Quei colori rossoneri scolpiti nel mio cuore

Il racconto di Michele Lizzani

Tutto nasce non per caso, come orgoglioso ed appassionato tifoso rossonero che racconta una storia di calcio e sentimenti.

Il mio papà, tifoso e ultrà della curva nord, puntualmente nelle gare casalinghe mi portava a seguire la partita appostati contro la rete di recinzione a bordo campo, vista la mia età fanciullesca. Ai suoi tempi la curva era fatta da impalcature in tubi innocenti e tavelloni in legno come gradoni. 

Abitando nelle vicinanze il tragitto era d’obbligo, a piedi, portando la sciarpa e la mia bandierina rossonera: Corso Roma, Maria Grazia Barone, tagliando per Viale Villa (l’attuale Via Mazzini) e passando davanti al collegio Kennedy che era posto di fronte al Sanatorio – l’ospedale Colonnello D’Avanzo. 

Da quel punto già si  vedeva la fila dei tifosi all’ingresso e ai botteghini, una lunga coda. I tagliandi andavano a ruba, per gli ultimi posti accessibili e certamente non poteva mancare il rito prima di entrare: salatille (i lupini) e nucèlle (le noccioline).

Era il tempo di “Bell’òme me fa trasì?”, era il tempo dove il danaro non contava molto per i calciatori, i valori erano ben diversi, lo si può vedere da come hanno trascorso a Foggia con la casacca rossonera i campioni di quegli anni.

Nei miei ricordi non posso certamente dimenticare “la partita”, sì, la sfida più gettonata di tutti i tempi, oggi come allora: Foggia Inter 3-2 del 31 gennaio 1965. L’Inter euromondiale, onnipotente, che vinceva tutto: Coppa Intercontinentale, Campione d’Europa e d’Italia, con Herrera in panchina e Mazzola, Suarez, Corso, Jair da Costa, Facchetti, Burgnich, Sarti e Peirò in campo contro il nostro Foggia provinciale, guidato dal tenace e sanguigno mister Oronzo Pugliese, il mago di Turi che in quell’anno si aggiudicò anche il Seminatore d’Oro, e dagli indimenticabili eroi rossoneri Maioli, Moschioni, Bettoni, Rinaldi, Patino, Oltremari, Valadè e dall’implacabile cannoniere Cosimo Nocera.

La gara ebbe inizio in un’alternanza tra il magone e la soddisfazione dei gol, in un rumore frastornante fatto dal saltellare sui tavelloni di legno insieme alle assordanti grida e ai canti d’incitamento. Ragazzi era davvero un inferno e lo Zaccheria faceva paura a tutti  solo ad entrare in campo. Mettiamoci poi la previsione che a Foggia non avrebbe vinto fatta dal nostro Santo Padre Pio, il giorno prima, proprio ad Helenio Herrera e allora cos’altro resta più da dire?

Solo e sempre Forza Foggia. 

di Michele Lizzani