Esclusiva Mitico Channel – Gualtiero Grandini tra passato e presente: “Ho Foggia nel cuore e da allenatore mi ispiro al calcio di Zemanlandia”

Gualtiero Grandini tra passato e presente: “Ho Foggia nel cuore e da allenatore mi ispiro al calcio di Zemanlandia”

Un nuovo incontro, seppur telefonico, con uno dei protagonisti della prima Zemanlandia rossonera, in attesa di quella che verrà.

Abbiamo intervistato Gualtiero Grandini milanese, classe 67, terzino sinistro che ha vestito nella sua carriera, tra le altre, le maglie di Pro Sesto, Pavia, Messina, Triestina e Novara. Ben 5 stagioni le ha trascorse a Foggia dove è approdato nel campionato 1989/90 e ha disputato ben quattro tornei consecutivi, due in serie B e due in serie A, alla corte di Zdeněk Zeman. Il quinto campionato in maglia rossonera, Grandini lo ha disputato poi nella stagione 1995/96

Gualtiero, è un piacere ritrovarti a distanza di così tanto tempo. Sono trascorsi poco più di trent’anni dal tuo arrivo a Foggia

E’ sempre un piacere per me sentire qualcuno di Foggia. Ora avete anche festeggiato da poco il centenario del club ed è stata l’occasione per risentire qualche amico di giù. Non mi sembrava fossero passati così tanti anni dal mio arrivo in rossonero, ma ora che mi ci fai pensare sono già trascorsi trent’anni, ma li ricordo come se fossero ieri.

Arrivasti a Foggia dal Messina insieme proprio al tecnico boemo che aveva guidato la squadra dello Stretto nel campionato 1988/89 in serie B.

Il Mister mi aveva voluto a Messina l’anno precedente prelevandomi dal Pavia che allora militava in C2. Avevo appena compiuto vent’anni e mi ritrovai in serie B. Fu un anno importante perché disputammo un bel campionato che si concluse con un ottimo ottavo posto in classifica. Tante reti fatte e anche subite, come peraltro è d’obbligo nel calcio di Zeman.

Anche in quel Messina c’erano giocatori importanti.

Si certo, anche quella era una bella squadra. In porta c’era Ciucci (che aveva disputato le due stagioni precedenti proprio a Foggia ndr) in attacco Mandelli e Schillaci, Cambiaghi, Pierleoni e Valigi a centrocampo, un bel gruppo e disputammo una bella stagione.

Poi Zeman decise di lasciare Messina e di approdare a Foggia e si portò con sé Gualtiero Grandini

Nonostante la bella stagione che avevamo disputato il Mister decise di trasferirsi. Credo che avesse avuto qualche problema con la società, diciamo un rapporto di amore odio con il Presidente di allora. Decise di venire a Foggia e mi chiese se me la sentivo di seguirlo. Accettai volentieri, perché capivo che mi affidavo ad un allenatore che poteva darmi la possibilità di crescere dal punto di vista calcistico e fui ben felice di assecondare la sua richiesta.

Decidesti di seguirlo nonostante i proverbiali intensi allenamenti a cui Zeman sottoponeva i giocatori e che avevi già avuto modo di conoscere

(ride). Hai ragione, ma sai a vent’anni gli allenamenti anche quelli di Zeman li affronti senza paura. Poi il lavoro intenso a cui ci sottoponeva veniva ripagato dalle soddisfazioni che avevamo la domenica sul campo e questo bastava per farceli accettare. Anche se…

Anche se?

Ogni tanto penso che se mi fossi allenato in modo diverso forse avrei avuto meno infortuni rispetto a quelli che ho subito durante la mia carriera. Anche a Foggia, in realtà, non avete mai avuto modo di vedere il miglior Grandini a causa dei tanti problemi fisici che ho avuto in quegli anni e questo è un cruccio che mi porto dietro. Ma va bene così, con i se e con i ma non si va da nessuna parte e io con Zeman e il Foggia qualche soddisfazione me la sono tolta

Arrivasti a Foggia nella stagione 1989/90 in serie B. Conoscevi già qualcuno di quel gruppo?

