Frengo e Stop, Zeman e il Foggia

“Al 14° del primo tempo… al 14° del primo tempo…, tiro, palo, doppio tiro, doppio palo, gool, gool di Di Biagio.   Foggia 1 Lazio 0.

Chi non ricorda la fredda cronaca di Antonio Albanese, nei panni di Frengo e Stop, ai tempi di Zemanlandia, nella fortunata trasmissione televisiva “Mai dire gol”?

Molte frasi ed espressioni di Frengo sono entrate  nel linguaggio comune fra gli appassionati di calcio grazie ai divertenti commenti del surreale telecronista-ballerino. Dall’infallibile schema zemaniano ”da do a dà e da dà a do”, ai tanti gol foggiani descritti al ritmo di mazz’t, doppie mazz’t e mazz’t again, passando per tutte le sfumature filosofiche del why e del because e dalla triologia dell’amore: gol-gol-gol.

Non tutti sanno però come nacque il personaggio di Frengo, il telecronista super tifoso del Foggia e di Zeman.  Alla fine dell’estate del 1993, il trio della Gialappa’s Band (Carlo Taranto, Giorgio Gherarducci e Marco Santin) autori e conduttori  fuori campo della   trasmissione   cercavano  un nuovo personaggio del mondo del calcio da fare  interpretare ad Antonio Albanese. L’attore lombardo ma di origini siciliane confessò subito di non essersi mai interessato di calcio e quel mondo gli era estraneo. Gli autori gli imposero pertanto una full immersion di giornali sportivi e di seguire tutte le trasmissioni televisive che parlavano di calcio.

L’attore brianzolo si mise al lavoro per rincorrere l’idea giusta da proporre. Durante un “90° minuto” rimase folgorato da un’intervista a Zeman, allenatore dei Satanelli foggiani. A una domanda sui motivi della sconfitta della sua squadra, il boemo, con tono disincantato, disse che gli avversari avevano segnato un gol e i suoi giocatori no. Un mito! Si innamorò del personaggio. Era proprio quello che ci voleva per stemperare i toni, spesso molto alti, del mondo pallonaro e ridimensionare chi si prendeva troppo sul serio. Cominciò a studiare il personaggio Zeman e si fiondò immediatamente a Foggia per conoscere allenatore, calciatori ed ambiente. Insieme al foggiano Nicola Rignanese, compagno di corso alla Scuola d’arte drammatica “Paolo Grassi” di Milano, Albanese si diresse verso il tempio di Zemanlandia: lo stadio “Pino Zaccheria”.

Nella periferia foggiana i due attori chiesero indicazioni per raggiungere lo stadio. Fermarono un passante, un ometto basso e  tarchiato che rispose, in stretto dialetto foggiano: “Ando’ st’c u stadij? Pigghj’ a cumplan’r, no a prima asciut, no a second’ asciut, a terza, a destra st’c l’autoscuola Autopuglia, di front st’c u’ stadj’!”.(Dove sta lo stadio? Prendi la complanare, non la prima uscita, non la seconda uscita, la terza, a destra c’è l’autoscuola Autopuglia. Di fronte c’è lo stadio). Albanese rimase entusiasta dell’efficace ed incisivo slang foggiano. Chiese a Rignanese di ripetere la domanda per ascoltare nuovamente la divertente cadenza… Disse: ”Ma questo non è dialetto, è blues…”

Era fatta! Con il travolgente dialetto foggiano,  condito  da espressioni suggerite da Rignanese e da esilaranti gag, Albanese creò la figura del surreale corrispondente da Foggia: Frengo e Stop. Il suo eccentrico look bucava lo schermo: un riporto prepotente e selvaggio tentava di nascondere un’avanzata calvizie. Si muoveva a scatti e chiedeva allo studio continue approvazioni sulle sue performance da sfrenato ballerino. In caso di vittoria dei Satanelli entrava in frac nero, punteggiato di pailletes e si scatenava  ballando sui ritmi di “I fell good” di James Brown. La cronaca dei trionfi rossoneri si intrecciava con i racconti dei viaggi surreali dei suoi bizzarri amici e i dialoghi immaginari tra calciatori. Parlava anche di improbabili gare di karaoke durante l’intervallo, organizzate da Zeman. Il tecnico boemo era sempre al centro dei commenti di Frengo che lo chiamava affettuosamente in tanti modi: Simpatia Zeman, Spiritosaggine Zeman, Loquacità Zeman, Logorrea Zeman, Dinamismo Zeman. Quando il Foggia perdeva, il collegamento si complicava molto. Frengo appariva distrutto, assente e con il capo chino. Lunghi silenzi accompagnavano il suo incedere sofferente: avanti e  indietro con un gigantesco crocefisso sulle spalle. Non rispondeva alle domande dallo studio, esasperando le conseguenze della sconfitta dei rossoneri.

Il personaggio proposto da Albanese incontrò i consensi di critica e pubblico ed i tormentoni di Frengo diventarono  patrimonio degli  appassionati di calcio.  Per suggellare il grande successo e prima di pensionare il personaggio dalla trasmissione tv, il 22 maggio 1994, proprio alla fine dell’avventura foggiana del boemo, quasi come un omaggio alla città, Albanese presentò il suo spettacolo “Uomo”, al Campo degli Ulivi di Foggia, al quartiere Cep, davanti a seimila fan in delirio.

L’attore lombardo propose i suoi spassosi e storici personaggi: il tenero e timido Epifanio con il suo strettissimo cappottino a scacchi e l’aggressivo Alex Drastico che parlava delle sue avventure milanesi. Alla fine, arrivò saltellando e ballando  Frengo e Stop, ripetendo gli slogan lanciati in “Mai dire gol”. Parlò della travagliata storia d’amore con la fidanzata Nirvana e dei viaggi avventurosi con l’amico Frensis. Il regalo più grosso Albanese lo fece in conclusione, quando chiamò sul palco, uno per volta, i giocatori del Foggia. Alla fine arrivò la clamorosa sorpresa: Frengo convinse il suo idolo, Simpatia Zeman, a entrare sul palco in ginocchio, sul forsennato ritmo di “I feel good”. Il boemo fu accolto da un boato, come ad un gol del Foggia. La gente non credeva ai propri  occhi: l’uomo di Praga, abbandonando il suo abituale aplomb, si trasformò in uno scatenato ballerino di blues, scambiando battute in dialetto foggiano con Albanese e regalando ai tifosi rossoneri una indimenticabile serata di puro divertimento.

L’amicizia tra Albanese e Zeman proseguì anche dopo la fine della stagione foggiana di Zemanlandia. L’attore, primo fan dell’allenatore, divenne tifoso della Lazio prima e della Roma poi e via via delle altre squadre guidate dal boemo. Memorabile fu la “Ode a Zeman”, trasmessa dalla Rai,  una gag tra i due in cui Frengo si esibì in un esilarante monologo, inneggiando all’allenatore che rimase muto ed impassibile, avvolto nella nuvola di fumo della sua inseparabile sigaretta.