Il racconto di Alberto Mangano
Il campionato 1976/77 fu quello del mio primo abbonamento, della mia indipendenza da mio padre e coincise con la serie A che il Foggia aveva conquistato l’anno prima grazie a quella storica vittoria sul Novara determinata dalle prodezze di Turella e Memo. Avevo 13 anni e la fortuna di avere la mia squadra in serie A che significava per quei tempi poterla vedere alla domenica sportiva, poterla seguire a “Tutto il calcio minuto per minuto” e trovarla sempre tra le tredici partite che formavano la schedina settimanale. Come tutti i miei coetanei di allora, ero affascinato dal mondo del calcio, passavo ore ed ore davanti all’Hotel Sarti per poter stringere la mano ad uno dei miei beniamini e conservavo gelosamente tutti gli articoli dei quotidiani che riguardassero la mia squadra.Il campionato non era cominciato nel migliore dei modi riuscendo il Foggia a racimolare nelle prime 4 gare solo due punti grazie a due pareggi con Inter e Bologna mentre aveva rimediato due sconfitte contro Juve e Perugia. Soprattutto il Foggia non era riuscito a fare nemmeno un gol perché Ulivieri, Bordon e Ripa non erano ancora entrati in forma e la piazza rumoreggiava verso la societá che probabilmente aveva rinunciato, al mercato di ottobre, alla fantasia e alla esperienza di Giovanni Lodetti; da qualche settimana era arrivato alla corte di Puricelli un grande del calcio internazionale, quell’Angelo Domenghini, detto Domingo, eroe in Messico con la nazionale di Valcareggi e protagonista della storica partita allo stadio Atzeca contro la Germania Ovest, grande protagonista dell’Inter pluricampione di Angelo Moratti e Helenio Herrera, ed eroe dello scudetto a Cagliari nel 1969/70; questo arrivo aveva suscitato in me e in tutti i tifosi un grande entusiasmo nonostante Domingo arrivasse a Foggia a 35 anni suonati. Si disse allora che venisse pagato “a gettone”, praticamente in base a quante presenze avesse racimolato in stagione. A noi ragazzi di allora poco interessava, ci bastava sapere che quel fuoriclasse avrebbe comunque indossato la casacca rossonera.
Ormai si era giunti a novembre e a Foggia si aspettava il Napoli in quello che allora veniva chiamato il derby del sud perché in quegli anni erano le squadre piú presenti nella massima divisione anche se in quel campionato era presente anche il Catanzaro. I partenopei giungevano a Foggia in perfetta media inglese avendo vinto le due gare in casa ed avendo pareggiato le due esterne. Oltre ai problemi legati alla mancanza di reti da parte del Foggia, per quella partita il Foggia doveva fare a meno anche di Bruschini e Colla per cui una gara difficile da affrontare con gli uomini contati. Puricelli comunque ci tiene a far bene per far salire il morale alla piazza prima della sosta di campionato per la nazionale impegnata contro l’Inghilterra e valevole per la qualificazioni ai mondiali del 78 in Argentina.
Quel giorno arrivarono in cittá circa 5000 napoletani che si sistemarono in gran parte in gradinata che era giá di cemento a differenza delle curve ancora con i tavoloni di legno e i tubi Innocenti. Ovviamente i tifosi delle due squadre erano gomito a gomito perché la rivalitá la si evidenziava solo con qualche sfottó. Io ero proprio in gradinata vicino a quelli che oggi verrebbero definiti i tifosi organizzati e che invece erano coloro, che riuniti in un Foggia Club, portavano allo stadio tamburi, striscioni e bandiere.
Le squadre, il 7 novembre del 76, si schierarono con queste formazioni:
Foggia: Memo, Sali, Scala, Pirazzini, Gentile, Bergamaschi, Ripa, Salvioni, Domenghini, Del Neri, Bordon
Napoli: Carmignani, Bruscolotti, La Palma, Burgnich, Vavassori, Orlandini, Massa, Juliano, Savoldi, Esposito, Chiarugi
La partita comincia con le due squadre che si affrontano a viso aperto, senza alcun timore reverenziale ma solo con la voglia di offrire uno spettacolo superbo ai propri sostenitori ma alla mezz’ora Savoldi, grazie ad una mezza rovesciata, beffa il portiere Memo con una palla che si insacca all’incrocio dei pali. Gelo sullo Zaccheria anche perché, subito dopo, sempre Savoldi ha l’occasione per raddoppiare ma, solo davanti a Memo, butta la palla fuori. Il primo tempo volge al termine ma al 40′, su cross di Nicola Ripa, Burgnich, altro eroe messicano, devia involontariamente la palla nella propria porta. Passano solo due minuti e Domenghini, dopo aver anticipato il diretto avversario, lascia partire un tiro da trenta metri che il portiere Carmignani riesce solo a sfiorare non riuscendo ad impedire la marcatura: il Foggia in due minuti ribalta il risultato, la gradinata oscilla ed é tutto un tripudio di bandiere.
Io poche volte allo stadio ho pianto di gioia e questo é successo in varie fasi della mia vita: la prima volta fu proprio quel 7 novembre del 76 e mi vergognai molto perché ero poco piú che un bambino e mi seccava terribilmente farmi trovare con le lacrime agli occhi; ho pianto ancora nell’86 per un pareggio (2-2) di Pidone allo scadere contro il Barletta; ho speso le mie lacrime per il 2-0 di Shalimov a Bari nel 92 e ovviamente per la rete di Caraccio in uno spareggio play out nel 2010 contro il Pescina.
Tornando a quel 7 novembre, il primo tempo finí con il Foggia in vantaggio e i tifosi rossoneri a cantare tutti in coro, d’impeto e senza organizzazione alcuna, ‘O surdato ‘nnammurato in una sorte di irriverente canzonatura per i tifosi azzurri.
Inevitabilmente nel secondo tempo il Foggia arretra il suo baricentro dando al Napoli, di caratura sicuramente superiore, la possibilità di attaccare; e cosí su corner battuto da Chiarugi, Esposito la butta al centro dell’area per Savoldi che di piatto indirizza la palla sul palo interno e quindi in rete. Mancano 15 minuti e prima Scala e poi Bordon falliscono la marcatura mentre Del Neri, colpendo la traversa, vanifica le ultime speranze di vittoria.
Il pubblico in piedi applaude per lo spettacolo da una parte e dall’altra mentre i foggiani riescono a tirare un sospiro di sollievo per il gol ritrovato e la speranza di poter disputare un buon campionato. Gli elogi sarebbero arrivati anche negli spogliatoi dal tecnico napoletano Bruno Pesaola, detto il Petisso.
Alla fine il Foggia quell’anno si salverá e Domenghini segnerá quattro gol.
Di Alberto Mangano