Conoscevo Rambaudi e Nunziata per averci giocato insieme nel Pavia, poi Beppe Signori che avevo incrociato da avversario negli anni precedenti in serie C, poi a Foggia ci raggiunse anche Picasso che era stato con me a Messina nell’anno in cui aveva allenato Zeman

Che ricordi hai di quelle stagioni in rossonero?

Ricordi bellissimi. Il primo campionato, quello 1989/90 iniziò con parecchie difficoltà. Eravamo tutti giocatori molto giovani e c’era bisogno di tempo per creare la giusta amalgama tra noi e per assimilare gli schemi che il Mister proponeva. Alla fine del girone di andata il Foggia era ultimo in classifica, mentre il girone di ritorno fu fantastico, una cavalcata eccezionale con una media punti che era da promozione. Una volta assimilati gli schemi che Zeman ci faceva provare e riprovare in allenamento, tutto il nostro gioco diventava quasi automatico, le giocate erano spettacolari e i risultati iniziarono ad arrivare. La vittoria del campionato di serie B, l’anno successivo, fu una logica conseguenza e finalmente arrivammo a giocare nella massima serie.

Due campionati consecutivi in serie A, il primo che si concluse con un 9° posto in classifica e il successivo 1992/93 vide il Foggia confermarsi in serie A ottenendo il 12° posto in classifica. Era nata e cresciuta Zemanlandia.

C’era un entusiasmo incredibile, tra noi giocatori e nell’intero ambiente. Posso dire che in campo letteralmente si viaggiava a mille sulle ali dell’entusiasmo. Come ho detto prima nulla era per caso e quello che applicavamo in campo era il frutto degli allenamenti che facevamo durante la settimana.

Ti ricordi il campetto di San Ciro dove spesso vi allenavate?

Certo, in terra battuta (ride), chi se lo scorda. Per raggiungerlo attraversavamo il piazzale davanti allo stadio e in settimana c’era un mercato. Dovevamo passare tra le bancarelle e la gente ci guardava incuriosita. Cose che credo oggi sarebbero difficili da far accettare agli attuali calciatori soprattutto in serie A o B. Sono episodi che racconto spesso ai ragazzi che alleno. 

Parliamo dell’esordio nel campionato 1992/93. 6 settembre 1992 prima di campionato a San Siro, contro il Milan. Daniele Massaro fa un affondo sulla sinistra e mette una palla al centro, tesa e rasoterra e…

(ride). Devi proprio ricordarlo? Eh si, cercai di rinviare la palla per liberare l’area e invece ne venne fuori un tiro imparabile per Mancini. Uno dei più classici autogol. Succede nella carriera di un difensore. Spesso anche i ragazzi che alleno vedono il filmato su internet e mi ricordano quell’episodio.

Diciamo che lo hai fatto per essere ricordato negli annali del Calcio. Cosa ti disse Mancini?

Si dai, diciamo così, mi sono ritagliato un piccolo spazio nella storia del Foggia. Francesco mi guardò sconsolato mentre raccoglieva la palla dalla rete, ma non mi disse nulla. I compagni cercarono di rincuorarmi. Sono convinto che senza quella mia autorete saremmo riusciti a portare a casa il pareggio da San Siro, era una partita indirizzata allo zero a zero. L’importante comunque è essersi salvati.

Un Gol lo hai anche realizzato in maglia rossonera

Lo ricordo anche perché non ne ho segnati tanti in carriera. Era una partita di fine stagione contro la Reggina a Reggio Calabria e segnai il quarto gol (la partita terminò 4 a 1 per il Foggia ndr). Fu un gol su azione con una mia incursione in area e riuscii a trovare il tiro giusto.

Quando poi sei tornato a Foggia nella stagione 1995/96 trovasti in panchina Delio Rossi a cui poi subentrò Tarcisio Burgnich, scomparso da poche settimane. Che ricordi hai di questi personaggi e di quella tua nuova avventura in maglia rossonera?

