Amnesty International, Acheronte e quei diritti violati degli immigrati

di Samira Carità, studentessa del Liceo Scientifico Volta di Foggia

Il Premio Amnesty International Italia, riconoscimento che da anni va ai migliori brani sui diritti umani, è stato da poco assegnato ai Negramaro, con “Dalle mie parti” e vedeva partecipanti tanti altri big della musica italiana, tra cui Eugenio Bennato, Samuele Bersani, J-Ax e Paola Turci e tanti altri. Oltre i già citati, vi era una forte rappresentanza gioavanile con Fulminacci e con i Coma Cose, conosciuti dall?Italia soprattutto grazie alla loro partecipazione sanremese lo scorso febbraio. “La Rabbia” del duo Coma Cose, è uno dei dieci brani candidati al Premio. Parla, tra una nota pop e una rap, della scarsa attenzione che si dà alla condizione immigratoria in Italia. Una delle frasi che più colpisce del pezzo è “Mediterraneo Nuovo Acheronte” che paragona il nostro mare paradisiaco, il Mediterraneo, all’infernale Acheronte.

Per meglio comprendere questo passo della canzone, va analizzato il paragone da loro presentato. L’Acheronte è presente nella mitologia classica come fiume dell’Ade, regno delle anime.  È uno dei quattro fiumi infernali che scorre tra l’Antinferno, luogo dell’oltretomba che precede l’entrata dell’Inferno, e il Limbo, che nella Divina Commedia è il primo cerchio dell’Inferno. Le anime dannate devono attraversare il fiume sulla barca del traghettatore Caronte al quale, per l’appunto, è affidato il compito di trasportare i personaggi condannati dal sommo poeta.  Dante Alighieri inserisce la descrizione del fiume nel Canto III dell’Inferno dove si narra che i dannati si accalchino sulle rive del fiume attendendo con impazienza, secondo la volontà divina, di passare dall’altra parte.

Impossibile dunque non analizzare ciò che accomuna il Mediterraneo degli ultimi anni con il fiume Acheronte.

Nell’uso comune della lingua italiana il termine “scafista” indica chi trasporta migranti irregolari, mediante l’utilizzo di imbarcazioni, nel Mediterraneo. Lo scafista è dunque il Caronte del regno dei vivi.  Dante, nella sua Commedia, descriveva le anime dei dannati che aspettavano ammassate sulle rive prima di venire a conoscenza del proprio, inesorabile ed eterno destino usando queste parole: “lingue strane, pronunce orribili, parole di dolore, imprecazioni d’ira, voci acute e flebili, e un suono di mani insieme ad esse creavano un frastuono. […] Questa è la misera condizione delle anime tristi di quelli che vissero senza infamia e senza meriti.”

Niente di più vicino a ciò che accade ai migranti prima di vivere il proprio inferno, durante quel viaggio che dovrebbe condurli alla salvezza. 

L’Italia è uno dei paesi europei sulle cui rive sbarcano più richiedenti asilo ed al Paese spetta il dovere d’accoglienza.

Come spesso accade, però, a girare le spalle agli immigrati è lo Stato, mai Mafia e Caporalato.

Per citare le parole di Roberto Saviano (scrittore e giornalista che ha fotografato con le sue parole una realtà che va raccontata), “Abbiamo depredato l’Africa di esseri umani e poi l’abbiamo depredata di risorse. Abbiamo saccheggiato il sottosuolo e azzannato le ricchezze e oggi non ci vogliamo prendere responsabilità del destino di chi lascia terre depredate”. L’Europa, e nella fattispecie l’Italia, dopo le sue politiche contro l’Africa, chiude i propri porti, permettendo così innumerevoli decessi e soprusi della mafia e del commercio umano nelle rotte migratorie.

La traduzione di Acheronte come nome del Mediterraneo ha il suo fondamento nel Deuteronomio, prima che nella musica. Trasporre simbolicamente questa frase conduce alla tentazione, se non dovere morale, di leggere il Mediterraneo come specchio della nostra coscienza che, stando a questo, se fosse liquida vedrebbe corpi umani galleggiare. 

Sta a noi rendere la nostra penisola un posto non ostile e per farlo abbiamo bisogno di partire dal piccolo intervento che possiamo fare nella nostra comunità. Spetta a noi il dovere di comportarci con i cittadini stranieri nel migliore dei modi al fine che la definizione di “dannati” si addica loro solo in virtù dell’Inferno da cui scappano.

di Samira Carità, studentessa del Liceo Scientifico Volta