La prima di campionato ha visto il Foggia di Zeman incontrare il Monterosi Tuscia, neopromossa, all’Enrico Rocchi di Viterbo. Dopo un’anno e mezzo era finalmente possibile tornare ad assistere ad una partita dagli spalti dello stadio e l’esordio del Foggia di Zeman meritava di essere vissuto in presenza. La trasferta di Viterbo per chi come me vive in Toscana era quella più vicina (meglio sarebbe dire meno lontana visti gli oltre 300 km comunque da affrontare) e quindi non potevo mancare a questo appuntamento.
Finalmente si tornava a organizzare la trasferta, a viaggiare, incontrare gli amici, urlare e tifare a squarciagola sui gradoni i cori per i nostri ragazzi.
Aldo da Spezia è passato a prendermi a Pisa e sulla strada, a Valdichiana abbiamo preso con noi anche Michele e Federico.
Finalmente si torna a parlare di calcio, di Zeman, dei nuovi acquisti, di possibili formazioni, del Foggia che sarà e inevitabilmente di quello del passato, ricordando le tante trasferte già vissute sui campi di tutta Italia. Aldo ci racconta quella epica a Cosenza, io dell’esordio rossonero, tanti anni fa, a San Siro in Serie A con il boemo in panchina, e il viaggio scorre via che è un piacere e ci ritroviamo alle 17.30 già a Viterbo con ampio anticipo rispetto alla tabella di marcia che avevamo ipotizzato. L’ansia e la voglia di “esserci” ci ha fatto partire prima del previsto e il traffico scorrevole ci ha aiutato nell’arrivare senza intoppi nella città dei Papi. Seguiamo le indicazioni per lo stadio “settore ospiti” (poche e non chiare) e chiediamo ai primi vigili che incontriamo di indicarci la zona riservata ai tifosi della squadra ospite.
“Ma siete del Monterosi, vero?” ci chiede il vigile. “No, del Foggia, del Foggia” rispondiamo in coro esibendo sciarpa e maglietta che rigorosamente indossiamo. In realtà anche il Monterosi è “ospite” sul campo del Viterbo e quindi il vigile, quasi sorpreso nel vedere arrivare tifosi del Foggia. Si collega con la centrale per capire dove fosse stata prevista la sosta dei mezzi degli ospiti “ma quelli del Foggia, non quelli del Monterosi”, precisa alla centrale e dopo un lungo conciliabolo con i suoi superiori, che ovviamente commentiamo fra noi “… Mo accummenz a partit, fa subbt,”, “… e vedè quanti altri ne arrivano”, finalmente arriva la sospirata, preziosa, indicazione, “seguite per porta Fault, appena vedete la porta medievale, girate a sinistra e lì è predisposto il parcheggio per ospiti del Foggia”.
“Grazie mille” e il navigatore ci conduce alla ricerca dell’antica porta medioevale. “Eccola, finalmente”, la stradina a sinistra, stretta e leggermente in salita che la costeggia è il “parcheggio” a noi riservato.
Siamo i primi ad essere arrivati, sono solo 18,00 e scegliamo il posto leggermente più ampio della strada dove parcheggiare l’auto, perchè sappiamo che sarebbero arrivati i pullman da Foggia e la strada è davvero molto stretta. Iniziano le telefonate con le altre auto di tifosi in arrivo, “mettete sul navigatore Porta Fault” consigliamo a tutti e nel giro di mezz’ora la stradina inizia a riempirsi di macchine rossonere. Arrivano Max, Pierino con Patrizia, Lino, Walter…. saluti di gomito come le norme covid ancora impongono, e il piacere di ritrovarsi finalmente di persona.
Flora e Francesco ci aspettano davanti alla tribuna per una intervista pre-partita, ma i poliziotti non ci consentono di andare oltre la zona delimitata per gli ospiti. Pazienza!
Non ci resta che ingannare il tempo che ci separa dall’inizio della partita dando fondo alle provviste alimentari che si siamo portati. Apriamo il cofano dell’auto e sforniamo le torte salate di Aldo (ottime), la mortadella tartufata che arriva da Buti, il salame e pecorino della Valdichiana portati da Michele insieme ad un chianti Doc che produce nella sua azienda a Rapolano che è assolutamente da assaggiare, un chianti classico con l’anima foggiana, davvero spettacolare. Qualche birra, un Primitivo e il piacere di condividere tutto con gli amici che via via arrivano e si fermano a salutarci.
Che bello, che emozione. E’ quasi l’ora ci incamminiamo verso lo stadio che dista qualche centinaio di metri. Biglietto, green pass, documento e finalmente si rivede un manto erboso e una curva. La squadra è già impegnata nei rituali esercizi di riscaldamento, noi saliamo in cima alla curva sud. Quella nord è invece desolatamente vuota e i sostenitori del Monterosi (credo non più di centocinquanta) sono tutti in tribuna lato nord. Arriva il primo pullman da Foggia, il secondo ha avuto un guasto tecnico e arriverà (si spera) più tardi.
Sul display che costeggia il lato lungo del campo, appare la scritta Zdenek Zeman in onore al boemo (in realtà con una “e” di troppo, ma va bene lo stesso).
Foggia con la maglietta bianca (diversa da quelle presenta qualche giorno fa) e finalmente si parte. Subito due occasioni per noi con Maselli e poi con Ferrante ci fanno ben sperare, ma invece la partita non decolla. Anche il tifo della nostra curva non decolla perché si aspetta l’arrivo dell’altro pullman con il suo carico di tamburi, megafoni e striscioni delle curve e dei gruppi organizzati. Arrivano quasi a pochi minuti dalla fine del primo tempo. La curva si riempie, siamo quasi trecento, Nonno Ciccio presente come sempre, e lo spettacolo ha inizio. Non quello del campo, scialbo e poco incisivo per tutta la partita, ma quello del nostro tifo. Credo che l’urlo “Foggia vinci per noi” ripetuto e cadenzato dal ritmo dei tamburi, amplificato dall’eco che si creava nel silenzio dello stadio, sia risuonato per l’intera Tuscia. Brividi!
Il secondo tempo giochiamo meglio del primo, con maggiore incisività, cercando il gol che però non arriva. M piace pensare che questa maggiore determinazione mostrata dalla squadra sia dipesa anche dal nosto, incessante, incoraggiamento.
Abbiamo dato fondo a tutto il repertorio di canti e cori e sono sicuro che gli amici del Monterosi ricorderanno a lungo la nostra gioiosa presenza.
La partita è andata come è andata. Speravamo meglio, ma lo sappiamo che con le squadre di Zeman all’inizio bisogna avere pazienza. Ne abbiamo avuta tanta per tanti, troppi anni, figuriamoci se non possiamo pazientare ancora qualche settimana prima di poter godere del gioco voluto dal boemo, che, a sprazzi già si intravede, così come alcune individualità interessanti.
La partita termina a reti inviolate, la squadra viene a salutarci sotto la curva raccogliendo il nostro applauso ed incitamento. Oggi il risultato importava poco. L’importante era ritrovarsi sui gradoni, insieme, a cantare e a saltare e lo abbiamo fatto alla grande.
“Aprite le porte che passano, aprite le porte che passano i rossoner”. Finalmente!