Green Pass e libertà individuale

In questi giorni si sono svolte in numerose piazze italiane molte manifestazioni contro l’utilizzo della certificazione verde Covid-19, comunemente definito Green Pass. Dal prossimo 6 agosto tutti i cittadini dai 12 anni in su, dovranno esibire il Green Pass in formato cartaceo o digitale per poter avere una vita sociale normale, fermo restando l’obbligatorietà di alcuni comportamenti da mantenere, primo fra tutti l’uso della mascherina nei luoghi affollati. La certificazione verde COVID-19 (vedi qui il decreto del Governo) viene rilasciata dopo la somministrazione della prima dose di vaccino e ha validità dal quindicesimo giorno successivo fino alla data prevista per la somministrazione della seconda dose (nel caso di vaccino a doppia dose). La certificazione verde ha in ogni caso una validità di nove mesi dal completamento del ciclo vaccinale.

Le reazioni all’introduzione di questo documento vaccinale sono state duplici ed opposte: da un lato, come dicevamo, le manifestazioni di piazza, che hanno visto molti oppositori ritrovarsi al grido di “Libertà, Libertà”, dall’altro si è registrato un aumento significativo delle prenotazioni per ottenere la dose di vaccino e quindi il certificato verde, soprattutto tra i giovani.

Le posizioni di coloro che hanno partecipato alle manifestazioni sono state diverse nei contenuti. In prima fila i no-vax con le loro teorie complottiste, che nascono e si alimentano soprattutto grazie al web, e che puntano il dito contro presunti “poteri occulti” che muovono le fila del mondo e che sono la spiegazione a tutto ciò che di inspiegabile o nefasto accade: la povertà, le guerre, l’attentato alle Torri Gemelle, gli Ufo etc.. La pandemia e la conseguente campagna vaccinale hanno favorito il nascere di contorte trame complottiste che raccontano di piani di sterminio dell’umanità, di inserimento di microchip per un controllo orwelliano del mondo, della sostituzione (da parte di chi? a quale scopo?) dell’intera razza umana etc..

Altri, più correttamente, hanno posto questioni di tipo giuridico e ritengono necessario che un provvedimento che comunque incide sulle libertà individuali debba essere discusso ed approvato in Parlamento, altri ancora si appellano al Garante della privacy, per vigilare sul trattamento dei dati sensibili.

Interessante, a mio avviso è il dibattito sul versante etico che si è aperto, in Francia nelle scorse settimane, dove il confronto sul Green pass è partito molto prima che in Italia.   

In un articolo apparso su Libération alcuni mesi fa Emmanuel Hirsch, docente di bioetica all’università Paris-Saclay, ha parlato di «moralismo vaccinale» che porterà a distinguere i vaccinati da quelli che non lo sono: “Erigere la vaccinazione a un merito che permetterebbe di autorizzare ciò che sarebbe vietato agli altri, non è eticamente accettabile senza un dibattito” – ha affermato Hirsch. “In questo modo si verrebbe a creare una distinzione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, considerati troppo fragili o pericolosi, questi ultimi, per partecipare a pieno titolo alla vita sociale.  Il pass sanitario – continua Hirsch – determina il diritto a una vita normale come ricompensa per una scelta individuale ritenuta responsabile. Ma tutto questo ragionamento sarebbe legittimo e sostenibile in una condizione di sostanziale equità, mentre non si possono ignorare le disparità esistenti nell’accesso alle cure. Si creerebbe, a quel punto, una sorta di «comunità sanitaria», dalla quale verrebbero esclusi non solo coloro che non vogliono vaccinarsi, ma anche coloro che non possono farlo” ha concluso il professore di bioetica.

Emmanuel Hirsch

In buona sostanza esistono delle disuguaglianze tra territori, generazioni e classi sociali che il pass sanitario rischia di accentuare. Indubbiamente alcuni territori, in Italia le Regioni, sono più avanti di altre in termini di vaccinazioni effettuate e alcune classi di età, quelle più anziane, hanno beneficiato della priorità nella vaccinazione. I giovani rischiano di essere esclusi, anche se temporaneamente, al loro il diritto di libero accesso a ristoranti o altri luoghi di svago, e questo pone dei problemi di tipo etico. Altrettanto discriminate da questo provvedimento potrebbero risultare le persone già emarginate e vulnerabili che hanno meno opportunità di accedere al vaccino.

