suo ultimo gol con l’amata casacca rossonera allo Zaccheria. La gara che fece tornare in lizza gli uomini di Maestrelli per la conquista della Coppa Italia fu quella di Cagliari, dove il Foggia  vinse  3-2 in una scoppiettante alternanza di reti: Riva, Camozzi (rigore) Rolla, Boninsegna (rigore) e decisiva segnatura di Saltutti a 3’ dal termine. L’ultimo e decisivo match del mini-torneo di Coppa fu Foggia-Roma e si giocò il 29 giugno 1969. Prima della sfida decisiva, la classifica del girone era la seguente: Roma 7 punti, Cagliari 6, Foggia 5 e Torino 4. Alla formazione di Herrera sarebbe bastato un pareggio per aggiudicarsi il trofeo, mentre per i rossoneri era indispensabile la vittoria per poi disputare uno spareggio con i giallorossi che già si ipotizzò di giocare a Napoli. La partita fu trasmessa in diretta da mamma Rai sul secondo canale, con la telecronaca di Nando Martellini.  L’undici dauno partì alla garibaldina, sotto la formidabile spinta del pubblico. Dopo quattro minuti ebbe l’occasione buona per passare in vantaggio con Camozzi che però tirò fuori per troppa precipitazione. Tre minuti più tardi il Foggia fallì un’altra occasione per segnare, questa volta con Nocera che tirò alle stelle. Alla prima azione, in contropiede, al 14’ arrivò la doccia fredda della rete romanista di Capello, che sorprese il portiere Trentini con una conclusione non irresistibile da fuori area. La squadra di Maestrelli reagì immediatamente con una bordata di Camozzi su punizione, deviata in angolo da Ginulfi e un doppio tentativo di Rolla e Saltutti sventato miracolosamente di nuovo dal portiere giallorosso. Nocera fu duramente contrastato per tutto l’incontro da Santarini e Cappelli e dopo l’ennesimo intervento falloso dei difensori romanisti, protestò vivacemente. Herrera dalla panchina reagì  nei suoi confronti e ci fu un battibecco tra i due: il Mago si agitò molto, si alzò di continuo, urlò contro l’attaccante napoletano e indispettì il pubblico. L’arbitro Angonese gli permise tutto ciò senza neanche un rimprovero verbale e provocò la reazione dei tifosi locali. Oltre    agli insulti, dalla tribuna volò di tutto verso l’allenatore argentino, anche una scarpa. Nella ripresa ci fu il raddoppio giallorosso: su un tiro-cross di D’Amato, la palla sfuggì a Trentini che stranamente si fermò. Capello che notoriamente non era un mostro di velocità, fu più lesto del portiere ad arrivare sulla sfera e insaccò. Ci furono vivacissime proteste degli uomini di Maestrelli per un presunto fallo sul portiere, ma l’arbitro convalidò senza esitazioni. Il terzo gol, che chiuse in pratica l’attesa sfida, lo inventò Peirò: si spostò sulla sinistra e tutti si aspettavano il cross, calciò da fermo, a giro. Il tiro, carico di effetto, rimbalzò sul palo opposto ed entrò in porta con Trentini sorpreso. Fu davvero una rete molto bella, sottolineata sportivamente dagli applausi del pubblico.   Per i rossoneri segnò Saltutti a un quarto d’ora dalla fine con una stoccata al volo su cross di Garzelli. Nel finale il portiere romanista Ginulfi, con una prodezza, negò a Nocera   la gioia del gol del 3-2 che avrebbe rimesso in discussione il risultato. Quel giorno i foggiani giocarono con Trentini, Fumagalli, Dalle Vedove, Pirazzini, Teneggi, Camozzi (dal 79’ Pavone), Saltutti, Garzelli, Nocera, Majoli, Rolla.  La Roma schierò: Ginulfi, Carpenetti, Bet, Spinosi, Cappelli, Santarini, Scaratti, Peirò, D’Amato, Capello, Salvori (dal 74’Giudo).  

L’allenatore del Foggia ammise la superiorità dei giallorossi, ma espresse il  rammarico per le due occasioni mancate dai suoi in apertura.  Anche i sostenitori dauni riconobbero i meriti dei romanisti applaudendoli a fine gara, anche se recriminarono per le incertezze decisive di Trentini sulle azioni dei gol. Negli spogliatoi Herrera fu molto felice della vittoria che, tra l’altro, durante l’estate aveva profetizzato per riportare la Roma sulle scene europee. Disse: “Ringrazio i miei giocatori, i dirigenti, la stampa e …il pubblico foggiano che mi ha lanciato anche una scarpa. Ma io calzo il 43 e non mi è servita…”.   Unica nota stonata del pomeriggio: non ci fu la cerimonia di premiazione con la consegna della Coppa  Italia nelle mani del capitano romanista Peirò.  Gli spettatori attesero invano che qualcuno sbucasse dalla tribuna con la Coppa. Vennero meno una tradizione e una soddisfazione per i vincitori che, al termine della loro fatica, non potettero esultare alzando al cielo il trofeo.  I tifosi romanisti, ma anche i locali rimasero delusi per non aver potuto ammirare la Coppa sul rettangolo dello Zaccheria.  I dirigenti della Federcalcio fecero la scelta di lasciare a Roma il trofeo, anche se in caso di pareggio o successo dei giallorossi avrebbero potuto consegnarlo subito. Forse perché se i Satanelli avessero vinto, sarebbe stata necessaria la “bella”. Ci furono probabilmente problemi logistici o assicurativi se la Coppa non fu portata in Puglia. Il trofeo fu consegnato ai giallorossi nella Capitale un paio di giorni dopo.   Per Maestrelli e i suoi uomini fu una stagione lunga e pesante: ai 38 turni del campionato cadetto si aggiunsero gli 11 impegni di Coppa Italia. 49 partite, troppe per chiunque: in quell’interminabile susseguirsi di incontri i rossoneri mostrarono sempre una grande preparazione atletica, battendosi con commovente volontà e ardore agonistico.