Berrettini: tre metri sopra il cielo

L’ultima volta che Matteo Berrettini aveva giocato sul Centrale di Wimbledon si era trovato di fronte non un giocatore di tennis, un campione, ma una vera e propria leggenda dello sport, quel Roger Federer unanimemente considerato il più grande tennista “all of time”, lo stesso che i Championship londinesi gli aveva vinti per 8 volte, nemmeno si giocassero sul prato di casa sua. Con un secco 6-1 6-2 6-2, in poco più di un’ora, esattamente due anni fa [era l’8 luglio del 2019, per la precisione – ndr] l’avventura del tennista azzurro era finita lì al quarto turno, prima ancora di rendersi conto di aver giocato contro il migliore di tutti in uno degli olimpi dello sport anglosassone di sempre, insieme allo stadio di Wembley e all’ippodromo reale di Ascot. 


A fine partita Berrettini, avvicinandosi sommesso alla rete, aveva ringraziato il fuoriclasse svizzero per la lezione ricevuta e qualche buontempone, maliziosamente, in seguito aveva raccontato che scherzando (ma non troppo) Matteo gli aveva chiesto addirittura quanto gli dovesse per quell’ora di gioco. 
Due anni più tardi il mondo è molto cambiato, inutile ricordare perchè, e a cambiare è stato inevitabilmente anche il tennis. King Roger, a quarant’anni suonati, non domina più sull’erba di Wimbledon mentre Berrettini, in una costante escalation, ha fatto passi da gigante imponendosi prepotentemente nella classifica ATP fino a diventare numero uno fra gli italiani ed assestandosi in pianta stabile nel Ranking fra i primi dieci al mondo. 


Così al Centrale di Wimbledon Matteo ci è tornato oggi passando però dalla porta principale, dopo un grande torneo che è seguito alla prima vittoria di un italiano (sempre Matteo, manco a dirlo) al Queen’s, nella settimana che solitamente precede – sempre sull’erba – il torneo di tennis più antico al mondo, in un venerdì che lo ha visto a confronto in Semifinale contro quel Hubert Hurkacz che aveva, solo due giorni addietro, preso a pallate nei Quarti proprio Federer, chiudendo (molto probabilmente per sempre) il dominio assoluto dello svizzero a Church Road dal 2003 ad oggi.


Ma aver eguagliato un’altra leggenda del tennis come Nicola Pietrangeli, unico italiano prima di Berrettini a raggiungere nel lontano 1960 la Semifinale a Wimbledon [sconfitto poi da Rod Lever in cinque set – ndr] non ha certo appagato l’atleta romano che ha voluto fare ancora meglio, vincendo la sfida contro il temibile avversario polacco per 6-3 6-0 6-7 6-4, e approdando per la prima volta come italiano in Finale nei 144 anni dalla prima edizione del prestigioso torneo londinese. E così, per ironia della sorte, l’Italia domenica a Londra sarà rappresentata ai massimi livelli proprio nei due sport per antonomasia nati in Inghilterra, contendendosi due titoli assoluti mai vinti, aldilà della Manica, da nostri rappresentanti o rappresentative nazionali a Wimbledon come a Wembley. 


Che dire allora? Che da tre metri sopra il cielo Berrettini (e, perchè no, anche la Nazionale di Mancini) domenica sappia trionfare sotto il cielo di Sua Maestà Britannica proprio come fece Ribot, purosangue inglese di nazionalità assolutamente italiana [allevato da Federico Tesio e magistralmente cavalcato da Enrico Camisi – ndr] che ad Ascot, a metà degli anni ‘50, vincendo il prestigioso Royal Ascot davanti a High Veldt delle Reali Scuderie Windsor, seppe far piangere niente di meno che una giovanissima Elisabetta II, la stessa Sovrana che, da un millennio all’altro, continua imperterrita a regnare e a trepidare per le sorti della sua Isola.
Non ce ne vogliano allora i sudditi di Sua Maestà Britannica se l’11 luglio saremo di nuovo noi italiani a cagionare un rivolo di lacrime sul viso della più longeva Regina d’Europa e del Mondo.


Francesco Bacchieri