Insomma anche di fronte al Covid non siamo tutti uguali e anzi le differenze sembrano acuirsi.

A queste osservazioni il filosofo della scienza alla Sorbonne Cedric Paternotte, in un articolo apparso sulla rivista web Hypotheses, ha opposto altrettante considerazioni.

Occorre analizzare in che modo si pongono tra loro i concetti di libertà e di salute, se esiste un rapporto gerarchico di superiorità o di inferiorità che lega i due concetti. Ad esempio – ha continuato Paternotte – se si optasse per evitare forme di restrizione della libertà, si potrebbe determinare una situazione sanitaria incontrollabile, che imporrebbe alle Istituzioni di predisporre restrizioni ancora più severe. Sulla base di questo ragionamento, se moltissime persone rifiutassero il vaccino o le restrizioni in nome della libertà soggettiva, probabilmente verrebbero di nuovo attivate restrizioni pesanti a quella stessa libertà, come ad esempio un nuovo lockdown”.

In pratica nella situazione di emergenza sanitaria in cui ci troviamo il ricorso al Green pass potrebbe essere la strategia meno restrittiva in termini di libertà e quindi il male minore in termini di garanzia delle libertà individuali.

D’altra parte – ha ricordato il professore della Sorbonne – scegliere di vivere in una società, l’aver fatto cioè un patto sociale, implica già diverse limitazioni alle libertà personali. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, il testo giuridico elaborato nel corso della Rivoluzione francese, all’articolo 4 dice: «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti»”.

La salute è un bene comune e di conseguenza – seguendo il discorso di Paternotte – l’essere vaccinati contro il Covid-19, rappresenta un dovere proprio come ne esistono molti altri. Anche quella che può sembrare una scelta esclusivamente individuale (non mi vaccino e non ottengo il Green Pass) ha comunque ripercussioni di tipo generale.

La storia della sanità pubblica è fatta di misure collettive, finalizzate all’interesse generale e talvolta restrittive delle libertà individuali.

Facciamo un esempio che ha molte analogie con l’attuale situazione che stiamo vivendo: se non mi allaccio la cintura e faccio un incidente, la mia azione apparentemente individuale, coinvolgerà comunque le persone che dovranno prendersi cura di me, e gli ospedali. Quando venne introdotto, l’obbligo della cintura di sicurezza venne considerato da molti come una restrizione ingiustificata alle libertà individuali. I detrattori della cintura parlarono delle lesioni, peraltro occasionali e non gravi, che il suo uso poteva provocare. I dati nel tempo, hanno dimostrato una indubbia riduzione dei morti negli incidenti stradali e indossare le cinture di sicurezza è ampiamente giustificato dai sostanziali vantaggi che la comunità ne ha ottenuto a fronte di bassissimi rischi.

Per quanto riguarda le vaccinazioni, la comunità scientifica è concorde nell’affermare che  i rischi che comportano sono inferiori rispetto alle conseguenze provocate dalle malattie infettive dalle quali i vaccini offrono protezione e questo vale anche nel caso dei vaccini contro l’attuale pandemia.

Sicuramente nel discorso di Hirsch sono da tenere in grande considerazione le osservazioni relative alla necessità di promuovere un adeguato dibattito sul tema dei vaccini, sia a livello Istituzionale che di società civile, affinché i provvedimenti restrittivi che ne conseguono siano condivisi e non imposti per decreto. Ma il fattore tempo, che in periodo di pandemia significa vite umane salvate o comunque sottratte alla malattia, impone tempistiche nelle decisioni, più stringenti rispetto all’ottimale calendario di azione proposto da Hirsch. Assolutamente condivisibile sono, a mio avviso, le osservazioni circa la necessità di evitare ogni tipo di disparità nell’accesso al vaccino.

Da un punto di vista morale, la legittimità di questa misura di sanità pubblica che peraltro in Italia rimane volontaria, pur limitando alcune libertà individuali, appare evidente e necessaria.