Quel grande amore per il Foggia velato da tanta nostalgia

Il racconto di Donato Baldassarre

Premetto che la squadra di calcio del cuore è come la mamma, è una e non si può scegliere, troppo comodo tifare per squadre che vincono sempre. Il vero tifoso segue solo ed esclusivamente la squadra della propria città di nascita e per fortuna io sono nato  a Foggia nel 1964, anno della prima storica promozione in serie A. Seguirò sempre il Foggia, a prescindere dalla serie nella quale giochi. Per me la serie A o la serie D non fa nessuna differenza.
Mi presento, sono Donato Baldassarre e purtroppo per motivi di lavoro vivo da 30 anni a Forlì. Potete immaginare quanti chilometri abbia percorso per seguire il mio Foggia in lungo e in largo per l’Italia.


Per prima cosa devo dei ringraziamenti alle persone più care rigorosamente in ordine di apparizione della mia vita. A mia madre e mio padre, che mi hanno dato tutto e la possibilità di nascere a Foggia e di conseguenza tifare per il Foggia, a mio fratello Peppino, perché anche lui mi ha trasmesso l’amore per il Foggia, alla mia ex fidanzata ora mia moglie che mi ha permesso, mi permette e mi permetterà sempre di seguire il Foggia (con tanta pazienza e sacrificio), e alle mie figlie, nate a Foggia, sperando che un domani potranno ostentare con orgoglio in tutto il mondo la loro foggianità che per me è un valore aggiunto, e a tutti i veri tifosi del Foggia che tifano Foggia a prescindere da tutto ed in particolar modo a tutti quei foggiani che, come me, sono stati costretti, per motivi di lavoro, a lasciare Foggia e che anche se lontani continuano a mantenere le tradizioni e non mettono mai l’articolo davanti ad un nome di persona femminile.


Il più bel complimento che mai abbia potuto ricevere mi e stato fatto alcuni anni fa da una vicina di casa che, sentendomi parlare con la mia famiglia, esclamò: “Vedo che dopo tanti anni che te ne sei andato da Foggia non hai perso l’accento foggiano!” Non sopporto quelle persone che lasciando la nostra città si atteggiano a parlare con cadenza settentrionale come se si vergognassero delle loro origini.
La prima partita che ho visto del Foggia è stata un Foggia Livorno 3-1, giocata per la precisione il 14 giugno del 1970, con conseguente promozione in serie A. Mi ricordo che andai in tribuna laterale con mio padre e mio fratello con la mia bandiera di plastica regalatami da mia zia Antonietta e sediolina di ordinanza per salirci in piedi e poter vedere la partita. La cosa che mi colpì di più, oltre alla folla immensa di persone felici per la promozione del Foggia, fu che dopo il nostro gol su rigore, il portiere del Livorno scagliò con rabbia il pallone verso di noi, a sei anni non capivo il significato di quel gesto.


Tra le 218 trasferte effettuate fino ad oggi (le partite viste a Foggia non le considero trasferte anche se tra andata e ritorno sono 1000 chilometri) vorrei raccontarvi quella di Olbia del 16 marzo del 2003, vinta 4-1, che per me reputo la trasferta perfetta.
È stata la mia prima trasferta fatta con tutta la mia famiglia, biglietti aereo acquistati sin dai primi di gennaio, partenza in macchina alla volta di Bologna e aereo per Olbia. Era la prima volta che le mie figlie, Anna Perla e Paola, viaggiavano in aereo. Arrivati ad Olbia trovammo tanti tifosi del Foggia sull’autobus che dall’aeroporto ci portava in centro. La “circolare” era talmente piena che Paola si sentiva schiacciata. Indimenticabile lo show di Emilio [Cavelli ndr] in quell’occasione. Dopo aver girato Olbia mis figlia Paola, allora aveva solo 5 anni, stanca ed infastidita dal vento, esclamò: “Dov’è la nostra casa di Olbia?”.

Dopo aver pranzato al ristorante e gustato i prodotti tipici della Sardegna andammo allo stadio e dopo circa 26 minuti di gioco vincevamo già con 4 gol di scarto (al 14’ De Zerbi, al 17’ e 22’ Del Core, al 26’ Di Toro). Per l’Olbia segnò Giglio che poi nel 2012 sarebbe venuto proprio ad indossare la casacca rossonera. Mai successo in trasferta un vantaggio così cospicuo in così poco tempo. Quando, molti anni dopo, andai a Norcia per seguire il ritiro del Foggia, De Zerbi mi confidò che quella partita la giocó addirittura febbricitante. Dopo aver festeggiato la vittoria salimmo di corsa in taxi verso l’aeroporto dove provai un senso di amarezza nel dividermi dai tifosi che facevano rientro a Foggia, mentre io dovevo rientrare a Forlì. La stessa amarezza che provai pochi mesi dopo a settembre, quando terminata la vittoriosa partita di Fermo, 0-1 con rete di Silvestri, ci instradammo verso l’autostrada. C’era una coda lunghissima di macchine con bandiere al vento, ma al momento di imboccare l’autostrada solo io presi la direzione nord per fare ritorno in Romagna e in quel momento invidiai tutti coloro che tornavano nella mia adorata Capitanata. Chissà se un giorno riuscirò a tornarci a vivere!


Spero di non avervi annoiato e di essere riuscito a spiegare il mio amore incondizionato verso la squadra della mia Città.
Forza Foggia!

Di Donato Baldassarre