​Questa crisi non fa bene a nessuno

​Questa crisi societaria spettacolarizzata non fa bene a nessuno. Non fa bene ai giornalisti, che dovrebbero limitarsi ad informare piuttosto che a soffiare, magari involontariamente, sul fuoco delle polemiche; non fa bene al Sindaco, che dovrebbe imparare ed avere l’umiltà di ascoltare la sua gente, piuttosto che catechizzarla; non fa bene alla proprietà, che dovrebbe cercare di ritrovare il bandolo della matassa societaria piuttosto che esacerbare i toni a suon di comunicati unilaterali; non fa bene alla nostra città, che nel Foggia ha sempre visto il suo riscatto e non fa bene a noi tifosi, tutti, organizzati e non, massacrati per anni da estati condite da polemiche, apprensioni e tribunali. Insomma, non fa bene proprio a nessuno, perchè è noto che “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” e così, mentre qui volano gli stracci, nei palazzi del potere hanno deciso ancora una volta di chiuderci le porte in faccia, di scipparci una promozione che avremmo dovuto e forse potuto acquisire con merito sul campo. <br>In questi anni in cui mi sono speso per il Foggia, uscendo dall’anonimato, ho sempre cercato di unire e mai di dividere. Ho provato a credere e a far credere che è l’unione che fa la forza, mentre le divisioni non portano mai troppo lontano. Una volta, quando ero ragazzino, squadra, tifosi, società e politica facevano quadrato intorno al Foggia e per vent’anni siamo rimasti stabilmente nel calcio che conta, spesso nell’elìte delle migliori sedici compagini nazionali. Poi qualcosa s’è sfaldato e l’epopea zemaniana è stata il canto del cigno di un giocattolo che si è rotto proprio al culmine della sua parabola. Da allora solo delusioni, decenni d’inferno intervallati da sporadici raggi di sole. Il Foggia di Marino, quello di De Zerbi, la trionfale cavalcata di Stroppa sono stati ancora una volta barlumi di luce in un tunnel che non conosce uscita. Cerchiamo allora di fermarci a pensare, di riprendere fiato e di riscoprire che se è bene rimanere guardinghi, con quello che ci è capitato, prima o poi a qualcuno bisognerà ridare fiducia se vorremo riprendere il cammino interrotto e tornare a parlare di calcio, solo e soltanto di calcio giocato. C’è un prato verde racchiuso fra le gradinate dello Zaccheria che aspetta solo una palla di cuoio e undici ragazzi rossoneri per tornare a farci sognare. La serie? Un dettaglio. Ma che questa affermazione la smetta di essere soltanto uno slogan, qualcosa di cui riempirsi autocompiacendosi la bocca, e che diventi davvero una realtà da condividere insieme.