Uscire dal grigiore dell’indifferenza per schierarsi

(di Francesco Rinaldi, studente del liceo scientifico Alessandro Volta di Foggia)

Ci sono figli di questa terra che sono riusciti ad appigliarsi a risorse nuove, sostenuti da incontri lungo il loro percorso che gli hanno mostrato cosa significhi contare sulle proprie forze per perseguire obiettivi in maniera onesta, e ci sono altri che o l’alternativa non l’hanno conosciuta o hanno scelto di vivere una vita di scorciatoie. Ha esordito così Simona Padalino, coordinatrice degli eventi di Parcocittà, venerdì, durante l’evento di presentazione del libro “La quarta mafia” di Antonio Laronga. E l’evento che si è svolto a Parcocittà è uno di quegli incontri rischiaranti che danno respiro in quest’addensamento sociale sempre più soffocante, alla facciata sana della città. Perché il vero dramma è l’atmosfera opaca in cui sono immersi i tanti che non si schierano, abitanti ignavi della fascia grigia citata nel libro. E in quest’ottica di schieramento rientra la presenza dell’ANPI, in prima linea nella difesa dei valori costituzionali. Perché schierarsi non è mai una banalità, non bisogna farsi condizionare da quanti la pensano così, dagli spenti ignavi dell’antinferno. E ad una schiera ottusa di gente senza valori non bisogna dare questo potere. Il luogo scelto per l’evento non è casuale, a Parcocittà, dove si lavora costantemente per far parte del primo gruppo di cittadini, un luogo nato dalle ceneri e deturpato da anni ma divenuto oggi sede di incontro, educazione e cultura, presidio di antimafia sociale e cittadinanza attiva, simbolo di una Foggia che ha voglia di riscatto e che vive in un’ottica di antifragilità sociale. Perché l’azione delle mafie è condizionata sia dalla risposta dello stato che della società civile. Durante il suo intervento Laronga dice di essere preoccupato perché non vede una gran risposta. Non c’è un hummus territoriale ostile alle mafie. Occorre un intervento deciso da parte della popolazione, che non si deve fermare alle marce. Bisogna anzitutto fare memoria, respingendo la sottovalutazione ed il negazionismo, e il libro contribuisce a questo primo obiettivo. La memoria deve poi diventare coscienza critica che ci deve spingere a improntare il nostro agire quotidiano al rispetto delle regole, senza dare spazio all’intermittenza. Ed infine dobbiamo essere consapevoli che il nostro impegno quotidiano contribuisca a plasmare una nuova etica pubblica che ci faccia respingere qualsiasi forma di accettazione o convivenza con le mafie. Sono questi i tre principali nemici delle mafie: memoria, coscienza critica ed etica pubblica. Scuole, università, parrocchie e associazioni sono i luoghi di coltura ideali per la realizzazione dei tre obiettivi. Il libro è una testimonianza lucida e lineare del quadro intricato delle mafie foggiane, ripercorre la storia mafiosa territoriale dai primordi fino ai giorni nostri. Per capire il ritardo culturale che ci portiamo dietro basti pensare che la prima sentenza alla Società foggiana si è svolto solamente nel ’99, 17 anni dopo l’introduzione del reato di associazione mafiosa con la legge Rognoni-La Torre dell’ ’82. Nel nostro territorio convivono tre organizzazioni mafiose: la Società foggiana, la Mafia Cerignolana e la Mafia Garganica. Troppo spesso relegate come forme di gangsterismo urbano o addirittura di faide pastorali, nel tempo hanno conosciuto un’evoluzione preoccupante. A partire dagli omicidi degli anni 80 di Ciuffreda, Panunzio ed altri costruttori, che hanno piegato la città, la parte buona si è ritratta, calando nell’indifferenza. A questo si aggiungono le istituzioni politiche deboli, che battono inevitabilmente il terreno allo sviluppo delle mafie. “C’è ancora molto lavoro da fare, necessitiamo di un piano Marshall culturale” afferma l’autore nell’intervista rilasciata ai microfoni di Mitico channel.  Ma una comunità che si muove all’unisono verso un obiettivo comune è più forte di qualsiasi inerzia esterna preesistente. Usciamo dal grigiore dell’indifferenza e schieriamoci.