Auguri Foggia, Buon compleanno Zeman

TUTTI PAZZI PER IL FOGGIA E PER ZEMAN

Non può essere una semplice coincidenza. Il 12 maggio 1920 nacque ufficialmente il Foggia, 27 anni dopo vide la luce Zeman il tecnico che lo ha reso famoso e conosciuto in tutto il mondo.

Auguri vecchio e caro Foggia! Una storia esaltante quella dei rossoneri,  che mosse i primi passi  fra  due  squadre cittadine che diede luogo allo  Sporting Club Foggia. Da allora iniziò un  lungo film,  con 11 campionati in serie A e 25 in  B, accompagnato sempre dalla passione di  una tifoseria fra le più numerose e calde d’Italia. I Satanelli hanno regalato gioie e amarezze a generazioni di tifosi e hanno scritto  belle pagine nel calcio nazionale.   

Il Foggia uscì dall’anonimato provinciale  all’inizio degli anni ’60,  guidato in serie B dal vulcanico allenatore   Oronzo Pugliese. Aveva all’attacco   Vittorio Cosimo Nocera, un giovane  con la dinamite nei piedi che faceva gol a grappoli. I riflettori della stampa sportiva  puntarono  verso il Tavoliere  per seguire  da vicino quella squadra spregiudicata, dal gioco veloce e concreto, una vera e propria  macchina da gol.   L’undici di Pugliese cominciò a stupire anche in campionato con  sei vittorie consecutive, fra cui  fece clamore per il punteggio  quella di  Udine. Nella  porta friulana, difesa da un giovane Dino Zoff, finirono sette palloni (7-2).  Un calo di rendimento  impedì ai rossoneri di raggiungere quell’anno  la serie A, che  fu conquistata nella stagione 63/64.  Dell’esordio nella massima serie è da incorniciare il successo del 31 gennaio 1965 per 3-2 sull’Inter Euromondiale di Herrera.  Dopo quell’impresa, Pugliese diventò ufficialmente il “Mago di Turi”  e nella stagione successiva passò alla Roma. Lo sostituì il cognato Egizio Rubino, dando inizio alla tradizione di grandi allenatori  sulla panchina foggiana, che vedrà negli anni avvicendarsi, fra gli altri,  Bonizzoni, Maestrelli,  Toneatto, Maldini, Puricelli, Balestri, G.B. Fabbri, Marchioro, Caramanno,  Zeman, Catuzzi,  Delio Rossi, Burgnich, Marino, Padalino, De Zerbi e  Stroppa. Due di loro (Pugliese e Maestrelli)  meritarono proprio nel periodo foggiano Il Seminatore d’oro. Ai tempi di Zeman  (inizio anni ’90), Arrigo Sacchi definì Foggia una delle Università del calcio italiano:  tecnici e preparatori atletici arrivarono da tutt’Italia per studiare gli innovativi metodi e gli schemi tattici del  boemo. L’allenatore foggiano lanciò un’idea di calcio lontana dalla vecchia scuola italiana, proponendo un gioco a zona a velocità impressionante, l’attacco sembrava un flipper impazzito,   un vero inno alla bellezza, un piacere per gli occhi. Fu  il ciclo più bello del calcio foggiano: il carismatico boemo  mostrò un gioco mai visto prima, fatto di verticalizzazioni, sovrapposizioni e incroci continui e sfiorò  la  qualificazione in Coppa Uefa.         

A cavallo fra gli anni ’60 e ’70 spettacolari furono anche i tre anni foggiani di  Maestrelli:  dopo una stagione di assestamento in cui sfiorò comunque la conquista della Coppa Italia (terzo posto nel 68/69), riportò la squadra in serie A.  Alla corte di questi tecnici sono nati e cresciuti tanti giocatori: Nocera, Micelli,  Pavone,  Bigon, Re Cecconi,  Del Neri,  Saltutti, Iorio,  Franco Mancini, Petrescu, Codispoti, Padalino, Rambaudi, Baiano, Signori, Shalimov, Kolyvanov, Di Biagio, solo per citarne qualcuno. A guidare il  club rossonero ci sono stati grandi presidenti: da Rosa Rosa, patron della prima serie A nel 1964, noto  per la sua saggia gestione economica che prevedeva  ingaggi uguali per tutti e niente  spese folli. Il suo motto era: “È meglio stare in serie B senza debiti che in A con le ossa rotte”. Suo braccio destro fu  Antonio Fesce, poi  alla guida della società per 18 anni. Infine, Pasquale Casillo, il re del grano, vulcanico patron nell’epopea di Zemanlandia. Durante la gestione del boemo ha brillato a Foggia la stella di Pavone,  straordinario scopritore di talenti.  I Satanelli  in serie A hanno conseguito quale migliore piazzamento il  nono posto, raggiunto tre volte (65, 92 e 94). Unico trofeo internazionale vinto è stata la Coppa delle Alpi Bis nel 1964.  Due invece le Coppe Italia di C (2007 e 2016) conquistate e una  Supercoppa di serie C .

