Grano duro, comparto in sofferenza. Cia Capitanata: “Diamo un freno all’import”

Arriva dalla confederazione italiana agricoltori l’ultimo report sullo stato di salute del mercato del grano duro in Puglia.

La nostra regione, com’è noto, è una delle più vaste realtà produttrici di grano in Italia, con una percentuale del del 25% su tutto il territorio nazionale. La Cia riporta i dati deludenti dell’anno in corso, raffrontati con quelli del 2020.

Nel 2020, complessivamente, le province pugliesi arrivarono a produrre 9,5 milioni di quintali del prezioso cereale, il 35% della produzione nazionale dello scorso anno, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia nel 2020, riuscì a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240mila ettari, con una resa media per ettaro di 29,68 quintali.

Dal 17 giugno 2020 al 12 maggio 2021, il prezzo medio corrisposto ai produttori pugliesi per una tonnellata di grano duro è stato pari a 298,46 euro. “La formazione del prezzo, sia a monte che a valle del processo che lo determina, rappresenta una delle più problematiche criticità della filiera”, ha dichiarato Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata. “Negli ultimi anni, infatti, la redditività del grano duro pugliese non è stata all’altezza dei sacrifici, dei rischi assunti dai produttori e della qualità espressa dal prodotto ed è a una dinamica squilibrata che può causare minori investimenti, con un decremento del lavoro e del valore complessivo della filiera”, chiude la nota firmata dalla confederazione italiana degli agricoltori nel Levante che ritiene necessario tutelare il futuro della filiera, a fronte di un mercato globalizzato e per questo troppo spesso penalizzato dalle massicce importazioni di grano duro straniero che presenta “diverse incognite dal punto di vista della qualità e della salubrità del prodotto.

I dati elaborati da CIA Agricoltori Italiani della Puglia”, dichiara il presidente regionale dell’organizzazione agricola, “mettono in evidenza quanto sia strategico il settore cerealicolo non solo per l’intero comparto primario ma per tutta una filiera che comprende molini, pastifici, panificatori e significa lavoro, investimenti, made in Italy nel mondo”.

In Italia, ci sono circa 170 varietà di grano duro e “sostenere la ricerca”, spiega Ferrandino, presidente di CIA Capitanata, “aiuterebbe a selezionare quelle colture che garantiscono rese, resistenza, qualità e valori proteici maggiori a seconda della tipologia di terreno, delle caratteristiche climatiche, della frequenza di fenomeni siccitosi”.   

Per limitare manovre speculative, conclude Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, “bisognerebbe valutare bene la possibilità di sospendere temporaneamente le importazioni in determinati periodi dell’anno”.   Specie perche, si continua nella nota della Cia “a differenza di altri Paesi, l’Italia, con il comparto agricolo pugliese, vanta eccellenze assolute che andrebbero aiutate”.

Martedì prossimo, intanto, l’edizione 2021 del Durum Days meeting annuale che serve a fare il punto sulle tendenze in atto nella filiera del grano duro italiano.

Un evento  promosso da istituzioni, realtà imprenditoriali e della ricerca, organizzazioni agricole tra cui CIA Agricoltori Italiani per discutere delle tendenze della filiera e delle sue criticità con gli esperti e i delegati CIA Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri, Aretè, Unione Italiana Food, CREA, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Italmopa, Compag ed Assosementi.