Eurovision 2021: quando i bacchettoni eravamo noi

Dopo una settimana intensa e pesante per gli accadimenti che hanno turbato la nostra città, concediamoci un momento “leggero” in questa primo lunedì privo delle cronache post-gara di calcio rossonero.

Sabato sera il gruppo dei Maneskin ha meritatamente vinto l’edizione 2021 dell’Eurovision Song Contest che si è svolto a Rotterdam. Il televoto ha ribaltato, al fotofinish, quanto aveva stabilito la giuria tecnica, quella cioè formata in ogni Paese europeo da giornalisti e operatori del settore, che aveva collocato il gruppo italiano alle spalle di Svizzera, Francia e Malta. Una classifica che senza il voto da casa premiava due canzoni in lingua francese Tout l’univers di Gjon’s Tears (Svizzera) e Voila’ della francese Barbara Pravi, peraltro molto intense e ben cantate ma lontanissime, per genere, dal rock del gruppo italiano. Alla fine il voto espresso da casa ha confermato l’apprezzamento per il brano Zitti e buoni gia’ vincitore a Sanremo che era risultato peraltro il più ascoltato e scaricato da internet nei giorni a ridosso della kermesse europea. Bravi i Maneskin per essere riusciti a riportare l’Italia sul gradino più alto della musica europea, per quanto possa valere oggi una manifestazione di questo tipo, nell’era della musica scaricata da internet, più o meno legalmente. Ma la soddisfazione resta, e i volti tesi e ansiosi dei cantanti a fine serata, mentre le giurie annunciavano i propri voti in diretta televisiva, testimoniavano quanto fosse ambita la vittoria ed e’ facile immaginare i ritorni che il brano vincitore avrà in termini di ascolti e di vendite a livello europeo e non solo (anche in Australia questa manifestazione e’ molto seguita).

Una annotazione deve essere fatta circa la versione “edulcorata” del brano Zitti e buoni che i Maneskin hanno dovuto presentare a Rotterdam.

Il regolamento del Contest europeo ha preteso che il verso “vi conviene toccarvi i coglioni” venisse sostituito con “vi conviene non fare più errori” e la terza replica del refrain “la gente purtroppo parla\non sa di che cazzo parla” con “ la gente purtroppo parla\non sa di che cosa parla” dove peraltro le due “parolacce” incriminate non erano fini a se stesse, ma enfatizzavano i concetti del brano e si armonizzavano al ritmo e all’impronta rock dei Maneskin.

Aristofane poteva permettersi di dare dell’”euruproktos” (letteralmente “rotto in culo”), termine citato per ben 6 volte in 16 versi (Nuvole vv. 1083-1100) o di apostrofare come “infame” Arifrade che “insozza la lingua in turpi piaceri” (Acarnesi 716). Esempi di epiteti volgari abbondano nel teatro antico e al confronto il testo originario dei Maneskin pare poca cosa. Bene ha fatto Damiano, il frontman del gruppo a cantare dopo la proclamazione del vincitore, in diretta, la versione non censurata del brano.

E pensare che i bacchettoni, in Europa, eravamo noi italiani.