Il periodo più spettacolare dei 101 anni di calcio foggiano rimane comunque quello legato al tecnico di Praga. Foggia e Zeman un binomio inossidabile. Non per niente dire “il Foggia di Zeman” è sinonimo di calcio spettacolo. Il boemo trasferì nel suo Foggia disciplina,   segreti e  fondamentali di altri sport che gli permisero di attuare una zona pura basata sulla velocità perché se si arriva primi sul pallone, si domina il campo.    

Del boemo si sa tutto o quasi, ma non molti sono a conoscenza che l’uomo di Praga riuscì a capovolgere le tendenze migratorie dei giovani talenti in cerca di un provino. Una volta per tentare la fortuna nel mondo del calcio bisognava dirigersi verso le classiche mete di Milanello, Appiano Gentile o Villar Perosa: i ritiri storici di Milan, Inter e Juventus per “fare il provino”. Ai tempi di Zemanlandia per qualche anno  le speranze di tanti  giovani talenti o presunti tali, guardavano verso Foggia per chiedere “asilo calcistico”. Le richieste che arrivavano alla “scuola” di Zeman erano tantissime: si trattava di singoli  giocatori conquistati dal pressing e dalla zona totale del boemo  o di società che proponevano giovani promesse da affidare al mago di Praga.  Ci furono casi  come quelli dei genitori che arrivarono dalla Svizzera e dal Belgio per ottenere un provino nel Foggia per i figli. Il numero di richieste di provare per la squadra del boemo aumentò in misura esponenziale dopo il caso di Nicolò Sciacca che approdò in serie A provenendo direttamente dai dilettanti del Trapani. Il mediano siciliano, segnalato a Zeman da un amico siciliano, convinse subito l’uomo di Praga confermando in campionato le ottime impressioni lasciate nei provini. 

Il carisma  e la bravura di Zeman hanno  trovato riconoscimenti oltre  che in centinaia di articoli, servizi televisivi  e radiofonici, anche in  diversi libri. Il primo fu scritto da  Manlio Cancogni che   rimase affascinato dal gioco e dal personaggio che aveva conquistato una città di provincia, ma aveva estimatori in tutta Italia. Il romanzo dal titolo “Il mister” aveva come protagonista un allenatore- giocatore, lo slavo Ivo Zoran, alla guida di una piccola squadra di dilettanti  che si stringe attorno a lui e lo acclama per i suoi successi sportivi. Anche la musica leggera è stata attratta e ammaliata da Zeman. Infatti, il noto cantautore Antonello Venditti, grande tifoso della Roma, ha dedicato al boemo nel 1999  una canzone inserita nel suo album Goodbye Novecento dal titolo “La coscienza di Zeman”. Anche il cinema si è interessato a quel famoso periodo foggiano con il regista pugliese Giuseppe Sansonna con il suo bellissimo “Zemanlandia”. Il boemo trovò spazio anche in lavoro teatrale, questa volta a Foggia. A conferma della profonda traccia lasciata da Sdengo, è da ricordare quanto avvenuto nel marzo del 2003 al Regio Teatro di Capitanata di  via Guglielmi, durante uno spettacolo in vernacolo foggiano. Zeman finì in una commedia in dialetto, non in carne e ossa, ma con  un  ritratto. La sorpresa arrivò all’apertura del terzo atto della commedia “Vi faccio na’ confidenza” con la regia di Maria Staffieri. Sulla parete, in bella mostra, tra altri quadri,  uno che ritraeva il  boemo, con la sua tipica espressione cupa e corrucciata.  Grande sorpresa tra gli spettatori:  mormorii, brusii, molti cercarono conferme tra di loro guardando il quadro. “Ma quill’ ej Zeman” “Nooo, ma che dici!, Che ciaccocchj’ Zeman nda’ a cummedj?” “Siii, ejj iss’” (E’ lui o non è lui? Ma cerrrto che è lui!). La splendida “pensata” di inserire il quadro nella commedia fu di Giovanni Mancini, brillante attore anche a livello nazionale  e grande barzellettiere, che nel lavoro teatrale  interpretava la parte di “Lilino-Maicol”, un emigrante  foggiano che rientrando dagli Stati Uniti a casa,  si recò a far visita a un vecchio amico.    A Zeman fu dedicata  una battuta della commedia in vernacolo nella scena in cui l’emigrante  Lilino-Maicol, una volta arrivato a casa dell’amico, nel salotto buono,  si guardò intorno e fece i complimenti alla padrona di casa per l’arredamento e per i bei  quadri  alle pareti. Quando il suo sguardo si posò sul quadro che ritraeva Zeman, l’emigrante  chiese incuriosite: “ Signo’, ma  chi èj’ quistu qua?”. E la moglie dell’amico, la bravissima  Mirna Colecchia rispose “Ej’ n’amic d’ marit’m: ej mup’!” (è un amico di mio marito: è muto!”).  Giovanni Mancini è uno dei tantissimi fan che il boemo ha lasciato in Capitanata, ma è diventato anche suo amico, grazie alla passione per il Foggia. Chiarì di aver utilizzato quel quadro in segno di affetto e riconoscenza per Sdengo, per le tante emozioni e vittorie calcistiche che ha regalato alla tifoseria foggiana. “Cià fatt’ add’crià!”  è la frase-sintesi con cui Mancini racchiude il ciclo magico dell’era Zeman.

foto di Franco Cautillo