La Regina di un secondo papà

(a cura di Samira Carità)

In una città in cui le parole di molti rendono l’inclusione un’utopia, bastano i fatti di pochi per far capire che la speranza di vivere in una civiltà sana è più reale di quanto si possa immaginare.

È il caso di ciò che accadde ventitré anni fa, quando Regina, una ragazza di tredici anni arriva in Italia dalla Nigeria, persa e sola, dopo essere stata derubata della sua giovane innocenza nel peggiore dei modi possibili. Orfana di genitori e senza nessuno, viene ospitata in un istituto di protezione per minori.

È il 1998 e Antonio D’Amore, ispettore della squadra mobile di Foggia, compie un gesto degno del nome con cui è nato: durante un’indagine, colpito dall’immensa fragilità della ragazzina chiusa in una gabbia di terrore, inizia a vedere come unico obiettivo la volontà di fare a pezzi quelle sbarre di paura che dividevano Regina dal resto del mondo.

Con tanto impegno e affetto, l’ispettore riesce a trovare l’antidoto della paura della ragazza e le apre le porte del suo cuore, della sua casa e della sua famiglia, entrando di diritto nella posizione di papà foggiano di Regina. Con lo stesso impegno la ragazza diventa donna, si integra nella terra in cui è arrivata e trova lavoro come mediatrice culturale. Lavoro che le fa conoscere un altro amore, Daniel: un uomo nigeriano con cui una settimana fa convola a nozze.

E ad accompagnarla all’altare è Antonio D’Amore, l’ispettore della squadra mobile di Foggia che con amore dirompente ha preso il titolo di papà per una ragazza che, prima del tempo, temeva la sua vita potesse essere un inferno terreno, dove a bruciare sono le vittime delle ingiustizie della vita.

Ed è così, che la commozione generale della città di Foggia dimostra che l’inclusione è importante, che una vittima può essere paradossalmente mangiata dal senso di colpa e dalla paura, ma allo stesso tempo può trovare la vita, un’altra vita, una vita più clemente.