Trenitalia e quegli investimenti nel Mezzogiorno, quando il divario tra Nord e Sud viaggia su rotaia

Il Mezzogiorno e gli investimenti che tardano ad arrivare, o che non arrivano affatto. In un mondo che si muove velocemente e che esige il continuo adeguarsi alle nuove tecnologie e alle nuove infrastrutture, nel 2018 Trenitalia S.p.a e Regione Puglia hanno stipulato e firmato il Contratto di Servizio per il trasporto pubblico ferroviario di interesse regionale e locale. Il contratto avrà scadenza nel 2032 e Trenitalia S.p.a. dovrà rispettare, nei tempi previsti, gli articoli contrattuali.

Era il 28 dicembre 2019 quando nella conferenza di fine anno, Giuseppe Conte, Premier di allora, dichiarava:Il 34% della spesa pubblica dovrà a priori essere destinato al Sud, è il principio che abbiamo fissato”. Non si tratta di una novità targata Conte, attualmente invecchiata di qualche anno, ma di una “clausola” che risale al decreto Sud del governo Gentiloni, convertito in legge nel giugno 2017, rimasta finora una lettera morta conservata in un cassetto di Palazzo Montecitorio. L’azienda leader nel trasporto di passeggeri su ferro, dal 2018 ad oggi, come sottolineano i sindacati, non ha adottato le indicazioni del Governo per quanto riguarda gli investimenti per il Sud nella misura del 34%, così come previsto dalla LEGGE 27 dicembre 2019, n. 160 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022.

Il Governo prevede investimenti del 34% – prelevati direttamente dal grande salvadanaio dei fondi pubblici – al fine di ridurre i divari territoriali. Il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione, deve essere disposto anche in conformità all’obiettivo da destinare agli interventi nel territorio delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione residente.

Oltre al 34% di fondi da destinare alle regioni del Mezzogiorno, non bisogna dimenticare la “Decontribuzione Sud” che riconosce ai datori di lavoro privati, la cui sede di lavoro sia situata in regioni svantaggiate – come quelle sopracitate – un esonero, prorogato al 31 dicembre 2029, del versamento dei contributi pari al 30% dei complessivi contributi previdenziali da essi dovuti, con esclusione di quelli spettanti all’INAIL e dei premi. Un altro problema che lega la Puglia a Trenitalia è l’allarme relativo al reticolo della manutenzione dei rotabili lanciato da Slm Fast Confsal regionale: l’Impianto Manutentivo Corrente (IMC) di Bari, con il passare dei giorni, vede sfilare davanti ai propri occhi treni che terminano le proprie corse a Lecce, dove vengono sottoposti a lavori di manutenzione corrente dovuti alla lunga percorrenza – si fa riferimento a Intercity.

Tali scelte diminuiscono le attività manutentive dell’IMC di Bari, favorendo invece una maggiore mole di lavoro per l’impianto salentino. Mentre a Lecce il lavoro aumenta, per i lavoratori dell’IMC di Bari diminuisce drasticamente. I sindacati scongiurano la chiusura dell’unità manutentiva barese, un polo che potrebbe portare, grazie ai fondi pubblici, adeguamento della struttura alle nuove tecnologie, formazione e nuovi posti di lavoro. Secondo quanto scritto nell’Art. 15 del Contratto di Servizio, Trenitalia ha sottoscritto l’impegno per garantire il piano di investimenti di 226,7mln di euro, di cui 5,3mln per il revamping e restyling della flotta esistente, 8,4 milioni di euro per impianti, 3,6 milioni di euro per informatica e tecnologia, 44,8 milioni di euro di manutenzione ciclica (comprensivi della futura manutenzione ciclica dei treni Jazz), 164,5mln di euro per nuovo materiale rotabile che, unitamente ai 123,5mln di euro a carico della Regione, comportano investimenti in nuovo materiale rotabile per 288mln di euro per l’acquisto di: 3 treni Jazz Alstom, 43 treni Pop Alstom e 1 locomotiva diesel. Insomma, numeri da capogiro che potrebbero rivoluzionare il trasporto pubblico pugliese su rotaia. Una flotta, nuova e moderna, che in caso di mancati investimenti resterà parcheggiata fino a data da destinarsi.

Mettere a disposizione delle regioni del Sud una parte di quel 34% della spesa pubblica significherebbe: migliorare gli impianti manutentivi di Trenitalia, promuovere la formazione degli addetti ai lavori verso nuove tecnologie e impiantistiche, favorire l’assunzione di nuove leve per abbattere nella provincia di Foggia un tasso di disoccupazione con un picco massimo del 24,9%.

Sotto la lente d’ingrandimento finiscono anche i lavoratori dell’Officina Manutenzione Ciclica (OMC) di Foggia, che dovranno adeguarsi senza formazione a lavori di manutenzione rivolti a treni regionali provenienti da tutta Italia, anche da regioni dove le nuove flotte sono già in pieno servizio.

A disposizione di Trenitalia oltre al tesoretto messo a disposizione dal Governo c’è anche la “Decontribuzione Sud”. In ottica progresso, in Puglia, le Ferrovie del Sud-Est (azienda componente del Gruppo Ferrovie dello Stato) ha già acquistato treni ad idrogeno che andrebbero a sostituire gli attuali locomotori diesel. Un investimento però, non usufruibile, poiché la Regione Puglia non dispone di impianti manutentivi adeguati e di personale formato alla manutenzione di una nuova tecnologia come quella ad idrogeno.

Il Segretario Slm Fast Puglia Vincenzo Cataneo dichiara: “il grido d’allarme del sindacato sul reticolo della manutenzione dei rotabili in Puglia è forte e chiaro e intraprenderemo tutte le azioni necessarie per la tutela dei lavoratori e dei territori.”