“Quatt a quatt”, un grappolo di gol al Comunale di Bergamo

Il racconto di Lino Pecorella

Raccogliere i ricordi delle tante emozioni che mi legano alla squadra della mia città è sempre piacevole, soprattutto per chi, come me, vive lontano da Foggia da circa quaranta’anni. Ritornare a ripercorrere le tappe dei tanti anni trascorsi a sostenere la mia squadra del cuore, inevitabilmente, mi permette di rituffarmi nelle tante emozioni vissute, ricordare tutti coloro con cui ho condiviso questa forte passione, tutti quei viaggi che ho affrontato con tanto entusiasmo in giro per l’Italia. Ma raggiungere la mia città per incitare la squadra nella cornice stupenda dello Zaccheria, vestito in tinte rossonere, assumeva per me un gusto ancor più profondo, poiché mi consentiva di riabbracciare tutta la mia famiglia, i miei affetti, e poi condividere con molti di loro questa  passione comune.
Scegliere il ricordo della partita più bella è però impresa un po’ difficile, anche se una resterà sempre viva nella mia memoria. Mi ritrovo spesso a ricordarla, a commentarla e a raccontare le alterne emozioni di quel lontano 12 aprile del 1992.
Si disputava a la ventottesima giornata del campionato di serie A ‘91/‘92. Alla guida della squadra c’era Zdenek Zeman, colui che avrebbe fatto sognare l’intera città per lunghi anni, ed il cui ricordo riaccende, ora come allora, la piacevole sensazione di una storia senza fine da raccontare  e ricordare per sempre.

La partita è ovviamente Atalanta – Foggia, giocata al comunale di Bergamo, città dove mi sono trasferito per lavoro nel lontano 1988. Potete immaginare l’attesa febbrile che aveva accompagnato i giorni precedenti alla gara, quella piacevole consapevolezza di poter ammirare i satanelli nella mia nuova città e poter vederli proporre quel bel gioco che, grazie alle idee del boemo, ha incantato l’Italia pallonara di allora.

A scendere in campo erano l’Atalanta di Caniggia e Stromberg ed il Foggia del tridente delle meraviglie, di Shalimov, di Mancini e di tanti altri giovani di belle promesse. Al seguito della squadra, come da tradizione, tantissimi tifosi venuti da fuori e dalla Capitanata, fra cui diversi miei amici ferrovieri giunti da Torino, ma soprattutto il più caloroso dei tifosi, l’uomo che più di ogni altro mi aveva spinto con la sua impareggiabile passione ad amare quella maglia che ora potevo ammirare e sostenere insieme a lui: mio nonno Salvatore, a me tanto caro, che mi raccontava non solo le imprese dei giocatori del nostro glorioso passato come l’indimenticato Cosimo Nocera, ma anche e soprattutto i suoi lunghi viaggi in treno fino a Venezia per sostenere ed incitare i rossoneri.

Per mio nonno il risultato ideale era vincere  per 2-0, all’inglese. Potete immaginare con quanto entusiasmo, subito dopo l’autorete  di Consagra, vide i nostri campioni ribaltare il risultato attraverso trame di gioco che affascinarono persino i tifosi nerazzurri e che ci portarono a ribaltare il risultato fino ad uno straordinario 4 a 1 per noi. Ogni gol portava mio nonno ad esternare la sua felicità in un crescendo di emozioni che coinvolgeva tutti. Il suo intercalare era sempre lo stesso ad ogni  rete dei nostri beniamini: “U Fogg è nu’ squadron!” E poi ancora:  “Zeman, Zeman!” (rigorosamente con l’ accento sulla A), incitando tutti i presenti ad issare i colori rossoneri, mentre i tifosi dell ‘Atalanta osservavano con curiosità le sue colorite esternazioni. Autori della rimonta erano stati Baiano, a cui era seguito un’ autorete di Minaudo, e poi ancora Shalimov e Rambaudi. Ma quando la vittoria sembrava portata a casa ecco accadere l’imprevedibile. Al minuto 72’, a seguito di una discutibile doppia ammonizione, venne espulso Petrescu ed il Foggia rimase in dieci uomini in campo. Nulla tuttavia lasciava presagire ciò che stava per avvenire. Mancavano una manciata di minuti al termine quando iniziò l’ incredibile rimonta dei nerazzurri bergamaschi. Autore di quella impresa fu Carlo Cornacchia, che siglò una tripletta entrata nella storia del calcio, non solo perché realizzata da un difensore, ma per il tempo ristretto in cui ci era riuscito. Le tre reti furono tutte siglate di testa, nell’ incredulità di tutto lo stadio che vide trasformare la contestazione della curva atalantina in un tripudio di festa che coinvolse tutti i settori dello stadio. Sinceramente è difficile descrivere come da momenti di pura esaltazione ci si ritrovi a metabolizzare un risultato che comunque ha il sapore di una sconfitta. La costernazione è la delusione sembrarono oscurare quella magia che aveva pervaso i nostri cuori dopo un’ora di puro spettacolo. E tanto fu grande per me il senso di confusione, quanto ancor più grande fu l’ incredulità di mio nonno. Tale sensazione lo  accompagnò lungo tutto il viaggio di ritorno in treno fino a Foggia. Mentre lo stadio si svuotava, ricordo ancora come  lui, girandosi verso la folla dei tifosi atlantini  che defluiva, urlò ripetutamente a piena gola: “quatt a quatt!”, quasi a voler cacciar via quella sensazione di tragedia che travolse il suo animo di tifoso. Ricordo tanti tifosi dell’Atalanta, davvero ospitali in quell’occasione, divertiti dal suo parlare così colorito, avvolto nella sua sciarpa rossonera. Anche ora che non  c’è più lo rivedo, nei miei ricordi, mentre continua a ripetere quel “quatt a quatt!” insieme ad un inequivocabile numero otto che si poteva contare sulle sue mani gesticolanti e che ci raccontano ancora oggi le emozioni di quella incredibile ed indimenticabile domenica.  

di Lino Pecorella

3 commenti

  1. Bravissimo Lino! Che emozione leggere questa bellissima storia!
    Il tuo amico Mattia

  2. Caro Lino, le tue parole mi suonano familiari,per tutte le vite che le ho sentite a casa tua, anche dallo stesso Nonno Salvatore.

    Un bellissimo ricordo.

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