Durante l’estate del 1965 lo stadio Zaccheria si rifece il look con la realizzazione del manto erboso. Il Foggia dopo aver disputato il campionato d’esordio in serie A sul campo in terra battuta, nel torneo successivo giocò per la prima volta sull’erba di casa.
In verità, subito dopo la promozione in serie A, il Comune di Foggia, nel progetto di ampliamento dello stadio, aveva previsto anche il terreno in erba. Si sacrificò la pista di atletica leggera costruendo due nuove curve e la gradinata in tubi Innocenti e tavoloni in legno. La massima serie imponeva un impianto all’altezza, a cominciare dal tappeto erboso. All’idea si oppose decisamente l’allenatore del Foggia, Oronzo Pugliese, che convinse il presidente Domenico Rosa Rosa ed il Comune a soprassedere. Il campo in terra battuta sarebbe stato un vantaggio per il Foggia che ne conosceva pregi e difetti. Ebbe ragione Pugliese perché il Foggia in casa ebbe un ottimo rendimento e diversi avversari si trovarono a disagio sul campo privo di erba.
La novità del terreno erboso era attesa con curiosità ed impazienza. Durante l’estate, dopo il periodo della semina, molti tifosi e curiosi seguivano giorno per giorno la nascita dei primi ciuffi d’erba. Io ero fra i tanti ragazzini innamorati dei colori rossoneri: ogni giorno salivo di corsa le scalette della tribuna centrale per ammirare il nuovo manto erboso. Fu un impatto suggestivo: il verde appena accennato divenne di un intenso colore smeraldo che riempì i nostri occhi sognanti. I miei amici ed io eravamo come rapiti dalla grande e bella novità. Il desiderio di correre, con il pallone tra i piedi, su quel grande prato verde era forte: l’erba scintillante faceva galoppare la nostra fantasia.
L’esordio del Foggia sul nuovo terreno erboso avvenne alla terza giornata d’andata, il 19 settembre 1965 in Foggia-Bologna, con vittoria dei Satanelli per 2-0. Il primo gol sul nuovo campo lo mise a segno uno che con l’erba aveva confidenza: Capra. Battuta a parte, Bruno Capra, era un signor giocatore. Terzino titolare nel Bologna campione d’Italia 63/64, divenne famoso perché giocò con la maglia numero 11, al posto dell’infortunato Pascutti, nell’incontro decisivo di Roma del 7 giugno 1964 contro l’Inter, vinto 2-0. Quello che rimane tuttora l’unico titolo di campione d’Italia assegnato con uno spareggio, al termine di un torneo pieno di veleni e misteri. L’utilizzo di Capra fu la mossa vincente dell’allenatore bolognese Fulvio Bernardini, perché il giocatore annullò Corso, fonte del gioco interista. Per la cronaca, in quel Foggia-Bologna, l’altro gol per i Satanelli lo segnò Lazzotti. L’undici di Egizio Rubino si schierò con Moschioni, Capra, Valadè, Bettoni, Rinaldi, Tagliavini, Erminio Favalli, Micheli, Nocera, Lazzotti, Maioli. Il Bologna di Scopigno giocò invece con Negri, Furlanis, Micelli, Tumburus, Janich, Fogli, Vastola, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti.
Bruno Capra arrivò in Puglia dal Bologna insieme ad un conguaglio nella stagione 65/66, nell’operazione di cessione di Micelli ai felsinei. Rimase in rossonero per quattro stagioni e fu quello contro la sua ex squadra l’unico gol in rossonero. Disputò due campionati in serie A ed altrettanti di B. Tornato a Bologna e conclusa la carriera da calciatore, lavorò per anni come infermiere all’Ospedale di Bologna, per poi scegliere una vita riservata, senza uscite pubbliche, tanto da non essere presente neanche alla festa di celebrazione del 50° anniversario dello scudetto del Bologna, svoltasi nel giugno del 2014.