Quel sospiro che reclama giustizia

28 Aprile: giornata nazionale dedicata alle vittime dell’amianto,

di Francesco Rinaldi, studente del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Foggia.

Il 28 Aprile è la giornata nazionale per la commemorazione delle vittime d’amianto che, come il fusto reciso di una quercia secolare, ogni anno, quando puntualmente inciampiamo maldestramente su di esso, mentre navighiamo spediti a testa alta negli oceani del nostro soggettivismo, ci rammenta di un capitolo opaco della nostra storia recente. L’amianto è un materiale che ha conosciuto una ribalta esponenziale nel quarantennio che va dal 1950 al 1990.

Ma quel capitolo nero rischia, a causa della mancanza di zelo da parte degli interpreti di questo nuovo millennio, di diventare una saga noir dalla trama sempre più complessa e irrisolvibile.

L’amianto è strettamente legato allo sviluppo di due patologie: l’asbestosi e il mesotelioma pleurico.

L’Istat ha raccolto i dati di mortalità legata a queste due patologie nel periodo 2003-2015.

Leggendo i dati non possiamo che soffermarci su un’evidenza sconvolgente: i tassi di incidenza di queste patologie non si diluiscono con il passare degli anni, i tempi di latenza media sono di 25-30 anni, a riprova che la problematica è tutt’altro che superata; si stima infatti che il picco si raggiungerà solo nel 2030.

Il vento di un trentennio, dalla legge del ’92 che ne ha vietato l’utilizzo, non è servito a fare tabula rasa, ma anzi a sfibrare sempre più i manufatti in amianto, rilasciando polveri tossiche e potenzialmente mortali nell’aria.

Con il Piano Regionale Amianto deliberato il 6 maggio 2015, la Regione Puglia si è posta l’obiettivo di dare risposte concrete e definitive al problema, avviando un’azione di bonifica degli ambienti di vita e lavoro finalizzata all’eliminazione dell’esposizione all’amianto, affiancata da una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini.

Tuttavia la questione amianto è soltanto un’altra delle tante epopee storiche della nostra operosa Italia, in cui politica e ambiente si intrecciano e scontrano, senza persuadersi che la ricerca di una collaborazione armoniosa abbatterebbe tempi ed ostacoli. Perché non è conveniente per nessuno, se prima non si mette un punto alla questione, puntare il dito e scaricare responsabilità; sarebbe infruttuoso ma, soprattutto, riprovevole nei confronti delle migliaia di vittime che l’amianto ha mietuto in queste decadi. È di pochi giorni fa la richiesta da parte del CNAA, Coordinamento Nazionale Associazioni Amianto, di estendere il superbonus 110% per la bonifica dell’amianto negli immobili privati, la copertura finanziaria da parte dell’Inail delle richieste di contributi da parte delle imprese per la bonifica, il finanziamento della ricerca clinica per le terapie efficaci per la cura dei tumori asbesto correlati, il miglioramento delle prestazioni economiche del Fondo per le vittime dell’amianto, e la riconsiderazione dei tempi di accesso alla pensione per i malati e gli esposti all’amianto che hanno un’aspettativa di vita decisamente inferiore rispetto alla media. 

Un appello deciso e stanco di essere ignorato. Nel nostro piccolo, tuttavia, possiamo provare già a fare qualcosa.

Bisogna informarsi ed informare, basta aggirarsi per le strade del proprio paese ed alzare lo sguardo, smettere di contare i passi che ci separano dalle nostre vaghe mete ed iniziare a contare le coperture e i comignoli in amianto.

Per diventare testimoni attivi di una problematica, basta mettersi in moto, segnalare se si è in possesso di manufatti in amianto agli organi predisposti ed invitare quanti non lo abbiano ancora fatto a muoversi al più presto.

Ma attenzione, perché la città non racconta a cuore aperto il suo passato, lo cela come le righe sulla mano, negli spigoli delle vie, come racconta Calvino nelle Città Invisibili, o meglio, in questo caso, nei tetti, nei comignoli, nei condotti dell’acqua e nelle costruzioni di campagna, che sembrano vivere in un mondo onirico, lontano dalla mobilità assillante dei centri abitati, ma che rilasciano nell’aria le stesse sostanze mortali. Ed è inoltre fondamentale non rivolgersi di propria iniziativa a personale inesperto e non predisposto per lo smaltimento dell’amianto, poiché durante la manipolazione dei manufatti potrebbero sfibrarli, causando rilascio di polveri nell’ambiente.

E dal momento che siamo abituati a riconoscere tutto come il segno di altro, allora spero che, come l’ibisco segna la fine dell’inverno, possa questo articolo, fragile come un fiore di ibisco, avere il suo stesso impatto, essere il segno di una svolta. 

di Francesco Rinaldi, studente del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Foggia.