Cosa succede se la banca concede un mutuo oltre l’80% del valore dell’immobile?

La nullità del mutuo fondiario in caso di superamento del limite massimo di finanziabilità previsto all’art. 38 del Testo Unico Bancario.
Con sentenza  n. 22466 del 24 settembre 2018, la Suprema Corte ha stabilito che il mutuo fondiario concesso per una somma eccedente il limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile ipotecato è nullo, enunciando il seguente principio di diritto: “il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell’art. 38, secondo comma, del T.U.B. e della conseguente delibera del Cicr, determina di per sé la nullità del contratto di mutuo fondiario; e poiché il detto limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, “fondiario”, secondo l’ottica del legislatore, lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell’intero contratto fondiario, salva la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti”.<br>In precedenza, si riteneva che la determinazione dell’importo massimo finanziabile fosse posta unicamente a tutela del sistema bancario, sicché il superamento della soglia di finanziabilità poteva riverberare effetti sanzionatori meramente amministrativi ed interni all’ordinamento bancario.
Sul punto, appare opportuno una panoramica delle norme che disciplinano la materia.
L’art. 38 del Testo Unico Bancario dispone che:
“ Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
In applicazione di quanto previsto all’art. 38, comma 2, TUB è intervenuta la Delibera CICR del 22 aprile 1995, il cui art. 1 stabilisce: “L’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. (…) Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d‘Italia”. 
Si noti che le fideiussioni rilasciate da società commerciali non bancarie o da persone fisiche non possono essere ritenute “garanzie integrative” ai fini dell’innalzamento del limite massimo di finanziabilità dall’80% al 100% del valore dell’immobile ipotecato (Cassazione civile, sez. I, 12 aprile 2018, n. 9079):
“Nelle operazioni di mutuo fondiario (art. 38 TUB), possono fungere da «garanzie integrative» ai fini dell’innalzamento del limite massimo di finanziabilità dall’80% al 100% del valore dell’immobile ipotecato, solo determinate tipologie di garanzie (delibera CICR 22 aprile 1995), il cui livello di affidabilità patrimoniale si attesti sulla linea di quella data dallo Stato, dalle compagnie di assicurazione e da talune imprese disciplinate dal TUB, e che siano altresì ritenute idonee sulla base dei criteri generali predisposti dalla Banca d’Italia (in G.U. 2 aprile 2005, n. 76). Non rientra tra le garanzie utilizzabili in proposito la fideiussione prestata dal socio della società debitrice principale”. 
Ciò detto, giova ricordare, in particolare, che la fondiarietà permette alla Banca di non subire la revocatoria dell’ipoteca a garanzia del credito quando essa sia stata iscritta almeno dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (ai sensi dell’art. 39 comma 4 TUB), e consente all’Istituto di credito di poter procedere ad azione esecutiva individuale anche successivamente all’instaurazione di una procedura concorsuale a carico del debitore ipotecario (ai sensi dell’art. 41 comma 2 TUB).
Orbene, l’indirizzo dettato dalla Suprema Corte, ferma restando la nullità del contratto di mutuo, e non solo quella parte di finanziamento fondiario che eccede il limite dell’80%, conclude ritenendo che può essere chiamato ad operare l’istituto della conversione, applicando il quale il contratto di finanziamento fondiario produce gli effetti di un mutuo ordinario, che consente di “conservare” la connessa garanzia ipotecaria.
In buona sostanza, è possibile convertire il contratto di mutuo fondiario, nullo per i suddetti motivi, in finanziamento ipotecario, quindi senza le caratteristiche tipiche del mutuo di cui al T.U.B. e senza le agevolazioni previste per le banche in sede espropriativa.
Solo nella ipotesi in cui venga accertato e dimostrato che il credito sia stato erogato nella consapevolezza del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse lo scarto richiesto dalla legge, ovvero  se il conseguimento dei peculiari “vantaggi fondiari” abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell’operazione, la banca non potrà pretendere la conversione del mutuo fondiario in mutuo ipotecario,  con la conseguenza di dover ritenere assolutamente nullo il contratto nella sua interezza e le parti obbligate a restituire quanto ricevuto.
La parte mutuataria, pertanto, potrà interrompere il pagamento dei ratei ma dovrà restituire alla banca il finanziamento ricevuto, mentre la banca dovrà restituire le somme già versate dal mutuatario.
 Sent. Corte Cassazione n. 22466 del 24 settembre 2018.