Come al termine di un grande concerto, l’unica cosa da fare è urlare una semplice parola: bis! Una richiesta che Luigi Samele (dopo la medaglia nell’individuale) ha soddisfatto a pieno. L’argento conquistato nella finale di sciabola a squadre, persa contro la Corea del Sud (45-26) ai Giochi di Tokyo è un grande regalo per tutti. E’ stata la 21esima medaglia della specialità azzurra, ma sopratutto il giusto premio per un team fantastico. Un traguardo che ha lasciato l’amaro in bocca per l’oro sfiorato, ma che ha visto una sola protagonista.
La Corea del Sud ha confermato il suo status: prima nel ranking e detentrice dell’oro olimpico( Londra 2012). Un regno di nove anni agevolato dall’assenza del torneo a squadre a Rio 2016. Un’ineluttabilità scandita dal punteggio e che non ha permesso di rievocare le emozioni della semifinale vinta contro l’Ungheria. Un’impresa alla quale non ha potuto partecipare Samele, colpito da un problema muscolare contro l’Iran (quarti).
Ma l’abbraccio con l’intera squadra al termine della semifinale è il vero emblema della scherma italiana. Passione, sofferenza e talento: tre elementi che hanno contraddistinto un viaggio pazzesco e fermatosi solo all’ultimo assalto. Così la sciabola maschile saluta le Olimpiadi di Tokyo2020. Un arrivederci ricco di soddisfazioni, ma anche di commozione. Perché c’è stato un atleta che non salirà più sulla pedana olimpica: Aldo Montano.
Un campione diventato ormai leggenda e che alla “veneranda” età di 42 anni ha mostrato ancora la sua inconfondibile stoccata. Del resto una parte di questo argento è anche suo. Ha impugnato la sciabola senza riscaldamento per sostituire proprio Samele infortunato (semifinale). La rimonta dal parziale 25-30 al 32-35 è opera sua. Un passaggio decisivo che ha lanciato Enrico Berrè e Luca Curatoli verso la vittoria finale contro l’Ungheria. Un’impresa che ha dato il giusto valore ad un argento tutto italiano… e foggiano.