Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. La locuzione latina pater familias, tradotta letteralmente, significa “padre di famiglia”. Era il custode, in epoca romana, delle memorie degli antenati, nonché di quello che era definito il fuoco domestico, accanto al quale si venerano gli dei della famiglia o lares (dal latino: focolare); l’unico che poteva disporre del patrimonio della gens (bestiame, casa, schiavitù, campi).
Bene, per descrivere la figura di Nicola Canonico nuovo volto del Calcio Foggia 1920, concentrerei la mia attenzione in epoca latina, quando nell’antica Roma il capo famiglia era il capo indiscusso di tutto il clan. Sul gruppo, il pater aveva la patria potestas, potere che conservava vita natural durante e che comportava amplissime facoltà insieme ad un potere punitivo.
Al termine della conferenza stampa di presentazione del nuovo socio rossonero, Nicola Canonico rincalza quello che era, oltre 2000 anni fa, il pater familias romano.
L’atteggiamento sicuro di sé, forse troppo sicuro, e il dialogo a cucire le bocche della stampa da vero tessitore etrusco, fanno dell’ex patron del Bisceglie uno degli imprenditori pugliesi più grandi, ma allo stesso tempo in modo inversamente proporzionale lo rendono un piccolo imprenditore di calcio. Piccolo perché Foggia è la sua prima esperienza in una città da un registro storico che vanta Serie A, Serie B e Serie C. Gli anni vissuti in sella alla Liberty Bari, la Liberty Molfetta e il Bisceglie hanno avvicinato al mondo pallonaro un imprenditore che ha conseguito risultati utili tra i dilettanti ma amare retrocessioni tra i professionisti (due balzi in D a Bisceglie).
Perché Nicola Canonico è un pater familias? Ve lo spiego analizzando alcune parole della sua conferenza stampa, senza andare tanto lontano nella storia.
“Farmi questa domanda, già denota che uno professionalmente, diciamo non ha coerenza”. Ad una domanda sul programma, sugli obiettivi e sul budget che la nuova sinergia metterà a disposizione del progetto Foggia, Nicola Canonico risponde che è una domanda che non ha coerenza. Conoscere il futuro dei satanelli, conoscere il progetto Pintus-Canonico in cifre economiche non ha coerenza. Bene, anzi, male, chissà se da oggi i colleghi che seguono Juventus, Milan, Inter; Chelsea, Manchester, Real Madrid e Barcellona saranno poco coerenti nel chiedere come sarà impostato il lavoro e quanto sarà investito per il conseguimento degli obiettivi prefissati – che a Foggia ancora non sappiamo -.
“Vi voglio dare alcune indicazioni. […] Un giornalista che mi manda l’indiscrezione sul calciatore da acquistare mi sta creando un danno. È evidente che io non ho più rispetto nei suoi confronti. Perché se non ho chiuso l’operazione che non ha firmato il calciatore rischio di perderlo”.
Forse, non abbiamo capito bene. È comprensibile l’emozione e l’essere tesi, parlare davanti a decine di migliaia di tifosi non è mai facile, soprattutto quando per mesi provi a comprare qualcosa che non arriva e poi alzi drasticamente l’offerta. Ma imporre alla stampa di non dare determinate notizie, come quelle sul calciomercato, è un po’ come quando nella Roma arcaica il pater familias vietava alla moglie di partecipare a celebrazioni religiose.
Diciamo che del mos maiorum romano ricordiamo ben poco, ma probabilmente può esserci utile qualcosa che si avvicina ai giorni nostri, come l’Art. 21 della Costituzione italiana: “Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Senza divieti, senza imposizioni, senza preoccuparsi di “perdere il rispetto” del Presidente, solo perché abbiamo fatto il nostro lavoro, i giornalisti. Tempi e modi nel dare una notizia. Tempi e modi ne avremo, ma sta a chi scrive dosare l’inchiostro della penna.
Presidente, benvenuto a Foggia.