Quell’anno fu difficile, soprattutto nella prima parte del campionato. Era rimasta una buona parte della squadra che era retrocessa l’anno precedente dalla serie A e la piazza e la società erano convinte di riuscire a risalire subito. I risultati non venivano e l’ambiente era diventato abbastanza pesante. La società optò per il cambio di allenatore a stagione in corso per dare la classica scossa. Delio Rossi era sicuramente un allenatore valido e la sua carriera lo testimonia, e in quel periodo interpretava un tipo di gioco molto spregiudicato che si ispirava a quello di Zeman. Per quanto riguarda Burgnich posso dire che era come un papà per noi. Riuscì a portare nell’ambiente la tranquillità e l’ordine che servivano per riuscire a ritrovare fiducia e gioco ed infatti riuscimmo a centrare la salvezza che forse non tutti pensavano possibile, dopo il girone di andata.

Oggi Gualtiero Grandini è un allenatore. Hai avuto delle belle esperienze con le giovanili di Cittadella e Padova. Puoi raccontarci di queste realtà che curano e investono molto nel settore giovanile?

Mi piace lavorare con i ragazzi, è una esperienza che volevo fare perché ritengo sia giusto trasmettere loro la mia esperienza, ed è bello vederli crescere calcisticamente. Ho avuto la possibilità di allenare a Cittadella e Padova che sono due belle realtà a livello giovanile. Cittadella è stata la mia prima esperienza da allenatore, parliamo dei primi anni duemila. E’ un ambiente tranquillo che ti permette di lavorare bene, con una grande capacità organizzativa, Una proprietà forte che fa scelte molto ponderate e i risultati che sono riusciti ad ottenere, anche con la prima squadra, sono sotto gli occhi di tutti. Anche a Padova ho lavorato bene anche se è una realtà con ambizioni e pretese maggiori da parte dell’ambiente, diverse da quelle di Cittadella. A Padova ho avuto la soddisfazione di disputare con la squadra Juniores le finali nazionali, arrivando secondi. Purtroppo ha avuto dei percorsi a livello societario abbastanza burrascosi con addirittura un fallimento che di fatto ha azzerato il bel lavoro che avevamo fatto a livello giovanile, negli anni. Comunque due belle esperienze

Quest’anno allenerai per il secondo anno consecutivo il San Giorgio in Bosco squadra che milita nel girone A della Eccellenza veneta. Che allenatore è Gualtiero Grandini?

Lo scorso campionato purtroppo è stato interrotto per la pandemia, speriamo che quest’anno non ci siano problemi e interruzioni. Sono un allenatore che cerca di far giocare un calcio propositivo, mi piace che la mia squadra faccia gioco e in questo forse rispecchio un po’ la filosofia di Zeman. Credo che sia peraltro l’idea di calcio che anche a livello internazionale si sta affermando in questi ultimi anni, e che possiamo ritrovare anche a livello di calcio federale italiano. Basta vedere il gioco della nostra Nazionale in questo Europeo, ma anche quello espresso dalle nostre nazionali giovanili per capire questo cambio di impostazione tattica. Posso dirti che anche a livello dei corsi che vengono svolti per gli allenatori, questa è la filosofia di calcio che va per la maggiore e che francamente mi piace e rappresenta la mia idea di calcio.

Gualtiero ti ringrazio per il tempo che ci hai concesso e magari ti ricontatteremo nel corso del campionato per commentare insieme qualche partita del Foggia

E’ sempre un piacere per me parlare del Foggia e quest’anno con il ritorno di Zeman in panchina ci sarà sicuramente da divertirsi. So che l’ambiente è già molto carico e ansioso di rivedere allo Zaccheria il calcio del Mister. Dategli tempo, perché so quanto sia difficile all’inizio riuscire a capire i suoi schemi di gioco e a interpretarli nel modo giusto, però poi ci si diverte!